E' assolutamente pacifico dichiarare come i Pain of Salvation insieme ad altre poche bands siano gli effettivi alfieri del Rock duro scandinavo, riuscendo negli anni a diventare un gruppo popolare in tutta Europa e non solo.
La band di Daniel Gildenlow sin dagli esordi si è contraddistinta per il suo Progressive Metal raffinato ed estremamente emotivo, che ha avuto il suo apice in lavori come The Perfect Element pt.1 (2000) e Remedey Lane (2002), senza dimenticare lavori più criticati ma ugualmente di grande spessore come i più recenti Be (2004) e Scarsick (2007). Lo scorso inverno, il quartetto svedese ha dato alle stampe il controverso EP - Linoleum, lavoro dove per l'ennesima volta i Pain of Salvation hanno modificato e smussato gli angoli del proprio sound, virando verso un Hard Rock/Blues '70s che non ha convinto quasi nessuno, compresi noi. Road salt one, settimo disco in studio in meno di 20 anni di carriera prosegue su questa scia, confermando quella voglia di cambiamento che in molti pensavano solo passeggero. Il disco, composto da 12 brani e che vedrà una seconda parte entro la fine del 2010 (o meglio, dovrebbe), sia chiaro, non è brutto, anzi, la classe compositiva dell'ensemble di Eskilstuna è ancora palpabile e parzialmente viva nei solchi delle canzoni, ma quella che sembra essere svanita nel nulla è quella incredibile emotività che la loro musica sapeva trasmettere con i vecchi album. Che i Pain of Salvation siano stati rapiti dagli alieni che in cambio hanno rimandato sulla terra dei cloni? Possibile, ma quello che è giusto dire prima che qualcuno si appresti ad acquistare il disco e che Raod salt one è un lavoro modesto, a tratti mediocre e niente più. La carica Blues/Hard rock emerge prepotentemente in brani come "She Likes to Hide" e "Tell Me You Don't Know", piacevoli ma niente più, mentre rimasugli del passato si possono riscontrare in "Curiosity" (qui si che Gildenlow torna ad essere quel potente e vibrante singer che ricordiamo), la bella ballata al pianoforte "Sisters" (in tal senso sempre buono il lavoro di Fredrik Hermansson) e la title track. E il resto? A parer nostro è tutto trascurabile, sterili episodi dove lo stato confusionale compositivo è palese, ed anche le melodie sembrano aver un retrogusto di fastidioso già sentito. La produzione è comunque azzeccata per un prodotto del genere ed il minutaggio complessivo non appesantisce una raccolta di canzoni non proprio interessante ed esaltante. L'etichetta InsideOut per l'occasione, ha messo a disposizione dei fan più accaniti diverse versioni del disco: una limited edition fold-out digipack addizionata di bonus track e booklet a ventiquattro pagine e l'ormai immancabile versione in vinile. Chiosando, Road salt one è a tutti gli effetti una regressione a livello qualitativo in una discografia di alto livello, un passo falso che si spera non abbia un seguito. Cambiare comporta sempre dei rischi ed in questo i Pain of Salvation vanno comunque lodati per il loro grande coraggio, ma le idee qui sono appannate e mal concretizzate. Per il resto, chiediamo agli alieni di restituirci gli originali. 57/100
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Daniel Gildenlow: Voce e chitarra Anno: 2010 |