Foto gentilmente concesse da Miss Balzary
I cancelli dell’Arena Civica si aprono che sono le 6 di pomeriggio, per uno degli eventi musicali più attesi dell’anno. Il cielo, appena gli spazi si vanno a riempire è minaccioso: qualche lampo e tuono grida la sua voglia di diluviare, ma fortunatamente qualcuno lassù ha voluto evitare che i presenti inzuppassero le loro teste ed i loro indumenti sin dal tardo pomeriggio. Alla fine la farà da padrone solo un grigiore cupo che andrà dissolvendosi col calar del sole. Il ritorno della band di Athens in Italia, forte del successo di pubblico e critica per il nuovo album Accelerate, ha richiamato moltissima gente da tutta Italia anche a Milano, nonostante fosse l’ultima di cinque date del nostro paese, rendendo ancor più magica l’atmosfera che si verrà a creare col passare del tempo. Ma andiamo per ordine: verso le 19.30 fa il suo ingresso L’Aura: la cantautrice bresciana, ancora inebriata dall’approvazione sanremese dello scorso febbraio apre la serata con 20 minuti abbondanti di spettacolo, dove sciorina i suoi (pochi al momento) successi uno dietro l’altro. Da "Radio Star", il suo singolo di debutto fino a "Life On Mars" di David Bowie a chiudere tutto è perfetto, sin troppo. La sua voce è ottima, anche se spesso pare essere troppo debitrice a Tori Amos ed Elisa, per accostarla anche ad un fenomeno di casa nostra, ma il tutto risulta un po’ forzato, compresa la band in supporto. Alla fine è solo del discreto pop\rock eseguito da un personaggio di talento, ma la sensazione è quella del troppo plastificato e senza anima. Vanno senza ombra di dubbio meglio gli Editors, open act di eccezione che sale sul palco alle 20 spaccate, risultando così gli unici puntuali da programma. In 45 minuti (al momento la loro dimensione perfetta per un concerto) eseguono uno dietro l’altro tutti i successi: dall’esordio Black Room al più recente An End As A Start è una parata di hit single. "Munich" è bella almeno quanto la sua versione in studio qui a Milano, mentre non sono da meno "Bullets" e "Bones", eseguita in apertura e col suo riff di chitarra "preso in prestito" da "I Will Follow" degli U2. Tom Smith, il cantante del gruppo di Birmingham è di sicuro carisma e fascino, con i suoi occhi spesso chiusi mentre contorce la testa sul microfono, mentre il resto della band spesso pare fungere da semplice comprimario, perdendo nel complesso un po’ di energia. Ma poco male, bastano i rintocchi di pianoforte di "Smoker The Outside Hospital Door" a mettere tutti d’accordo. Essenziali ma funzionali, confermano anche in sede live la qualità delle loro produzioni. Da loro in futuro ci si deve attendere solo un po’ più di personalità nel songwriting.
Quando gli Editors lasciano il palco quindi, anche il già citato sole (comprensivo di nuvole) lasciano il posto al blu della notte, con solo i led dei cellulari ad illuminare la platea. Micheal Stipe e soci entrano sul palco che sono da poco passate le 21.40, partendo subito alla grande: è il momento di "Living Well Is The Best Revenge". Le prime note di chitarra di Peter Buck sono oscurate dal boato del pubblico, che di lì a pochi secondi decide di scatenarsi danzando sotto lo scioglilingua vocale imbastito dal magnetico frontman della band, on stage con completo nero ed occhiale da sole sopra la fronte, a coprire parzialmente la pelata. Siccome i R.E.M. si sono accorti di essersi un po’ persi per strada negli ultimi anni, incidendo dischi con poco mordente, decidono di fare un’autocritica in musica smitragliando una dietro l’altro i migliori up-tempo del proprio repertorio: in successione arrivano "Animal", l’inaspettata "The Wake Up Bomb", ripresa dallo splendido New Adventures In Hi-Fi e la più corrosiva ed arrugginita (ma solo nel mood) "What’s The Frequency, Kenneth?".
Il pubblico pare essere già steso dalla forte carica elettrica emessa dagli amplificatori; il gruppo invece, mestierante di annata, se ne accorge ed alleggerisce la presa con l’immensa "Drive", che emoziona almeno quanto su album, col suo pattern irresistibile e pressoché perfetto. Finisse qui il concerto, in molti sarebbero già contenti. Dopo un pezzo di routine come il nuovo singolo "Man Sized- Wreath" (a dire il vero abbastanza anomalo nel contesto) e la sempre affascinante "Ignoreland" arriva la prima classica ballata pop: "Leaving New York", primo brano inciso dalla band dopo la strage dell’11 settembre e dedicata alle vittime delle Torri Gemelle. Stipe è visibilmente contento e ringrazia i presenti, parte con un ruffianissimo "I Love Milano" ed attacca "So Fast Su Numb". Il primo vero sussulto però, dovuto ad un nuovo arrangiamento, arriva con "Walk Unafraid", che non fa rimpiangere il tappeto sintetico della versione presente su Up, andando a risultare col senno di poi, come uno degli apici dell’intero concerto. Ma non è finita qui, con "The Great Beyond" si toccano ancore le corde del cuore, col ritornello (uno dei migliori partoriti da loro partoriti negli ultimi 15 anni) cantato ad unisono e "The One I Love", uno dei pochi pezzi pescati dal periodo anni ’80 ( e per molti il migliore) dell’intera tracklist.
