Da qualche tempo è diventata una caratteristica di gran parte della stampa musicale, perlomeno di quella più in vista, percepire sempre tutto bianco o tutto nero: un nuovo album o è una delusione o è un capolavoro, e ad ogni recensione ecco arrivare una sonora stroncatura o una sequela di lodi sperticate.
È proprio vero: non ci sono più le mezze stagioni, ed è un peccato, perché il concetto di “buon album” è ancora un concetto utile a descrivere e riassumere tante cose. Un buon album ad esempio ha generalmente una buona produzione, è registrato bene, le canzoni sono ben concepite. Un buon album si fa ascoltare senza stancare, è lungo il giusto, non è ripetitivo ma al tempo stesso è sufficientemente omogeneo. Un buon album è adatto a più contesti, lo puoi mettere in sottofondo, o puoi gustarne le sfumature con un ascolto in cuffia.
Tutto questo per dire che per parlare del nuovo album dei The Syn è importante poter recuperare questo concetto che gli calza a pennello: Syndestructible è un buon album. A tratti anche molto buono. Non è un capolavoro, ma è un disco che mentre lo ascolti ti fa sorridere soddisfatto. Che ti scalda pur senza incendiarti il cuore. Ed è sicuramente un ottimo ritorno, lucido, energico, coerente, quasi miracoloso per un gruppo che mancava dalla scena da trent’anni. Sei brani – la prima traccia, Breaking Down Walls, è una breve intro a cappella di meno di un minuto – cinque dei quali superano i sette minuti di durata; brani che potremmo genericamente definire rock: un rock elegante, maturo, variegato; ricco di chitarre sporche, di Hammond e synth analogici. Niente a che vedere con gli Yes, sia chiaro, e questo è un po’ l’errore che in alcuni casi è stato fatto in fase di promozione e che qui ci preme evidenziare: Syndestructible non è necessariamente un disco che farà impazzire i fan degli Yes, semplicemente perché non è un disco prog. È un disco rock con sfumature prog, molto ben calibrate e ben inserite nel contesto generale, ma senza l’assillo dei tempi dispari o degli assoli di tastiera. Sicuramente è un lavoro più riuscito di un Open your eyes o di un Big Generator.
Certo, il peso e la presenza di Chris Squire nel gruppo si sentono: Squire ha firmato insieme ai suoi compagni di avventura tutti e sette i brani, e il suo Rickenbacker è più in evidenza che mai, così come lo sono le sue tipiche armonizzazioni vocali. In più Chris sembra muoversi finalmente a suo agio all’interno di un contesto alternativo frizzante e convincente, dopo le non troppo felici prove con i Conspiracy di Billy Sherwood. Ecco la differenza: con The Syn è la canzone ad essere nuovamente al centro di tutto, non l’artificio di studio; è la melodia ad essere privilegiata, sorretta da un buon giro di accordi e cantata con passione da un gruppo di amici che si è ritrovato in studio dopo tanto tempo. Syndestructible è un buon album, uno di quelli che a sentirlo ti mettono di buon umore, e ti trasmettono un po’ di ottimismo. E di questi tempi non è poco.
Paolo Carnelli www.wonderoustories.it
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Stephen Nardelli: Voce Chris Squire: Basso Gerard Johnson: Tastiere Jeremy Stacey: Batteria Paul Stacey: Chitarra
Anno: 2005 Label: Umbrello/SPV Genere: Progressive Rock
Tracklist: 01. Breaking Down Walls 02. Some Time, Some Way 03. Reach Outro 04. Cathedral Of Love 05. City Of Dreams 06. Golden Age 07. The Promise
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