Patrizio Fariselli vanta un curriculum che esercita ascendente: pianista, compositore, fin da giovanissimo si esibisce con l'orchestra del padre, con cui incide alcuni dischi, per poi fondare, nel 1972, la incredibile realtà degli Area - International Popular Group, con cui scrive pagine oggi considerate tra le più interessanti nella storia della musica contemporanea. Alla fine degli anni '70 intraprende un percorso solista che lo vede pubblicare album a suo nome o come leader di formazioni jazz, nonché musicare lungometraggi cinematografici, programmi televisivi, rappresentazioni di teatro e danza. Nel 2000 fonda la Curved Light, etichetta discografica indipendente, mentre otto anni più tardi firma "Storie elettriche", la sua prima opera editoriale. E' il principale artefice della rinascita artistica degli Area post seventies, dapprima nel 1992, con Ares Tavolazzi e Giulio Capiozzo, poi nel 2010, ancora con il primo e Paolo Tofani. E' l'unico, tra i membri degli Area, a comparire in tutti i lavori discografici della band. Di seguito, riportiamo stralci di una interessante chiaccherata tenuta con il nostro caporeattore, con il quale ha scambiato, con rinnovato interesse ed immutato spirito costruttivo, considerazioni di natura socio-politica e molteplici impressioni maturate nel corso di una carriera musicale che - dagli esordi fino alla recentissima collaborazione con gli Agorà - toccherà a breve i 50 anni di vita. |
Discografia: Area - International Popular Group
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A&B: Bentrovato Patrizio e grazie per la tua disponibilità. Quale pensi sia, oggi, l'approccio alla musica degli Area, dopo un decennio assolutamente superficiale, quale quello degli anni '80, il successivo che si colloca agli antipodi, per una certa tendenza di ricerca al passato, e gli anni 2000, ove generi già esistenti vengono riproposti quasi pedissequamente, nonostante i pretenziosi suffissi "Nu"? Patrizio Fariselli: Rispondo ovviamente per me stesso. Il mio approccio alla musica è rimasto immutato da quando ho iniziato a suonare: cerco di fare musica d’arte, cioè che sia libera da logiche mercantili e dalla ricerca esasperata del consenso, che sia interessante, eviti la prevedibilità ed esplori mondi sonori inconsueti.. A&B: In passato hai partecipato ad un programma scolastico intitolato “Compresenza di italiano e linguaggi non verbali e multimediali”, tenendo una conferenza sul tema “Ricerca e sperimentazione nei linguaggi del gruppo musicale degli Area” e facendoti poi intervistare da una classe seconda delle Superiori (qui l'intervista). Cosa ricordi di quell'incontro con quei ragazzi? Patrizio Fariselli: Sono esperienze sempre molto stimolanti. Ricordo che, nonostante i ragazzi fossero stati preparati ad accogliermi dalla loro insegnante, avessero ascoltato e letto di me e degli Area, l’impatto con una musica “marziana” suonata al pianoforte è stato forte. Poi abbiamo parlato a lungo delle tematiche che mi sono più care, come tra adulti. A&B: Proprio in quel contesto hai affermato che, negli anni '70, non fu la sinistra proletaria ad essersi posta contro gli Area, ma una piccola frangia di agitatori, di provocatori, che aveva come motto “la musica è nostra, riprendiamocela”. Quale ricordi hai di quel particolare approccio alla musica? Patrizio Fariselli: Gli Area, nei ”turbolenti” anni settanta, non hanno mai avuto nessun tipo di problema. Le uniche seccature ce le procurò qualche ignavo di Stampa Alternativa, che sosteneva di non dover pagare per ascoltare un concerto; un concetto di fruizione della musica che non potevamo condividere, visto che di quello vivevamo. Per sostenere il movimento, abbiamo suonato spesso gratis, ma era una nostra scelta, mica poteva esserci imposto! Ricordo che l'amico Franz Di Cioccio, in occasione di una contestazione, poi mutatasi in animata discussione tra il pubblico e la PFM (loro sì che hanno avuto problemi, essendo un gruppo di gran successo), constatata l'impossibilità di dialogare in termini costruttivi, disse più o meno così: “Ah, volete riprendervi la musica perché è vostra? Ottimo! Allora voi riprendetevi la vostra, che io mi riprendo la mia” e se ne andò lasciando tutti con un palmo di naso (il riferimento è chiaramente al volume “Riprendiamoci la musica”, edito nel 1974 da Savelli/Stampa Alternativa, libro che, assieme a “I padroni della Musica”, edito sempre in quel periodo dallo stesso editore, contestava i grandi impresari che organizzavano concerti, nonché i gruppi da questi ultimi promossi, con specifico riferimento al prezzo da pagare per assistere ad ogni concerto. NdA). "Riprendiamoci la musica" e "I padroni della musica", entrambi editi da Stampa Alternativa/Savelli Editore nel 1974
Patrizio Fariselli: Ce l'ha e parecchio! Rivendica degli ideali di uguaglianza e di giustizia sociale ai quali non voglio rinunciare. So bene che negli ultimi anni il pugno chiuso è stato perfidamente strumentalizzato da loschi personaggi di potere, durante i golpe travestiti da rivoluzioni colorate, per sostituire governi che non sottostavano ai diktat occidentali, ma sono convinto che, nonostante tutto, mantenga il suo valore simbolico e storico. Gli Area, sul palco, negli anni '70. Da sinistra verso destra si riconoscono: Tavolazzi, Fariselli, Stratos.
