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Tra le decine di bands di successo col The davanti che il rock degli ultimi 10 anni ci ha "donato" (ma qualcuno potrebbe leggere in senso ironico la cosa), i
The Black Keys sono sempre stati uno dei fenomeni più interessanti in tal senso, anche perchè allo stesso tempo poco stereotipati con le mode indie che hanno risucchiato in un vortice sempre meno creativo tanti colleghi (quelli col The davanti, appunto). Iperattivi e sempre coerenti con se stessi (
El Camino è il loro settimo album in studio in 10 anni di carriera), la premiata ditta
Auerbach e
Carney torna oggi con un album composto da undici brani inediti che continua la loro tradizione, sempre in blico tra un diretto e semplice garage rock che strizza l'occhiolino ad un certo modo di eseguire i brani "alla anni '70".
Il brano d'apertura, nonchè primo e azzeccatissimo singolo estratto è
"Lonely Boy", poco più di tre minuti di garage (ma dal retrogusto blues) antemico e lineare nel suo progredire ma molto contagioso e divertente, sicuramente una delle
smash hits dell'anno che sta per concludersi. La formula quindi è già spiegata, il resto della tracklist offre una serie di spunti interessanti e intelligenti, dove le chitarre sfornano sempre interessanti architetture e le linee vocali approcciano a svariati stili (resi più incisivi e talvolta epici dai cori femminili), mantenendo sempre una forte ed incisiva componente melodica. Il momento più alto della raccolta però, va ricercato nella stratosferica
"Little Black Submarines", che inizia con un delicato arpeggio per poi esplodere in scintillanti riff di chitarra che alza un potente muro sonoro. Una composizione magistrale, fatta di pochi accordi ma tante idee, destinata a resistere all'usura del tempo.
L'ampio raggio d'azione dei
The Black Keys prosegue col pseudo gospel di
"Gold on the Ceilling" ed avanza con la rumorosa ma allo stesso tempo controllata
"Mind Eraser", che chiude al meglio il disco richeggiando anche gli ultimi Queens of The Stone Age. C'è poco da dire anche sul resto,
El Camino non è un prodotto innovativo o creato per sorprendere, nasce dall'idea di due ottimi e talentuosi musicisti nel pieno rispetto della tradizione rock americana, facendo oscillare le loro composizioni su vari stili esecutivi, mantenendo però sempre alta la qualità media dei pezzi. Un disco forse non destinato agli annali della musica contemporanea, ma che nell'oceano sterminato delle release di questo 2011 si contestualizza sembra ombra di dubbio come una delle più riuscite realizzazioni in campo mainstream. E da questo punto di vista i
The Black Keys non hanno mai deluso nemmeno in passato.
78/100
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Dan Auerbach: Voce e chitarra Patrick Carney: Voce e batteria
Guests: Brian Burton: Tastiere Leisa Han Voce e cori Heater Rigdon: Voce e cori Ashley Wilcoxon: Voce e cori
Anno: 2011 Label: Nonesuch Records Genere: Garage Rock
Tracklist: 01. Lonely Boy 02. Dead and Gone 03. Gold on the Ceiling 04. Little Black Submarines 05. Money Maker 06. Run Right Back 07. Sister 08. Hell of a Season 09. Stop Stop 10. Nova Baby 11. Mind Eraser
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