Home Recensioni Demo & EP Cynic - Carbon-Based Anatomy

Cynic
Carbon-Based Anatomy

La metamorfosi si sta completando. La creatura di Masvidal si è inesorabilmente allontanata dalle sonorità jazz/ death metal che avevano caratterizzato l’esordio, e per lungo tempo unico disco della band, Focus. Il ritorno sulle scene dopo quindici anni, nel 2008 con Traced In Air, ebbe la funzione di ponte, uno stargate che ci teletrasportasse da un universo alieno, ipertrofico, proteiforme, in espansione ad un altro altrettanto tentacolare, iperstrutturato e vasto, ma questa volta con uno sguardo alla dimensione umana, permeato di fragile intimismo, meravigliosamente imperfetto. Questo EP prosegue il cammino di umanizzazione, eliminando le ultime tracce di quella strutturazione ritmica devastante e di quella stratificazione tumultuosa degli elementi sonori che resero Focus un capolavoro immenso, per traghettarci verso lidi completamente diversi: meditativi, fluttuanti, ipnotici, sempre meno intelaiati in strutture mentali rigide, dediti all’espressione artistica pura e svincolata, i nuovi Cynic si sono ormai definitivamente staccati dal death metal. Ritmi quasi sempre lenti, nessuna traccia di growl, melodie pulitissime (e bellissime), aggressività ridotta ai minimi termini, brani che si snodano con delicatezza, strutturati secondo gli schemi classici del progressive.
La formula che aveva reso mitico un disco come Focus e che comunque si intravedeva ancora nel disco del 2008 è completamente sparita, ci troviamo di fronte ad un nuovo inizio: ma è proprio a questo punto che entra in gioco il fattore talento. Masvidal e soci sono riusciti a rigenerarsi e risultare convincenti nonostante abbiano optato per un genere musicale più semplice e se vogliamo banale rispetto alle loro nobili origini. Carbon-Based Anatomy è composto infatti da tre brani progressive con venature metal, accompagnati da altrettanti episodi ambient - world music che fanno da cornice ed intermezzo. Le melodie cristalline rimangono in primo piano per lunghi tratti, le chitarre ricamano finemente, le scorribande metal hanno minutaggi davvero esigui, posizionate in fondo ai brani a mo’ di climax oppure preservate per ritornelli adrenalinici che stacchino rispetto alla pacatezza misticheggiante delle strofe.

“Carbon-Based Anatomy” esemplifica alla perfezione la nuova strutturazione: 4 minuti di melodia pura e semplice, accompagnata da una chitarra sibilante, gentilissima, lontana più che mai dal metal, ai quali si giustappongono i 2 minuti finali in cui un tourbillon chitarristico di notevole pregio si accompagna al crescendo ritmico – vocale, per poi implodere nuovamente nel finale ipnotico. “Box Up My Bones” ha qualche venatura metal in più, ma non si discosta poi di molto dalle sonorità soft introdotte precedentemente. Ciò non di meno, il brano è molto bello, ritmicamente vario, pregevolmente cesellato da una chitarra paradisiaca. Se paragonato ai pachidermi del ’93 esce certamente sconfitto, ma il problema è a monte: il paragone non si può proprio fare, si tratta di due grandezze incommensurabili. “Elves Beam Out”, terzo ed ultimo brano vero e proprio dell’EP, si gioca le carte migliori: una chitarra magica solca l’etere con circonvoluzioni meravigliose, le tastiere disegnano aloni fatati nell’atmosfera, la batteria si rivela fondamentale nel suo dialogare con la voce e con la chitarra.

Musica indefinibile, come sospesa in un limbo aureo, che sa essere purissima, trasparente come acqua sorgiva. Di fronte ad una simile leggiadria, ogni cosa acquista un peso specifico diverso, enormemente maggiore. È come se i Cynic avessero fatto tabula rasa della violenza e della ferocia presente in passato nella loro musica per godere nel farsi del male, vergando una tela immacolata con pochi indelebili tratti d’inchiostro nero. Questione di prospettiva. I restanti tre brani non aggiungono elementi per valutare questa breve prova della band, ma sono perfetti nel fornire una scenografia adatta al nuovo mondo dei Cynic: “Amidst the Coals” è un lieve canto tribale, tutto invischiato in densi suoni ambient. “Bija!” ritorna sul tema, con un forte accento ritmico, mentre “Hieroglyph” chiude il disco con le dolci parole sull’Universo di Amy Correia.

Insomma, questo EP sarà sicuramente una delusione per i fan legati alle sonorità di Focus ed in generale per chi apprezzava soprattutto la durezza e la potenza della band. L’ascoltatore senza pregiudizi non può però negare che l’evoluzione di Masvidal e soci stia portando frutti tutt’altro che acerbi. Carbon-Based Anatomy ritorna sì a strutture più tradizionali, ma lo fa con grande qualità ed inventiva; il fatto che questi musicisti suonassero death metal può solo dar maggior ragione al plauso che va fatto loro per questo tentativo riuscito di proporre qualcosa di nuovo (per loro). Siamo certamente lontani dall’avanguardia, ma non posso negare il mio apprezzamento per chi concepisce la pubblicazione di album come la possibilità di percorrere un cammino evolutivo, la cui direzione non è poi così importante. L’importante è non stare mai fermi.

70/100


Sean Reinert: Batteria, percussioni e tastiere
Paul Masvidal: Voce e chitarra
Sean Malone: Basso

Guest:
Amy Correia: Voce

Anno: 2011
Label: Season Of Mist
Genere: Progressive Metal/Ambient/World Music

Tracklist:
01. Amidst The Coals
02. Carbon-Based Anatomy
03. Bija!
04. Box Up My Bones
05. Elves Beam Out
06. Hieroglyph

Banner

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei “social plugin”. Se vuoi saperne di più sull’utilizzo dei cookie nel sito e leggere come disabilitarne l’uso, leggi la nostra informativa estesa sull’uso dei cookie .

Accetto i cookie da questo sito.