A&B: Recentemente, i membri dei Black Sabbath hanno dichiarato che non avevano idea, negli anni '70, dell'influenza che, in seno alla compagine heavy metal, avrebbero esercitato nei confronti delle generazioni future. I membri della Jimi Hendrix Experience hanno fatto dichiarazioni simili, con riferimento al talento del noto chitarrista, mentre lo stesso Miles Davis, a posteriori, si meravigliò non poco dell'ascendente che un album come Bitches Brew esercitò, al punto di dare vita ad un nuovo genere musicale. Quando, voi Area, avete maturato la consapevolezza dell'importanza che la vostra musica avrebbe assunto e della grande influenza che avrebbe esercitato negli anni a venire? Patrizio Fariselli: Confermo quanto detto dai musicisti che hai citato: un artista lavora nel presente, per il presente. Non si preoccupa di storicizzarsi, di lasciare tracce o di educare alcuno. Poi, con il tempo, certe cose accadono. Evidentemente il tuo lavoro ha smosso delle acque e si è innescato un processo evolutivo. Anche noi ce ne siamo accorti diversi anni dopo. Oggi, a 40 anni di distanza, noto che i segni di queste onde si vedono ancora, sviluppati in forme diverse. A&B: Parlando del passato, ho notato che molti giornalisti, anche specializzati, hanno indicato e indicano tuttora Demetrio quale vostro cantante, ignorando, forse volutamente, che la voce era solo uno degli aspetti musicali degli Area, a mio parere neanche troppo predominante rispetto agli altri strumenti, e che lo stesso Demetrio era anche e soprattutto un musicista (organista). Patrizio Fariselli: Il problema è che noi viviamo in un mondo di cantanti e di canzoni. Il nostro, invece, era un gruppo che non faceva canzoni, con l'eccezione di un paio di pezzi. Il nostro repertorio, anche allora, poteva definirsi strumentale, perché l’uso che faceva Demetrio della voce era assolutamente fuori dal comune, in un certo senso rivoluzionario. Lui era incredibile e – per sua stessa affermazione – non si limitava a cantare, piuttosto usava la voce come uno strumento. Demetrio non si considerava, né può essere considerato un cantante nel senso stretto del termine. Era un musicista. Demetrio Stratos nel 1978 alla corte di John Cage (www.corinto.com)
A&B: Ti è mai capitato di pensare a Demetrio, quando ancora era in formazione, come ad un personaggio troppo scomodo o invadente? Patrizio Fariselli: No, assolutamente. Ognuno di noi metteva tutto quello che aveva. Lo scopo era raggiungere un risultato che fosse frutto di un lavoro collettivo. Lui era parte di un progetto, come tutti noi. A&B: E negli anni successivi alla sua morte, hai mai pensato a lui maturando l'impressione di un'eredità troppo pesante con cui convivere? Patrizio Fariselli: No. Questa cosa può capitare a un gruppo normale, con un frontman che fagocita la maggior parte della comunicazione… Penso ai Queen di Freddy Mercury, per esempio. Gli Area erano un insieme di personalità forti e nessuno predominava sugli altri. Ed è così anche adesso.
