Quando la classe non è acqua! Il debutto degli Alkene emerge di una spanna dal marasma generale delle uscite indie di questo periodo poiché è chiaro e limpido tutto il lavoro certosino e ricamato nel tempo dal gruppo per avere la coscienza di creare qualcosa di particolarmente distintivo.
in realtà il disco Hamartia è un corollario di suoni ed orchestrazioni morbide e ricercate, un soffice connubio architettonico di suoni minimali e ritmi appena accennati, ma davvero avvolgenti, ed in questo splendido 'rotolare' morbidamente il disco scorre via per tutti i suoi 40 minuti e rotti in maniera naturale. Ed era certo che con il nome che si sono dati aspettarsi una musica di tale spessore, da tale musica infatti traspare la perfezione della chimica dove tutto è al suo posto e trova il suo posto nel modo naturale delle cose, ma che impazzisce enormemente quando è l'uomo a miscelarne gli elementi, in effetti il loro rock, abbastanza moderno, che alla prima parvenza potrebbe sembrare minimale è impreziosito da calde sperimentazioni elettroniche anche impegnative ed una vena acustica intimistica e surreale che a volte fa un pò girare la testa per il suo ipnotismo circolare. Ovvio che il cantato in italiano e la pacata ricerca del minimalismo acustico diano uno sprint in più a una struttura midollare di pop essenziale con la ricerca di un'anima propria e le divagazioni alternative e prettamente indie rock, le quali rendono il sound certo non molto pesante ed anzi è l'eterogeneità del tappeto sperimentale a regalare i risvolti più positivi del platter, ”Hamartia” è quindi contornato di dolci e sinuose linee ritmiche e pregevoli arrangiamenti accompagnati dall'uso di strumenti ritmici ed effetti di vario genere. E subito dalla opener "Satura" si ha la sensazione di essere davanti a musicisti capaci e pratici, la song è ritmicamente trascinante, le parole puntuali e ben appiccicate al mood generale del pezzo, l'acustica perfettamente bilanciata e il rendimento della registrazione (compresi i volumi e gli effetti) efficaci e di ottimo livello. "Ovunque" è una ballata dolcissima e quasi crepuscolare che si dimena e nasconde una certa sofferenza sotto traccia, il pezzo poi esplode in un alternative rock moderno fatto di strumenti nitidi e creando un voluttuoso sound sinfonico per poi incanalarsi in un finale progressivo e tipicamente 'sperimentale'. Con "Attesa" si cade in lidi arpeggiati e ritmi contrari e sound più vicini a The Muse / Radiohead, Queen of The Stone Age seppur qui la sensazione è sempre più surreale e di effetto (causa l'uso dell'elettronica) piuttosto che umana e prettamente fisica è più una musica che emana profumo di plastica, tanto meno mero sudore... In "Difese" si accentuano le sperimentazioni e gli effetti (compresa la voce) e ciò serve a capire la voglia degli Alkene di mettersi sempre in gioco e di non stufarsi presto del loro stile intimo e introspettivo, tutto poi viene confermato in "Hamartia" una song che va dritta al cuore, mi piace il suo incedere marciante e la soavità del tappeto sonoro che ricopre, come una coltre nebbiosa, il soffuso e univoco incedere intrappolato tra sogno e realtà, tra ciò che si vorrebbe fare e dire, e ciò che non si fa e non si riesce a dire, parole rotte nel profondo di noi stessi. "Scelta" è un altro episodio sognante e decisamente 'alto' del disco, un intenso connubio di acustica ed elettronica minimale così come la successiva "Avvelenami", sognante e quasi romantic pop elettronico dal retrogusto impetuoso nella parte finale che si ridesta e si dimena ingrossandosi di volume. Etereo il mondo di "Lucido", un brano dal quale sgorga chiaro il filo conduttore di Hamartia, manipolando le strutture classiche del loro background per regalarci difficili, ma al contempo univoci messaggi di stratificazioni sperimentali e l'amalgama di tesserine di un puzzle dove poi tutto torna, "Verecondia" poi ne è la somma soave e "Metanoia", pezzo assai sofisticato, iridescente e avvolgente come un'aurora boreale di poche secondi chiude degnamente questo ispirato lavoro degli Alkene, al primo disco che piace e che si lascia apprezzare per notevoli capacità e gusto musicale di tutti i componenti che non si fermano al tradizionale, e al culto di loro stessi, ma giocano senza scherzare con vari strumenti e piccoli esperimenti efficaci dove la chimica empirica si incrocia con la chimica delle sensazioni/reazioni umane vere e innate ... A voi l'ascolto attento e meditato di un piccolo gioiello nostrano che spero trovi lo spazio dovuto. 85/100
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Elvio Carini: Voce, chitarra, tastiere Anno: 2013 |