La tentazione, di fronte a Abbandono del tempo e delle forme, album d’esordio dei triestini J’Accuse, di esprimere un giudizio tranchant negativo è stata forte ... soprattutto ai primi ascolti.
Cosa mi offrivano ? Niente di palesemente comprensibile poche sicurezze ancora meno certezze sin dalla copertina lontana dai miei canoni di bellezza. Aperture sinfoniche ? Nessuna Solos liquidi e sognanti ? Neanche l’ombra. Omaggi palesi ai grandi del passato ? Beh si ... qualcosa ma non proprio così palesi, qualche spruzzo di psichedelia, qualche riferimento ai “minori” del progressive italiano anni settanta ... E allora come la mettiamo ? Proviamo a riascoltarlo ... ancora ... ancora e ancora. Ma perché poi ? ... si dirà non c’è tempo, è uscito già un nuovo album di una band che aspettavo da tempo, nessuna complicazione, molte certezze. E qui sta il mio modestissimo “j’accuse…!”: magari il progressive, il "mio" progressive non passerà necessariamente dal gruppo giuliano, magari il ragazzo quindicenne scoprirà dapprima i Genesis di Gabriel, gli Yes di Close to the edge, i Crimson di Red (a mio avviso, quest’ultimo, punto di riferimento “oscuro” di tanto rock alternativo di oggi), o ancora i Marillion di Fish o la Premiata e il Banco dei seventies, ma molto più probabilmente (auguriamocelo almeno!) il suo percorso "progressivo" sarà partendo dall’oggi (penso ai Radiohead, ai Mars Volta, ai Porcupine Tree) per arrivare a ieri o anche all’altro ieri. Appoggiamo, dunque, proposte come quella dei “J’Accuse” che fa comunque del coraggio una delle sue caratteristiche principali: coraggio per una offerta musicale non convenzionale (e pienamente progressive!!) ma parimenti (e a maggior ragione veramente progressive!!) lontana da certe sonorità che molti di noi amano. A questo proposito mi sento di citare solo un brano di Abbandono del tempo e delle forme e cioè la conclusiva “Ricorre l’abbandono”. Probabilmente il brano meglio riuscito e sunto del suono del gruppo: chitarra elettrica in grande spolvero, breve excursus in ambito quasi jazz, un crescendo continuo con tanto di esplosione finale. Splendido. Fedeli al titolo "Abbandono del tempo e delle forme" i “J’accuse” abbandonano le forme sonore classiche, le sezionano, le scompongono e poi le ricompongono, articolandole in nuovi stilemi artistico/emotivi di non facile fruizione, ma degni di attenta considerazione. Da tenere d’occhio. 80/100
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Sasha Colautti: Voce, chitarra Anno: 2008 |