Villafranca di Verona, 26 Giugno 2012 - Castello Scaligero
Photo courtesy: Cristina Checchetto
Per quanti li amano è un vero evento, per chi non ha mai avuto il piacere di apprezzarli è un appuntamento irrinunciabile perché i Portishead, è noto, possono dileguarsi da un momento all'altro dalle luci dei riflettori. Del resto, la loro onesta filosofia artistica, li ha sempre spinti a non scrivere nulla se nulla ritenevano di poter aggiungere. Il Castello Scaligero di Villafranca, prima delle due date italiane, si rivela una soluzione ottimale, sia per le proporzioni delle mura, in grado di contenere gli oltre cinquemila spettatori, sia per il carattere suggestivo della fortezza medievale e la buona acustica, capace di reggere le profondità ancestrali dei bassi. Ed è un gran concerto. Il loro trip-hop è smagliante, elaborato attorno a campionamenti, riff aguzzi, scratch, moog infernali e melodie toccanti. Il viaggio percorre mente e viscere, proseguendo idealmente il lungo cammino intrapreso dai primi anni novanta, quando il disegno artistico dei tre musicisti di Bristol sparigliò le carte e segnò un discrimine nel folto mercato invaso dal pop britannico. Lo spettacolo veronese è una potentissima sintesi del termine Portishead. I battiti dell' hip hop vengono decelerati, le costruzioni sonore vengono dirottate su traiettorie non consuete, gli echi jazz-blues confluiscono nella splendida voce di una Beth Gibbons in forma superlativa.
L'intenzione evidente del live è di dare spazio ad un robusto supporto video ai pezzi dei tre dischi, mantenendo sostanzialmente invariati gli arrangiamenti, ma con un approccio mentale più aperto. Spazio ampio per Third, l'ultimo capitolo del 2008, una sterzata netta, ossessiva, inviperita, ricerca inesausta di una via di fuga dall'armonia e dalle aspettative, ma che dal vivo guadagna un forte calore. Il resto della scaletta è distribuito tra Dummy e l'omonimo Portishead, a cui si affianca il brano del 2009 “Chase the Tear” scritto con l'intento di raccogliere fondi destinati ad Amnesty International. L'apertura è volutamente rallentata. Prima "Silence", caratterizzata dal riverbero del suono arpeggiato della chitarra e dal sofferto cantato, poi "Hunter", quasi un mantra sussurrato. I pezzi marcano la cesura rispetto al beat tradizionale dei primi due album. "Nylon Smile" prosegue il solco tracciato afferrandosi alle poliritmie e alla commistione di note orientaleggianti di chitarra e cantato della Gibbons, ora spiccatamente jazz.
Nel recupero di "Mysterons", tra le acclamazioni del pubblico, c'è l'incedere del bolero, le trame vocali si avviluppano all'elettronica e a misurati interventi di chitarra. Il ritmo delle immagini fiabesche sullo schermo è sempre più frenetico durante l'intermezzo acustico di "The Rip", episodio musicale che si risolve in un crescendo strumentale delle tastiere. Viene poi il momento delle melodie sontuose durante l'esecuzione della bellissima "Sour Times, sulle note di quell'orchestra spettrale che nel live Roseland NYC c'èra veramente e faceva accaponare la pelle. E' il preludio all'atmosfera marziale di "Machine Gun": un assedio di beats nel seno di un marasma meccanico ed alienante. Quasi a bilanciamento, fiorisce la soave atmosfera creata da una versione cupa e maledetta di "Wandering Star" per basso (dub) e voce (ancora bravissima interprete la Gibbons). Clima intimistico lambito soltanto da sporadiche distorsioni di chitarra.
Spazio poi al blues lento e straziante di "Over" e alla "hit" "Glory Box", calda e conturbante indagine sulla lacerazione del sentimento. Suoni ipnotici nel cortocircuito chiamato "Cowboys" e poi, quasi a delineare meglio questo stato angoscioso, si apre "Threads". La sei corde torna ad essere protagonista. C'è ancora spazio per due bis. "Roads" combina i gemiti delle chitarre all'orchestrazione retrò, incalzata da archi solenni: il risultato è notevole. La chiusura è ben congegnata, affidata all'incalzante ossessività atonale dell'industrial "We Carry On". Accade persino che la tensione emotiva della timida Beth Gibbons si sciolga in una insospettabile corsa a perdifiato verso il pubblico per stringerne affettuosamente le mani con gioia commovente. In questa sera d'estate, tutto trascende quando la sua sottile corporatura si aggrappa al microfono. Beth cerca di ovviare ai fraintendimenti delle parole e allora canta. Canta e basta, si insinua nelle trame elettroniche e destabilizza i sentimenti.
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Geoff Barrow: Scratching, batteria, percussioni, Rhodes, programming, sintetizzatori, Hammond, sampler, basso Beth Gibbons: Voce Adrian Utley: Chitarra, tastiere Jim Barr: Basso Clive Deamer: Batteria John Baggot: Tastiere
Data: 26/06/2012 Luogo: Villafranca di Verona - Castello Scaligero Genere: Trip Hop
Setlist: 01. Silence 02. Hunter 03. Nylon Smile 04. Mysterons 05. The Rip 06. Sour Times 07. Machine Gun 08. Wandering Star 09. Magic Doors 10. Over 11. Glory Box 12. Chase The Tear 13. Cowboys 14. Threads Encore 15. Roads 16. We Carry On
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