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Portal Way
Yonaguni

Recensendo la loro omonima opera prima (uscita nel 2008, sempre per i tipi di terre sommerse, www.terresommerse.it ), ebbi modo di dire che l’esordio discografico di questi preparati ragazzi romani era (cito testualmente) “completamente esente da critiche, tanto risulta credibile a livello esecutivo, compositivo e di produzione. Andiamo per gradi: il genere è prog metal; loro sono in quattro; la musica è interamente strumentale. A voler trovare delle influenze è impossibile non citare i Dream Theatre, sebbene siano certamente presenti anche tracce della migliore produzione barocca e magniloquente (.), nonché riferimenti all’universo progressivo made in Italy, in particolare gobliniano (ed infatti, alcuni loro brani sarebbero perfetti in contesti cinematografici): Claudio Simonetti sembra essere della partita, soprattutto quando Igor Campitelli si misura con effetti che richiamano il suono dell’organo a canne (The first battle, In the cathedral). A livello ritmico, il chitarrista Andrea Sgrilla è anch’egli vicino alle sonorità del folletto: nell’economia del suono risulta essere parsimonioso, talché le risonanze dure e metalliche non risultano mai predominanti sulla tastiera, esattamente come faceva Massimo Morante venticinque anni fa (negli assolo, invece, ha altri e più moderni punti di riferimento). Completano l’organico il bassista Margo Angeli (in Quick as lighting si palesa con un refrain colmo di tensione emotiva) e Omar Campitelli, batterista talmente competente che potrebbe suonare al posto di Portnoy, non certo nei Dream Theatre, ma senz’altro in gruppi come i Transatlantic o nei lavori solistici di Neal Morse. Peccato che la veste grafica (copertina a parte) sia assai infantile e la durata dell’opera si attesti sui 33 minuti scarsi.”. A distanza di tre anni, il gruppo si presenta con un secondo lavoro che di fatto, stravolge un po’ le cose. Innanzitutto, la formazione risulta completamente rinnovata. Ad Omar Campitelli e ad Igor Gold (nome d’arte dietro cui si cela il già citato Igor Campitelli), si affiancano ora il chitarrista Lorenzo Venza e il bassista Manuel Francisci. Anche l’aspetto iconografico è profondamente mutato: i 4 si presentano agghindati futuristicamente con un look a metà tra il Cyber style e i combattenti di Matrix.
Dal punto di vista squisitamente esecutivo la band abbatte il monopolio dettato dalle musiche strumentali, proponendo 2 brani cantati su un totale di 7.
Orbene, la seconda fatica dei Portal Way è promossa, ma con pesanti riserve. Per quanto afferisce alla produzione, l’opera appare nettamente superiore alla precedente: i suoni sono nitidi, gli strumenti certamente utilizzati in maniera oltremodo contestualizzata ed organica. Dal punto di vista esecutivo, confermo in toto quanto già espresso nella pregresso giudizio: il gruppo ci sa fare e anche parecchio. Sul piano della composizione, sono certamente diminuite le citazioni dreamtheatriane, risultano assai contenuti i cambi di tempo, ed è del tutto scomparso, dalle influenze del gruppo, il prog delle compagini anglosassone e italiana, soprattutto di matrice più intimista e riflessiva. Formule più dirette ed immediate, cui i 4 sembrano protesi, sembrano strizzare l’occhio ad alcuni pregevoli contesti hard rock di metà anni ’70: nel brano “Zick Hamka”, ad esempio, l’assolo della tastiera evoca contesti solistici propri del John Lord più ispirato. Nondimeno, “L’abisso” e “Atlantide”, si palesano quale perfetto esempio del Metal Prog strumentale odierno.
Le riserve sopra accennate, piuttosto, riguardano gli innesti vocali. Nulla quaestio sui due vocalist, Claudio Cassio e Sara Imperatore, le cui qualità vocali sono indiscutibili. Ciò che invece risulta evidente è una certa difficoltà del gruppo, da un punto di vista squisitamente compositivo, ad adattarsi alla formula canzone. “Portal Way” – un brano del primo album qui completamente riarrangiato – vede ospite il citato Claudio Cassio, la cui prestazione risulta completamente inadeguata, essendo verosimilmente la sua voce più consona a compagini se non Maideniane, certamente Power Metal. Si soggiunge che il brano è stato pesantemente accorciato, incredibilmente castrato di intro e code strumentali, cioè le parti in assoluto più belle, quelle maggiormente evocative. “Tranquillity”, invece, che vede ospite Sara Imperatore, ci sembra una ballata assai banale, più vicina ai congestionati contesti Gothic Rock piuttosto che a quelli Prog Metal, cui la band appartiene. Insomma, per farla breve, la formula strumentale li vede abili e concreti, quella cantata non è affatto convincente.
Un ultima nota stonata: se rimanemmo insoddisfatti della durata del primo album (poco più di 30 minuti), figuriamoci cosa possiamo dire dei soli 29 minuti di questa seconda fatica.

80/100


Igor Gold: Tastiere
Omar Campitelli: Batteria
Lorenzo Venza: Chitarra
Manuel Francisci: Basso

Guests
Claudio Cassio: Voce in “Portal way”
Sara Imperatore: Voce in “Tranquillity”

Anno: 2011
Label: Terre Sommerse
Genere: Prog Metal

Tracklist:
01. Yonaguni
02. Il tempio
03. Portal way
04. Zick Hamka
05. L’abisso
06. Tranquillity
07. Atlantide

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