A questo punto, almeno secondo il sincero parere di chi scrive arrivano gli unici minuti imperfetti della serata: "I’ve Been High" e "Let Me In", con la seconda che vede raccolta in un fazzoletto tutta la combriccola intorno al pianoforte. Se questi son due pezzi che non fanno gridare al miracolo già su disco, in questo contesto sembrano spezzare il filo di splendida e serena tensione che i R.E.M. ci stanno donando, ma alla fine sono solo 7 minuti, presto dimenticati. Ed infatti è "Horse To Water" a far muovere ancora i fondoschiena in una danza tribale e scatenata, così come "Bad Day", riproposta di concerto in concerto sempre più veloce ed aggressiva. Il trittico ideale, vien chiuso con la danzereccia "I’m Gonna Dj", che ben si amalgama attitudinalmente con quello che è venuto appena prima, seppure con uno Stipe qui sottotono nella linea vocale, che l’ha visto in debito sul finale. E’ finito il momento però di scherzare, quindi megafono in mano e parte il riff di "Orange Crush", con Buck e Mills (stasera con un look più aggressivo del solito, che lo vede sul palco indossando uno smanicato) che menano il proprio strumento sotto i colpi incessanti della batteria di Rieflin. La riproposizione di stasera è da inchini, la coesione tra voce e musicisti raggiunge picchi favolosi, sotto il palco tutti gradiscono, alla fine è standing ovation. Si chiude, dopo poco più di 95 minuti il set con l’immancabile "Imatation Of Life".
Al rientro per i bis arriva subito la bella notizia (che poi diventerà meravigliosa): "Stasera siccome siete bellissimi vi suoniamo altri due o tre pezzi." Alla fine Michael ci ha mentito: il bis comprenderà ben 6 pezzi; mai cosi generosi nella leg italiana. Si parte col rock up-tempo di "Supernatural Supersirious", il mega classico "Losing My Religion" che ha consacrato la band statunitense a stars di livello mondiale nel 1991, è l’inattesa "Country Feedback", con Mills che mentre canta regala sorrisi a 32 denti verso il pubblico. Tutti si aspettavano "Rockville", ci ha fregato. I Rintocchi del piano anticipano la contagiosa e antemica "Hollow Man", che precede un’altra chicca del passato remoto: "Driver 8". Si chiude, questa volta definitivamente, con un altro evergreen del repertorio remmiano: "Man On The Moon". Stipe incita il pubblico a muovere la mani verso il basso, e chi lo segue non si fa pregare, l’aria è impregnata dalle magiche note dell’arpeggio di Buck e quando esplode il ritornello, anche le transenne lo cantano. È fatta, i R.E.M. ci hanno tirato un colpo di coda meraviglioso, confezionando una prestazione con pochissime sbavature (durata totale, 2 ore nette) e con moltissimi picchi emozionali. Tutti, dagli spalti sino alle più lontane delle tribune esce dall’ Arena con quel senso di grande soddisfazione di chi sapeva che i propri beniamini erano attesi ad un varco: dopo un disco che aveva messo le cose in chiaro, anche dal vivo sono tornati terremotati e terremotanti come in passato. Andiamo tutti a letto pregni del sudore delle nostre magliette in cerca di acqua e bevande varie, pronti da domani ad ascoltare tutte quelle band che dai R.E.M. hanno attinto e che le stupide leggi del mercato moderno hanno fatto si che scavalcassero Mike, Peter e Michael (il siparietto finale ha visto il secondo uscire dal palco in groppa al primo e mo di western sul proprio cavallo) come gradimento, ma forse dopo questa serata qualcosa cambierà. Che piaccia o meno, siamo di fronte ad uno delle dieci migliori rock band in circolazione. Ce l’hanno dimostrato.
Michael Stipe: Voce
Mike Mills: Basso
Peter Buck: Chitarra
Guests:
Scott McCaughey: Chitarre e tastiere
Bill Riefin: Batteria
Data: 26/07/2008
Luogo: Milano - Arena Civica
Genere: Rock
Setlist:
01. Living Well Is The Best Revenge
02. Animal
03. Wake Up Bomb
04. What’s The Frequency, Kenneth?
05. Drive
06. Man-Sized Wreath
07. Ignoreland
08. Leaving New York
09. So Fast So Numb
10. Accelerate
11. Electrolite
12. Walk Unafraid
13. The Great Beyond
14. The One I Love
15. Fall On Me
16. I've Been High
17. Let Me In
18. Horse To Water
19. Bad Day
20. I'm Gonna Dj
21. Orange Crush
22. Imitation Of Life
Encore:
23. Supernatural Supersirious
24. Losing My Religion
25. Country Feedback
26. Hollow Man
27. Driver 8
28. Man On The Moon