C’è un alone oscuro e quasi esoterico che caratterizza questo Alcoholocaust, debut album degli statunitensi Invisigoth.
Fuoco e fulmini sulla copertina, e le immagini dei due componenti del gruppo, Cage e Viggo Domino, intenti a evocare gli elementi come in un film di Peter Jackson. I riferimenti filosofici e antropologici presenti nella cartella stampa trovano riscontro in un lavoro ambizioso e dalle molte sfaccettature, in cui sonorità e timbriche orientali si intrecciano con un sostrato metal popolato da potenti aperture sinfoniche. A fare da filo conduttore, la ricerca di un’espressività piena, sacrale, iniziatica, veicolata con maestria dalla vocalità teatrale ed energica di Domino, nato a Roma ma americano d’adozione. È stata la Grande Mela a favorire l’incontro con Cage: Domino alimenta il sodalizio artistico con il bagaglio di esperienze accumulate durante i suoi frequenti viaggi in oriente, dove studia filosofia esoterica e musica araba. L’idea è quella di incorporare questi elementi all’interno di un precedente percorso formativo fatto di opera lirica e musica classica. Cage è un ottimo chitarrista, ma anche un polistrumentista in grado di ricreare nel suo studio di registrazione di Buffalo il sound di un’intera band. È forse questo l’unico limite di un lavoro potenzialmente molto interessante: l’utilizzo della batteria elettronica, pur ottimamente programmata, può ricordare la scelta non proprio felice fatta negli anni 90 dai Magellan, ma fortunatamente molte delle tracce ritmiche di Alcoholocaust sono arricchite anche dall’utilizzo di percussioni vere e proprie. Quando la miscela riesce, la pozione confezionata da Cage e Domino si rivela dinamica e inebriante: questo avviene soprattutto nella parte iniziale e finale del lavoro, in cui la tradizionale proposta prog metal si arricchisce di intarsi di bouzouki e sitar, serpentine di violini e imponenti polifonie vocali. A cavallo tra Daemonia e Itherion, Soft Asylum ci proietta in un territorio arso dal fuoco di infinite battaglie, rinverdendo i fasti epici della colonna sonora di Highlander. A sorpresa chiude l’album una cover dei Led Zeppelin, No Quarter, reinterpretata in maniera convincente: Domino non teme il confronto con Plant, e si rivela come uno dei più interessanti cantanti della nuova scena prog rock internazionale |
Viggo Domino: Voce Anno: 2007 |