Home Recensioni Live Orchestra del Teatro La Fenice - Venezia, Teatro La Fenice, 17 febbraio 2023

Orchestra del Teatro La Fenice
Venezia, Teatro La Fenice, 17 febbraio 2023

“Almaviva o sia l’inutil precauzione” andò per la prima volta in scena all’Argentina di Roma nel pieno del Carnevale 1816: il non ancora ventiquattrenne Rossini riuscì così a mantener fede agli impegni presi con la sua committenza di realizzare in brevissimo tempo (chi dice due settimane, chi poco meno di un mese) un Barbiere di Siviglia che fosse all’altezza dell’allora celebre adattamento della commedia di Beaumarchais per il teatro d’opera realizzato circa un quarto di secolo prima dal compositore Paisiello.

Lo scherzo di Carnevale fu però giocato a Rossini, e proprio per mano dei devoti del vecchio adattamento: a nulla valse “l’inutil precauzione” rossiniana di cambiare titolo alla sua opera buffa per rispetto all’anziano compositore; il partito dei paisiellani infatti fischiò duramente la prima rappresentazione e ne decretò il fiasco clamoroso. Ma già dalla seconda rappresentazione, Rossini, che a giudicare dalla sua reazione quasi spavalda ai contestatori sembrava niente affatto sorpreso – e forse in cuor suo compiaciuto – dello scandalo occorso alla Prima, ebbe la meglio sui gusti del pubblico romano, che fu anzi presto conquistato dalle innovazioni rossiniane, perfettamente accompagnate dal vivace libretto scritto da Sterbini, rovesciando completamente le sorti di un’opera buffa che fini così col tempo per fare a meno del titolo di camuffamento (proprio inutil precauzione, quindi, quel titolo…) e diventare negli anni Il Barbiere di Siviglia per antonomasia, com’è tutt’oggi. Il Barbiere arrivò alla Fenice nel 1825: sono quindi quasi due secoli che con regolarità ritorna nel cartellone del massimo teatro veneziano, e soprattutto negli ultimi venticinque anni, dacché debuttò al PalaFenice del Tronchetto (il teatro era allora in ricostruzione dopo il tragico rogo del ’96) nella regia – oramai divenuta classica – di Bepi Morassi. Quest’anno la rappresentazione, alternata al Matrimonio Segreto di Cimarosa e accompagnata da un programma di avvicinamento alla lirica e alla classica rivolto ai più giovani nell'ambito di Fenice Education, cade nel pieno dei festeggiamenti del Carnevale veneziano, e non ci si sorprenderà allora se tra gli spettatori si incontrano molte Dame e Signori in costume d’epoca, quasi estensione – potresti dire – dei personaggi che animano il melodramma buffo lì sul palco. Anzi, l’impressione più forte che abbiamo tratto della rappresentazione del Venerdì Grasso veneziano è proprio quella di una felice omogeneità tra tutte le varie parti in gioco, come se ci si trovasse di fronte a un pezzo unico di artigianato squisito e né la vista né il tatto riuscissero a indovinare commessure tra le sue componenti. Qui in teatro il gioco delle luci pone sempre gli accenti giusti – vuoi dinamismo drammatico o comico, vuoi quiete pensosa – agli interpreti in scena, accompagnati dal fortepiano nel recitativo e molto applauditi tanto negli assoli di canto quanto nelle scene di gruppo, dove predomina il momento comico; l’orchestra, diretta con maestria da un grande esperto del teatro d’opera quale Renato Palumbo, dopo la celebre ouverture iniziale sembra quasi fondersi con la regia, e tutta l’opera scorre fluidamente dal primo all’ultimo istante nel corso di tre ore di spettacolo, con il pubblico che partecipa trepidando, commuovendosi e ridendo, come voleva Rossini per il suo capolavoro.

Impeccabili ci sono parsi il baritono Alessandro Luongo per Figaro e il tenore Antonino Siragusa per il Conte di Almaviva; ottimo il ritorno nei panni di Rosina del mezzosoprano Chiara Amarù, perfetta nella parte di contralto scritta da Rossini; travolgente leader dei momenti comici il baritono Marco Filippo Romano nel ruolo di Bartolo, il tutore barbogio le cui inutil precauzioni per sventare il matrimonio tra Almaviva e Rosina andranno tutte, fortunatamente, in fumo. Abbiamo quindi da una parte Almaviva/Lindoro, Signor di Qualità, e l’innamorata Rosina, che ci assicura di essere non solo docile rispettosa e ubbidiente come si conviene alle giovani, ma anche una vipera, sol che la si tocchi nel suo debole, e capace di cento trappole per giungere alla vittoria. Dall’altra c’è il vecchio barbogio Bartolo, che vorrebbe profittare della sua posizione di tutore per farsi sposa la giovane pupilla. In un dramma sapremmo già come va a finire: i giovani amanti dopo qualche iniziale e limitato successo verrebbero infine travolti, vuoi dal Fato avverso, vuoi dal Potere e dalle Convenzioni sociali. Ma qui non siamo in un dramma, e Bartolo invece che incarnare l’ineluttabile preminenza del Potere sull’Amore, ne incarna la stolidità e vacuità, come ci aveva insegnato Boccaccio. D’altro canto le figure degli aiutanti non sono quelle della tragedia, e così il Factotum della città e Barbier di Qualità Figaro da una parte, il cattivo consigliere Don Basilio dall’altra non sono mossi da ideali contrapposti e passioni estreme, ma, assai più modestamente e umanamente, “dall’idea di quel metallo” (l’oro, certo). Similmente la “Fama Monstrum Horrendum” che ha esiti tragici in Virgilio qui è un venticello che ha conseguenze comiche: la calunnia e pure gli inganni (anche quelli della parte buona, a dire il vero), sono tutt’altro che sottili e gli ingannati in ambo i campi si fanno gabbare con gran facilità (checché Rosina ne pensi della propria arguzia). Rosina quindi: e qui sta senz’altro la grandezza rossiniana – siamo quasi sul finire del secondo atto, la notte di Rosina è tristissima, essendosi risolta a sposare il suo tutore, vittima dell’inganno, e l’orchestra ci accompagna nel dramma dell’amore tradito e offeso muovendoci a commozione. Ma è già tempo di nuovi colpi di scena: Almaviva si rivela, l’inutil precauzione della scala si ritorce contro Bartolo, pure il suo Don Basilio gli volta le spalle in cambio di un prezioso, e le nozze tra i due giovani hanno luogo. Abbiamo riso, spesso abbiamo cantato a mezza bocca i versi celebri, ci siamo commossi, abbiamo applaudito molto: “oh noi contenti, oh sospirata nostra felicità!”

 


Gioacchino Rossini, Il Barbiere di Siviglia

Direttore: Renato Palumbo

Regia: Bepi Morassi

Scene e costumi: Lauro Crisman

Light designer: Andrea Benetello

Maestro del Coro: Alfonso Caiani

Maestro al fortepiano: Roberta Ferrari

Interpreti principali

Conte di Almaviva: Antonino Siragusa

Bartolo: Marco Filippo Romano

Rosina: Chiara Amarù

Figaro: Alessandro Luongo

Don Basilio: Luca Dall’Amico

Fiorello: William Corrò

Berta: Giovanna Donadini

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice

 

 

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