La formazione classica degli Area. Da sinistra verso destra: Tofani, Stratos, Capiozzo, Tavolazzi, Fariselli. A&B: In un bellissimo libro-intervista di qualche anno fa (Area International Popular Group, Auditorium Edizioni, 2004) hai affermato, tra le altre cose, che "gli Area con il progressive non c'entravano niente, nemmeno sapevamo cosa fosse" (pag. 11). Io condivido in parte: riterrei certamente pretestuoso considerare gli Area un gruppo progressive tout-court ma mi sembra eccessivo prendere completamente le distanze dal genere in argomento. Nessuno sapeva cosa fosse il progressive, neanche chi lo suonava in maniera convinta, talché, quel tipo di musica, se ricordi bene, veniva all'epoca chiamato pop. Cosa volevi intendere? Patrizio Fariselli: A quei tempi, cominciava a chiamarsi progressive il tentativo di alcuni esponenti del rock di emanciparsi dall'ignoranza musicale che troppo spesso affliggeva quell'ambiente. A&B: Tu, Giulio e Ares prendeste parte alla prima reunion degli Area, quella degli anni '90. Tuttavia dopo poche date dal vivo, Tavolazzi abbandonò il progetto. Quali furono le motivazioni di quella dipartita? Patrizio Fariselli: Beh, Ares non è mai riuscito a stare molto in un progetto: dopo un po’, lui ama tornare al suo jazz, prevalentemente acustico. Tieni presente, inoltre, che in quel periodo l'interesse del pubblico verso gli Area non era così marcato come oggi. Sembrava che non gliene fregasse niente a nessuno che gli Area fossero tornati. A&B: Infatti, il disco di quel periodo, “Chernobyl 7991”, non ebbe molto successo. Patrizio Fariselli: Però fu un lavoro per me molto importante, a cui dedicai parecchio tempo ed energie. Lo registrammo alla fine di questa prima reunion, che ci vide suonare prevalentemente nei centri sociali. Quando Ares decise di andare via, il suo posto fu preso da Paolino Dalla Porta, con cui poi pubblicammo il disco. Debbo dirti che la critica apprezzò molto l'opera ma il pubblico si mostrò pressoché disinteressato. Mi dispiacque molto perché quel disco per me rappresentava il rientro nella musica “pura” dopo quasi 20 anni di impegno in altri settori (musiche per film, teatro, danza, sonorizzazioni, ecc). A&B: Mi aspettavo che, assieme alle ristampe degli album storici, anche quell'album venisse riproposto nell'edizione in vinile. Patrizio Fariselli: Oggi che la Sony ha acquistato tutto il nostro catalogo, spero vivamente che anche quel lavoro venga valorizzato con una bella edizione in vinile. Patrizio Fariselli (2012) A&B: La rivisitazione dei brani da parte della recente formazione a quartetto (Fariselli/Tofani/Tavolazzi/Paoli) mi è sembrata molto sensata, assolutamente credibile, dotata di una sua validità inconfutabile. Quanto è stata onerosa quest'opera di restyiling dei pezzi storici (ciò, non solo in relazione all'assenza di Demetrio, ma anche alla presenza degli stranissimi strumenti a corde portati da Paolo)? Patrizio Fariselli: Paolo ha fatto delle scelte di vita assai lontane rispetto alle nostre: ha passato anni a suonare da solo, con strumenti inventati, modalità strane, spesso del tutto libere e astratte... Tuttavia, è anche portatore di un patrimonio unico che è stato prezioso assimilare ed inserire nel gruppo. Detto questo, la formazione in quartetto è nata per puro piacere, spontaneamente. Noi tre fummo chiamati individualmente da Mauro Pagani, come ospiti in un concerto, a Siena. Vi partecipammo con i nostri rispettivi gruppi, ma poi finì in una jam che, senza aver provato nulla, andò benissimo. Seguirono un paio di concerti, il primo in trio, il secondo con UT Gandhi alla batteria. E, piano piano, la cosa ha cominciato a prendere forma in maniera concreta, al punto che abbiamo deciso di estendere la formazione a quattro elementi, con l'ingresso stabile di Walter Paoli. A&B: Confesso di essere rimasto deluso da "Sedimentazioni": in studio è un brano che possiede una ratio, ma dal vivo, questa sua particolarità di inglobare al suo interno, sovrapposte fra loro, porzioni di tutti i vostri brani, tutte pre-registrate, mi sembra assolutamente gratuita. Che senso ha, in un concerto, sentire che le basi pre-registrate prendono il sopravvento sulla musica suonata dal vivo e vedere i musicisti smettere progressivamente di suonare fino alla fine del brano? Patrizio Fariselli: Avevo preparato quel brano per “Chernobyl 7991”, con lo scopo di stritolare e distruggere affettuosamente il vecchio repertorio. Un gioco interessante, di stimolo per l’attenzione all’ascolto: tutte le frequenze basse e la batteria vengono praticamente cancellate, ma nel frastuono totale si percepiscono qua e là dei frammenti: un vocalizzo di Demetrio, un fraseggio di tastiera, e poca altra roba. Area 2010-2012: Ares Tavolazzi, Paolo Tofani; Patrizio Fariselli, Walter Paoli
