Gli Atman sono una realtà che va avanti ormai da diversi anni, ora escono con un nuovo EP (il quarto all'attivo insieme ad altri tre album). Questa volta però i testi sono in italiano a causa (cito dal sito) dell'esigenza di esprimere in maniera più diretta e comprensibile la propria musica al pubblico italiano.
L'Ep contiene cinque brani pieni di adrenalina. Il sound e i testi ricordano i primi Verdena e la scena grunge dei primi anni '90. Nulla da eccepire in questo album, tutto è al suo posto. La voce di Devid Winter (come si fa chiamare) è impeccabile, perfettamente intonata e soprattutto espressiva. Le ritmiche non brillano certo per originalità, ma riescono a coinvolgere e creare l'ambiente perfetto per i testi. Forse il batterista poteva dare un po' di più in alcuni pezzi dove non “pompa” quanto avrebbe potuto. La tracklist si apre con “Oggi ancora sono perso”, un punk-rock che di certo è un ottima presentazione per chi ancora non gli conosceva come me. Tutto è assolutamente studiato, cercato ed elaborato per dare la totale sensazione di un brano che non potesse non essere esattamente così com'è. Il secondo brano, dal titolo “L'educazione emotiva”, passa da un inizio con una ritmica e una voce metalliche ed insistenti, per diventare gradualmente più caldo e coinvolgente, fino ad arrivare ad una pura scarica di energia quando Devid dice “No, non mi avrete mai, io non danzerò in questa stupida commedia”. “L'inferno e la poesia” è il terzo brano ed è molto simile al secondo. Ascoltarlo è come rientrare nella stessa stanza dove si era pochi secondi prima, e, vedendo che qualcuno ha cambiato qualcosa, iniziare a cercare le differenze, notando una infinità di cambiamenti rispetto a prima. Successivamente si entra in un'altra stanza, questa volta completamente diversa, il suo nome è “Come un fiore di loto”. I colori sono il nero e il bianco, ma con una quantità di scale di grigi molto ampia, visibili solo alla terza o quarta volta che la si guarda. Gli oggetti che si trovano al suo interno non centrano assolutamente niente fra di loro, ma per qualche strana magia dell'arredatore sono perfettamente in sintonia; personalmente è il brano che preferisco, originale ed in continua metamorfosi. In chiusura troviamo la titletrack: “Stiamo uccidendo le nostre anime”. È un brano importante, decisamente poco politically, duro nel sound, ma non per questo non “accogliente”. In definitiva, è da una settimana che lo porto in giro con me e lo metto in rotazione. È un album ben costruito e non banale, si inserisce all'interno di una tradizione ben determinata, ma con la precisa intenzione di tradirla, per creare un sound e un mondo diverso, nuovo e creativo. 83/100
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Rent: Chitarre Anno: 2008 Sul web: |