Se qualcuno di voi si chiede cosa significhi Saesciant, beh l’unico modo per scoprirlo è fermarsi a riflettere spegnendo la logica del cervello e ascoltare un suono che sa di fiaba, di mistero di zoppi vestiti di porpora e mostri che suonano il flauto.
Così, l’eccentrico frontman del gruppo Marco Pofi, spiega come raggiungere il sapere generale e intanto che si compiono queste lunghe gesta alla ricerca della sapienza, perché non affogarsi in litri di latte ad un loro concerto, proprio come è solito fare Pofi? Nati come un trio e divenuti poi un quartetto, i Saesciant vincono nel 2003 il concorso Rock Targato Italia, pubblicando poi successivamente il singolo “Meridionale”. Passano sei anni prima di rivederli al lavoro con la pubblicazione del primo lavoro assoluto Andiamo a Zanzibar, album dalla “musica ricreativa”, come la definiscono gli stessi membri del gruppo, che si accosta in modo palese ad Edoardo Bennato, dalle sonorità piumate ma che in alcuni frangenti risultano un tantino tediose, dai testi che filosofeggiano ma che sorvolano la critica sulle ali dell’ironia. La scena si apre con “La Cameretta” brano dai toni estivi e freschi che ti fa muovere il piede sin dal primo ascolto. La successiva e più equilibrata “Terra” mantiene un giusto ritmo pur calmandosi ma già da questo brano uno degli aspetti negativi del’album si fa sentire: Pofi tende ad esagerare nell’interpretazione sforando nell’eccessivo. Un' arteria reggae apre “Valentina” per poi passare a “La Globalizzazione”, il brano musicalmente migliore dell’intero album la cui ricchezza è tutta opera del binomio Cutillo/Pofi. L’omonimo brano del disco sfoggia il kazoo che fa da sottofondo ad un brano dal sapore insipido che se non fosse stato per l’insolito strumento sarebbe totalmente passato inosservato. La raccolta si chiude sui rilievi si “MaLaVolessimo, testo noiosissimo che fa da contrasto ad uno splendido sound di base, tenuto eretto soprattutto da una chitarra in evoluzione. Questo è un album che non può essere giudicato, non è nè bianco né nero, né caldo né freddo, è un lavoro totalmente di passaggio che ci fa sperare in un eventuale loro futura presa di posizione nella musica. 65/100
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Marco Pofi: Voce e chitarra Anno: 2009 |