Come di consueto, Steve Hackett impronta ciascun tour alla commemorazione di un vecchio album dei Genesis e sceglie, questa volta, "Seconds Out", primo live senza Peter Gabriel.
La formazione solidissima che ha supportato l'inglese in queste date estive ha visto primeggiare, a modesto avviso di chi scrive, un Nad Sylvan sempre più a suo agio con le prestazioni vocali di entrambi gli storici cantanti (in passato, egli palesava maggiore difficoltà con il repertorio di Collins) ed il magnifico Craig Blundell, vero e proprio virtuoso dello strumento, a tratti addirittura funambolico (si immagini di sentire i Genesis con Gavin Harrison dietro alle pelli e si avrà un'idea sommaria del livello di prestazione offerta da costui, il quale, non a caso, ha servito in passato alla corte dello Steven Wilson solista, sostituendo dal vivo nientemeno che Marco Minnemann). A causa della durata corposa dello storico doppio album, il chitarrista è stato costretto a castrare un numero ingente di brani tratti dalla sua discografia solista. Egli ha quindi proposto i soli "Every Day" e "Shadow of the Hierophant", che hanno aperto il concerto, e "Myopia", "Ace Of Wands" e "Hackett To Pieces", che lo hanno chiuso (pur incastonati all'interno di "Los Endos"). A dirla tutta, il richiamo al live del 1977 è stato soltanto nominale giacché, a livello di arrangiamenti, Steve Hackett percorre ormai da tempo una sua strada indipendente che lo vede rivisitare in chiave personale lo storico repertorio dell'ex gruppo di appartenenza. Ciò costituisce generalmente un punto di forza, cosa che si evince chiaramente ascoltando "Supper's Ready", proposta in una versione che supera i 27 minuti, la già citata "Los Endos", totalmente stravolta nella parte centrale (impreziosita sia da una sezione totalmente sperimentale, sia dagli innesti sopra citati attinti dalla sua discografia solista), le imprescindibili "Firth of Fifth" e "The Cinema Show", eseguite ricalcando le versioni originarie, rispettivamente sublimate dalla introduzione al piano e dall'epilogo "Aisle of Plenty", entrambi totalmente assenti in quel disco (l'uso del fife nella seconda traccia, peraltro, ha determinato inedite e suggestive connotazioni di stampo quasi celtico). Eppure, alcune difformità, peraltro palesate proprio in alcuni dei brani citati, non possono non essere evidenziate: "Firth Of Fifth", ad esempio, è stata penalizzata dall'assenza del flauto, surrogato ancora una volta da un sax soprano completamente decontestualizzato; stesso destino è stato riservato ad "I Know What I Like" (il sax ha sostituito sia il flauto, sia il teatrino al tamburello concretizzato illo tempore da Phil Collins), con l'aggravante ulteriore di una esecuzione eccessivamente veloce; "The Lamb Lies Down on Broadway" e "The Musical Box", infine, erano in origine accorpate in un unico medley mentre l'organico le ha eseguite con soluzione di continuità, cosa che non ha giustificato la proposta della sola closing section della seconda delle due; "Supper's Ready" è stata quasi totalmente suonata senza basso e ciò è apparso incomprensibile se si considera che Amanda Lehmann è uscita completamente di scena dopo i primi due pezzi, per poi ricomparire soltanto nel bis (avrebbe potuto suonare lei stessa la chitarra, lasciando a Jonas Reingold l'onere del basso). Va infine segnalato un fastidioso problema tecnico patito proprio dalla chitarra di Hackett, che ha smesso di produrre suoni durante "Robbery, Assault and Battery": al riguardo, è parso agli astanti che il brano reggesse perfettamente anche senza le sei corde, quantomeno fino a quando la chitarra ha ripreso a suonare sul finale, talché l'intervento del chitarrista ha subito confermato, tra i sensi di colpa di chi aveva osato dubitare, quanto prezioso sia stato, in termini di eleganza e raffinatezza, il suo lavoro nei Genesis, anche nella altrettanto affascinante incarnazione priva della presenza gabrielliana. |
Steve Hackett - vocals, guitars Tracklist: |