Dopo l’esordio nel 2006 con l’ album I Soldi Sono Finiti, che a mio avviso altro non ha che messo le basi per quest’ ultimo lavoro, e una fugace apparizione nel 2008 con l’ EP La Piazza, i Ministri fanno capolino in questo anno augurandoci un “Buon 1939, sarà un anno bellissimo!” a significare che viviamo in un Paese con un arretrato di settant' anni.
Autelitano, Dragogna ed Esposito ci lanciano dal loro carro carnevalesco gallonato di satira e decorato con una simbologia che va a scavare in ogni angolo di questa società, i loro "tempi bui" che cercano, attraverso schitarrate e testi che denunciano un sistema fin troppo perverso, di scorgere quel po’ di bagliore che c’è rimasto, sempre che lo sfavillio non provenga da quella "casa che brucia". Sulla lista nera di questo album ricade ogni ente, persona, status, uniti l’ uno all’ altro dal disagio sociale ed economico. Frasi senza alcun tipo di censura o omissione che diventano come coltelli lanciati da un uomo bendato, il tutto condito dallo sferzante ritmo di un Garage che accentua la durezza di quei testi. Tempi Bui è un album a cui approcciarsi in modo genuino e sincero, infarcito di slogan che ti entrano in testa e non se ne vanno più. Quello più incisivo forse si trova in "Bevo" che con un sound che rimanda vagamente agli americani Offspring, ti rifila una delle piaghe adolescenziali più discusse negli ultimi dieci anni, andando però a scavare in ogni tipo di ipocrisia sociale.
Ma è la title-track, che fa da apripista alle undici tracce e presenta il disco al mondo radiofonico, a darci un idea generale di quello che è l’ album. Melodica e accattivante, graffiante ed efficace, sembra essere stata messa li apposta per raccogliere più o meno consensi da chiunque. Forse risulta troppo semplice e approcciabile, ma poco importa. "Il Futuro E’ Una Trappola" dallo sfondo vagamente reggae e con sfumature gitane anticipa l’ uomo italiano perfetto condizionato dai modelli presentati dai media in “La Faccia Di Briatore”. Ma la vera chicca dell’ intero album è la ballata de “Il Bel Canto” che di per se risulta centrare perfettamente l’ anima del disco e delle sue tracce. Malinconica con retrò rockeggianti, attira l’attenzione fin da subito. Ad introdurre il “Diritto Al Tetto” sono una sequenza di scariche sulla batteria associate a riff di chitarra arrabbiate quanto la voce del cantante, che insieme alla grintosa e caotica “Vicenza (La Voglio Anche Io Una Base A), vanno ad affrontare due dei temi sociali italiani più “scoperti”. Si conclude con la “Ballata Del Lavoro Interinale” cui intro fa semplicemente sorridere andando a rivangare proprio quei primi tempi trascorsi del dopoguerra dove la crisi era più che sentita e dove gli operai che ancora avevano un posto di lavoro erano disposti a far di tutto. Peccato che i toni si siano affievoliti proprio in chiusura dell’ album, a meno che in preda alla rassegnazione, non siano stati proprio accentuati, lasciando all’ ascoltatore una sorta di poesia dai toni pacati proprio per far riflettere ancora di più sullo stato delle cose.
Concludo lasciando semplicemente una postilla che va a raffigurare totalmente quello che Tempi Bui rappresenta oggi giorno:
Noi siamo i precari, universitari da tre più due, senza mutuo, cresciuti con la bandiera della pace sul balcone. Quella bandiera è diventata una parola vuota, un parcheggio, mentre i giochi si facevano altrove. Bisogna muoversi, meno vittimismo e più azione. La nostra è musica rock, non è un comizio, fa cantare la gente e poi la fa pensare
90/100
Davide Autelitano: Voce e basso
Federico Dragogna: Chitarra e seconda voce
Michele Esposito: Batteria
Anno: 2009
Label: Universal Music Italy
Genere: Post-Grunge/Garage
01. Tempi Bui
02. Bevo
03. Il Futuro E’ Una Trappola
04. La Faccia Di Briatore
05. Il Bel Canto
06. La Casa Brucia
07. Diritto Al Tetto
08. Berlino 3
09. E Poi Si Spegne Tutto
10. Vicenza (la voglio anche io una base a)
11. Ballata Del Lavoro Interinale