Fa sempre piacere provare a valutare generi nuovi e gruppi italiani che per una volta tanto tentano di cambiare le solite carte in tavola in onore di una passione vera, senza pretese né spocchiosa attitudine, la musica celtica 'rivisitata' dei nostri Deep Green Light (provenienti da Salerno, non certo dall'Irlanda) suona spensierata ma anche convinta e ben concepita, il loro primo disco L'uomo del caffè' già dal titolo lascia un'impressione di positiva e trasparente fierezza, la musica poi ha la caratteristica principale di suonare diretta dal cuore per colpire il cuore delle menti inebriate piene di malinconica vita per un momento dimenticata in amichevole compagnia.
Non credo che nessuno rimanga immobile di fronte a questo coinvolgente genere musicale, la classica atmosfera da Irish pub, un dolce avvolgimento nelle calde coperte di una atmosfera accogliente e positiva. I Deep Green Light riescono in questo intento e poco importa se la proposta non é originale in quanto tale, una dislocazione geografica poco coerente ma che affascina e si rivela una scelta azzeccata anche per quelle che sono le finalità di un gruppo, ovvero suonare ciò che si ama e farsi amare ed accogliere dal pubblico, in tal senso credo che i nostri non avranno di certo difficoltà, diciamolo pure, l'Italia é piena zeppa di birrerie e pub irlandesi più o meno convincenti e loro faranno la gioia di qualunque gestore di tali locali. Ma passiamo all'analisi 'fredda' della musica, trattasi di celtica modificata, intatta nel suo spirito primigenio ma ovviamente corrotta/tradotta dal mood unico al mondo tutto ammiccante di chi la sa lunga appartenente allo spirito partenopeo, il risultato é che si fischiettano già dal primo ascolto le 6 tracce del disco, tra influenze folk tradizionali e celtiche 'maggiorate' con giusto, l'analisi é facile così come la musica, tutto in chiave soft, non c'é la minima presenza di strumenti elettrici, qui è tutto acustico e gentile, le chitarre acustiche, i violini, il banjo, le armoniche, i flauti, i mandolini e le percussioni che si mettono al servizio delle storie narrate con una voce semplice e ben intonata, storie ironiche e profonde allo stesso tempo ricamando su vite vissute, miti e storielle grottesche quasi sempre a lieto fine e bagnate o inumidite da del buon Irish whiskey che scalda il cuore e placa le menti. Si intrecciano così in una scaletta ben precisa le 6 tracce per dare vita ad un piccolo angolo vorticoso di goliardica serenità, ok, gli elementi primari del sound sono irlandesi ma c'é anche un refrain tutto Jamaicano in "L'uomo del caffè" per esempio che ha caratteristica di essere l'unico brano cantato in italiano, e timidi parallelismi con ciò che tentò di fare Bob Geldof negli anni '90 con certi aspetti dei suoi album... Dei sei pezzi molto bene congegnati spiccano la prima "Murscheen durkin" e "L'uomo del caffè" sono brani che scivolano veloci nonostante la durata non proprio breve, sembrano delle filastrocche spensierate e corali, con l'uso dei tipici strumenti a dare un tono forte e determinante, l'incedere non ha molte variazioni ma rapisce lo stesso, "The destitution" é invece una strumentale appassionata e appassionante, ed i Deep Green Light sono furbi a dare ai brani quel tocco magico e mistico puro dello spirito della verde terra nord europea senza per questo snaturarsi come musicisti e senza dimenticare di non essere altro che degli interpreti degli inni musicali propri di quella tradizione. Nati solo nel 2007 i Deep Green Light tessono un bel groviglio dove é facile trovare il bandolo, forse si perde un poco la bussola solo durante la parte iniziale a "Foggy dew" dove si cade in una atmosfera sognante ed eterea dove é facile perdersi ... le loro trame si dispiegano poi in un brano dal tocco epico e dall'accompagnamento strumentale vorticoso, da questa musica Irish Folk credetemi non si esce indenni, rotto l'iniziale scetticismo si finisce per essere rapiti dal sapiente richiamo di queste antiche sonorità. L'uomo del caffè è il primo lavoro auto-prodotto, fresco e sfornato nel 2009, ben curato sotto tutti gli aspetti anche quello grafico, se volete provare qualcosa di nuovo non vi resta che contattare la band e farlo vostro, agli altri resterà solo l'amaro in bocca ed un sapore sgradevole diverso dovuto dal whiskey scadente tracannato senza coglierne lo spirito degli avi... 65/100
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Francesco "Shillelagh" Memoli: Voce, banjo, tenore, mandolino, chitarra Anno: 2009 |