Attesissime – per quanto insperate – ecco le edizioni in vinile dei cinque album “classici” degli Yes rimixati da Steven Wilson, presentate in un cofanetto disegnato da Roger Dean.
Una scelta, questa delle edizioni in vinile, assolutamente ovvia per quanto era naturale, visto il tipo di operazione svolta da Wilson, ossia di una assoluta e fedelissima riproposizione del classico suono anni ’70 con un intervento di ‘pulizia’ del missaggio che – nel mantenere l’equilibrio e l’immagine sonora originali – ne metta al tempo stesso in evidenza dettagli e passaggi sepolti o perduti al tempo, a causa dei limiti tecnici (e non solo) dei mezzi dell’epoca. Dal punto di vista sonoro, dunque, nessuna novità rispetto a quanto ampiamente conosciuto nei missaggi stereo pubblicati in cd/dvd/bluray nel corso degli ultimi anni (a parte, naturalmente, l’assenza di tutte le extra tracks che quindi restano disponibili solo nelle edizioni in digitale). Il che naturalmente è esattamente ciò che si voleva e sperava, pena la perdita di significato dell’operazione; né, del resto, avrebbe potuto essere diversamente, in fondo. Semmai, una ulteriore nota di merito va alla scelta di mantenere i livelli di incisione dei vari vinili ad un volume lievemente più basso degli standard attuali (secondo i dettami delle incisioni audiofile) al fine di preservare per quanto possibile la dinamica delle incisioni: il che non è un paradosso, visti i limiti fisici della tecnologia del long playing, il quale dispone, come dovrebbe esser noto, di uno spettro dinamico assai più limitato di quello delle incisioni in digitale. In tal modo, anche i missaggi più complessi risaltano in tutto il loro impatto, senza perdere il confronto con le già conosciute versioni digitali, fermo restando appunto la caratteristica timbrica anni ’70. Dopo di che – è ovvio – chi si aspetti fuochi d’artificio resterà sonoramente deluso; semmai la presenza sonora si arricchisce nella gamma mediobassa e bassa (il ‘calore’ analogico del vinile), che è poi lo scopo vero di pubblicare queste versioni in analogico, ma – vexata quaestio – dipende poi dalla qualità e dalle caratteristiche dell’impianto, dai gusti individuali, eccetera… A ciascuno il suo parere: ma questo ci si aspettava, e questo si ha. Se poi si vuole un confronto con le edizioni originali in vinile (prime stampe UK, indiscutibilmente e di gran lunga le migliori), non c’è tanta gara: anche i passaggi più affollati e complessi sono perfettamente leggibili, ogni singolo strumento è ben posizionato e udibile (il che rende giustizia in particolare al lavoro alle tastiere di Wakeman e Moraz in Tales e Relayer), c’è pressoché ovunque un dettaglio originariamente nascosto, dinamica e microdinamica sono migliori… insomma, un vero tripudio per gli aficionados più incalliti, vinilisti o meno che siano. La stampa dei vinili è poi di assoluta qualità: silenziosi, precisi, impeccabili. Le dolenti note iniziano all’analisi dell’artwork, dettaglio non secondario tanto per tutta la musica dgli anni ’70 in generale, e ancor più per un gruppo come gli Yes, che proprio dell’artwork han sempre fatto un elemento importantissimo del loro immaginario musicale. Ebbene, detto che il cofanetto in sé è carino ma nulla più – niente cassetti, buon cartone ma non di primissima qualità, a risultare incomprensibile e a creare disappunto è la scelta di rifare le copertine di Fragile, Close To The Edge e Tales From Topographic Oceans, che sono state rielaborate e rifatte da Roger Dean come sostanziali variazioni sul tema originario. Gli interni dei gatefold son rimasti gli stessi, così come gli inserti (Relayer, l’album di Fragile), anche se manca quella verde con i testi di Close To The Edge. Inoltre, anche la qualità grafica delle stampe è buona ma non eccelsa; in particolare, la copertina di Relayer non è fedelissima nei colori, ma va anche detto che già al tempo di edizione in edizione non se ne trovavano due con lo stesso panel… Anche le etichette si prestano a qualche critica. Se negli ultimi tre titoli sono state mantenute le etichette originali del tempo, Yes Album e Fragile presentano l’etichetta Atlantic verde/rossa anziché l’originale classica plum/red delle prime edizioni inglesi. Per confronto, si veda la scelta operata ad esempio dai Genesis nelle riedizioni in vinile del loro catalogo. Dettaglio forse marginale, ma considerato il target di questi album, per gli appassionati la sua importanza ce l’ha, e comunque si poteva fare decisamente meglio. Riassumendo. Setup: Giradischi Linn LP12; testina Nagaoka MP500; prephono Grandinote Celio in classe A; The Yes Album (feb 1971) Jon Anderson: voce, percussioni Chris Squire: basso, seconde voci Steve Howe: chitarra elettrica e acustica, vachalia, seconde voci Tony Kaye: piano, organo, moog Bill Bruford: batteria, percussioni Fragile (nov 1971) Jon Anderson: voce Chris Squire: basso, seconde voci Steve Howe: chitarra elettrica e acustica, seconde voci Rick Wakeman: organo, pianoforte, piano elettrico, clavicembalo, mellotron, sintetizzatore Bill Bruford: batteria, percussioni Close to the edge (1972) Jon Anderson: voce Chris Squire: basso e seconde voci Steve Howe: chitarra e seconde voci Bill Bruford: batteria Rick Wakeman: tastiere Tales from topographic oceans (1973) Jon Anderson: voce Steve Howe: chitarre, seconde voci Chris Squire: basso, seconde voci Rick Wakeman: tastiere Alan White: batteria e percussioni Relayer (1974) Jon Anderson: voce Chris Squire: basso e voce Steve Howe: chitarra e voce Patrick Moraz: tastiere Alan White: batteria |
YES – THE STEVEN WILSON REMIXES IN VINILE Anno: 2018
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