A&B: Perchè questa formazione non ha prodotto un disco di inediti? Patrizio Fariselli: Abbiamo pubblicato un doppio CD dal vivo (“Area Live 2012”, edito da Up Art Records nel 2012. NdA) in cui uno è interamente composto da inediti, quegli assoli e duetti di cui parlavo sopra, e l'altro da rielaborazioni del repertorio storico. Abbiamo ritenuto più confacente esprimere le nostre nuove interpretazioni nella dimensione live, piuttosto che rinchiuderci in uno studio di registrazione. A&B: Gli Area Open Project Trio possono essere considerati la attuale e definitiva incarnazione degli Area? Patrizio Fariselli: Non direi. Il ciclo di vita della formazione a quattro si è avviato alla sua naturale conclusione, come è giusto che sia, come capita a tutte le cose. A&B: Un po' come ha fatto Robert Fripp con i ProjeKcts? Patrizio Fariselli: Esattamente, né più, né meno (Dopo aver formato il double trio, a metà anni '90, resosi conto che sarebbe stato assai arduo far operare per una seconda volta tutti e sei i musicisti dei King Crimson, Fripp diede vita ai cosiddetti ProjeKcts, vere e proprie costole estemporanee, frammentazioni che hanno interessato tutti i musicisti dell'epoca, ma a turno, in differenti combinazioni. Qui un nostro articolo sulle varie incarnazioni dei Crimson a nome ProjeKcts. NdA).
Area 2015 (Area Open Project Trio): Patrizio Fariselli, Marco Micheli, Walter Paoli
A&B: Cosa dobbiamo aspettarci da questa nuova incarnazione a tre elementi? Patrizio Fariselli: Con Area Open Project Trio sto lavorando a un repertorio totalmente nuovo, molto “combattivo”, se mi è concesso il termine. Energico. Diciamo che bisogna far della ginnastica, la mattina, per poterlo suonare (risate. Nda). A&B: Il 20 settembre 2015, a Roma, ti sei unito sul palco agli Agorà (qui la recensione del concerto a firma di chi scrive). Come nasce questa esperienza di collaborazione? Patrizio Fariselli: Io conosco da sempre il loro batterista, Massimo Manzi, al quale mi lega una profonda amicizia, oltre a una collaborazione decennale in ambito jazz. Insieme abbiamo fatto tanti concerti e alcuni dischi: ha suonato nei miei “Lupi Sintetici e Strumenti a Gas” e “Acqua Liquida Sute” (editi da Curved Light, etichetta dello stesso Fariselli, rispettivamente nel 2001 e nel 2007. Nda) e insieme abbiamo preso parte ad un bel lavoro del compianto Alberto Borsari (si riferisce all'album "251" dell'armonicista Alberto Borsari, nel quale suonò anche Ares Tavolazzi, edito dalla DDD nel 1992, poi ristampato lo stesso anno dalla BMG/Ricordi. NdA). In virtù di questa amicizia, Massimo mi ha lanciato la proposta di suonare con gli Agorà ed ho accettato subito volentieri. Mi sono trovato benissimo e penso che daremo un seguito a quell’esperienza. . Agorà featuring Patrizio Fariselli (2015)A&B: Assistendo al concerto, sono rimasto colpito dalla tua capacità di inserirti tra le fila di un organico molto distante dalla tua formazione musicale e di farlo umilmente, spogliandoti del tuo blasonato background, ma con una volontà talmente determinata, da arrivare a tradire le aspettative di un pubblico perennemente in attesa di un pezzo degli Area (qui la recensione del concerto). Patrizio Fariselli: Mi fa molto piacere che tu abbia notato questo. Non ho neanche preso in considerazione la possibilità di eseguire un pezzo degli Area, limitandomi a un paio di brevi cenni nell’introduzione del primo brano suonato insieme. Mi sono semplicemente messo al servizio del gruppo: le mie energie erano tutte protese ad integrarmi in quel progetto, a restituire nel miglior modo possibile il loro pensiero musicale, cercando di dire la mia come Patrizio Fariselli e non come membro degli Area. A&B: Abbiamo Finito. Vorrei che ci lasciassi con un auspicio. Patrizio Fariselli: Buon appetito! A&B: Di musica o di cibo? Patrizio Fariselli: In entrambi i sensi, visto che stiamo parlando di musica ma che è anche quasi ora di cena. Ciao! |