E’ sempre difficile recensire un nuovo lavoro di un gruppo che ho amato molto nei primi album (diciamo fino a Stardust we are, a mio avviso il loro picco creativo, in particolare con la title track) ma che da allora ha inanellato album di livello sempre più basso (Adam & Eve addirittura imbarazzante!).
Così quando è uscito The sum of no evil la curiosità che magari il trend fosse cambiato, si è mischiata alla quasi certezza che avrei avuto a che fare con l’ennesima delusione. La verità, come spesso accade, è da ricercarsi a metà strada. Nessuna novità clamorosa nella proposta musicale, i soliti riferimenti (mai negati dal gruppo peraltro) ai vari Genesis e Yes in primis, qualche spruzzata di King Crimson, un tocco pop a volte pacchiano, atmosfere gioiose, la presenza costante del leader Roine Stolt (ma perché non si dedica solo alla chitarra anziché anche cantare ??) in quasi ogni frangente delle composizioni …. insomma i soliti Flower Kings ? Verifichiamolo addentrandoci maggiormente in questo “The sum of no evil”. 75 minuti suddivisi in un suite di quasi 25, 3 pezzi intorno ai 13 minuti e 2 episodi più brevi compongono la nuova fatica del gruppo svedese. Soffermiamoci sulla prima e sulla sesta traccia: One more time e Life in motion. Se anziché da quest’album, fossero uscite dalla penna di Anderson/Squire/Howe periodo Keys to ascension/The ladder/Magnification non avremmo (quasi) avuto niente da eccepire. Atmosfere solari, bei solos, begli intrecci vocali, ottimi intarsi tastiere/chitarra, cantato simil-andersoniano …. niente di nuovo …. ma a me gli Yes piacciono … eccome se piacciono. Nella suite “Love is the only answer” si registrano ancora pregi e difetti tipici del gruppo: cambi di atmosfera ben congeniati e soluzioni di pregevole fattura si scontrano con episodi stucchevoli e di una prolissità eccessiva. Insomma il pezzo avrebbe potuto essere racchiuso in un minutaggio inferiore (ma ricordiamoci che i nostri ci hanno anche “deliziato” con suite di 60 minuti … quindi non pretendiamo troppo…) ed il risultato avrebbe potuto essere più soddisfacente. Grande, grandissima (è bene riconoscerlo) però è la prova del “cavallo” di ritorno Zoltan Csorsz alla batteria, la cui ritmica a volte possente a volte sincopata è da annoverare fra le note più riuscite dell’opus. Veniamo agli episodi meno riusciti e anche incolori a volte. “Trading my soul” (poco più di 6 minuti) è una ballad condotta principalmente dalla voce (!) di Stolt che scivola via senza rimpianti; “The sum of no reason”, ricorda molto da vicino alcuni brani degli Spock’s Beard, appare opaca e stanca, senza nessun guizzo melodico che possa perlomeno farcela canticchiare (che non è necessariamente un aspetto negativo ma che in siffatta povertà poteva tornare utile). Chiudiamo con lo strumentale “Flight 999” a cavallo fra improvvisazioni di stampo jazzistico e certo Canterbury, che certamente non ricorderemo fra le vette più emozionali della band. In conclusione. Una quarantina di minuti circa (One more time, Life in motion, più mezza suite) di buon prog d’annata; altrettanti opachi e senza mordente: un po’ troppo poco per poter dire: son tornati. 60/100
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Roine Stolt: Chitarra, voce Anno: 2007 |