Questo è il classico disco che spacca, non seguo in modo appassionato la scena hardcore e simili (solo le band di punta) , ma non posso negare che questo degli inglesi dei Book Of Job è un esordio che promette bene per la loro futura carriera, ed è innegabile che il genere che in parte percorrono ha comunque notevolmente influenzato la scena estrema in passato così come nei nostri giorni.
Certo resta anche il fatto che la musica suonata dai BOJ non è roba da 'pivellini' ma un 'cazzutissimo' hardcore da post secondo millennio con moltissimo metal, con una venatura sperimentale, ma mai troppo spinta ed astrusa, potrebbe essere quello che i mostri sacri del genere non sono riusciti a fare persi nel calderone commerciale del momento. Quindi non si parla di melenso e monotono metalcore ma di musica massiccia e dai contorni nitidi, che prende a piene mani da quello di buono che nasceva nei primi anni '90 portandolo ai massimi livelli, complice anche una naturale predisposizione per le sovrapposizioni ed i refrain corali e davvero evocativi a tratti alternative/indie e altre volte ai limiti con il groove, ma pur sempre metallici e quasi sempre tendenti all'overground, poiché la loro classe è di questo livello. La band di Leeds non è mai scontata e monotona, è instancabile e sa gestirsi bene in tutte le situazioni con tempi cadenzati ed accelerazioni, ma anche con il progressive psicotico violento o ipnotico a seconda dei casi, tempi intrisi di una fenomenale sagacia tecnica ed autentica aggressione 'on your face', in poche parole mescolano la semplicità dei gruppi hardcore punk alla sperimentazione delle band più acide e coraggiose. Lo stile vocale si alterna da un gridato standard ad uno mood più impostato a voci pulite ed altre più imponenti ed impostate, melodiche o cariche di pathos, ossessive e nevrotiche ma mai stancanti, e qui Kaya, il frontman, fa tutto ciò che un vocalist con gli attributi sa e deve fare. Queste sonorità non hanno nulla da invidiare ai gruppi più osannati e deve essere uno spettacolo vero vederli e sentirli su un palco dove credo che i 4 diano il max di loro stessi. Gli inglesi Book of Job mettono in pratica la tecnica acquisita in ben sei anni di gavetta evolvendo il loro sound e sopraelevandolo ad una vera sorprendente macchina da riff e ritmi aggressivi dalle strutture mutevolmente dirette e sapientemente diramate in brani dal particolare sapore fresco e sbarazzino, scevre di eccessi e forzature, nonostante le variazioni non manchino originalmente dosate con stille di tech metal sparse qua e là ma anche con geniali momenti onirici e imponenti, un esempio su tutte la micidiale "Madness is Murder" dove si sovrappongono chitarre nere e dense come la pece di grande atmosfera e impatto ma anche con dissonanti cambi di direzione riflessivi. Ascoltando la killer track "3 Hours" dove il basso powerful e le distorsioni delle chitarre impazzano e dove da subito si capisce di aver anche a che fare con un batterista di sicuro avvenire si comprende bene cosa significa la musica dei BOJ, si passa dal metal massiccio e roccioso all'arpeggio e per una volta tanto non mi pare di sentire un caos in musica ma vera e propria musicalità arrangiata come si dovrebbe, ovvero con gusto. Razionalmente selvaggi mi vien da dire per farvi capire, e con "Pursuing The Cosmos" raggiungerete l'orgasmo acustico con degli stacchi da pura!!! ...pezzo notevole con il risultato di sorprendere con una completezza e pienezza che disarma dal primo all'ultimo secondo senza annoiare minimamente, punto più alto del disco ma non unico episodio di esaltazione dato che il cd è pieno zeppo di passaggi davvero ammiccanti fuori e dentro dagli schemi con una facilità che lascia attoniti. Vi lascio,spero, avendo stuzzicato la vostra curiosità, gruppo da supportare ad occhi chiusi i BOJ, 10 song una più bella dell'altra, dove troverete dalla violenza alla morbosa delicatezza, tutto ben graduato e calibrato, un assalto possente e davvero ben suonato sino alla finale "Anagnorisis" alla quale è affidato il compito di chiudere questo esordio molto positivo ed eclettico, ma al 100% genuino. UNICA pecca di Hamartia? La copertina, un pò scontata e forse poco artistica, ma è un difetto del tutto trascurabile, qui la musica fa davvero la figura della prima donna, e grido io: finalmente! 85/100
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Kaya Tarsus: Voce Anno: 2012 |