Terzo album per questo gruppo di Miami, che suonano un neo-prog di scuola americana, sulla scia di grandi nomi come Spock's Beard, Echolyn,
un impegno notevole quello profuso dai Little Atlas, che indubbiamente hanno messo in campo il meglio delle loro qualità tecniche e compositive. Il songwriting infatti è di ottimo livello, con song che riescono nell'intento di amalgamare molto bene, con classe e gusto le varie influenze che inevitabilmente finiscono per suonare all'orecchio dell'ascoltatore più attento, ma l'album non è assolutamente derivativo anzi traspare chiara una propria personalità in via di maturazione, sopratutto rispetto al precedente “Surface Serene”, ed in cui le varie influenze, ottimamente dosate non fanno altro che dare un "valore aggiunto" ai Little Altlas. L'apertura è affidata a "The ballad of Eddie Wanderlust" con momenti che ricordano gli Yes, specialmente per i fraseggi di basso e tastiera, salvo poi aumentare il ritmo a culminare con un ottimo assolo di chitarra. Per buona parte una ballad molto emozionale è invece Higher in cui giocano un ruolo rilevante le tastiere di Steve Katsikas, anche qui alla fine si cambia registro passando decisamente ad un prog più spinto sempre con il synth a comandare il gioco, ma con linee più nervose. Giochi di voci e momenti più sinfonici caratterizzano invece "Weariness Ridess" che in alcuni passaggi vocali ricorda molto i Gentle Giant. Più nervosa invece "The prisoner" con un attacco più duro delle chitarre e con una voce di Steve Katsikas più ruvida, anche qui, nello svolgersi della canzone si possono leggere tra le righe alcuni richiami, specialmente nei passaggi di voce e tastiera a Genesis e Supertramp. Molto variegata e molto bella è "Home" con un andamento psichedelico che a tratti prende pieghe più decisamente rock, arricchita dall'ennesima ottima interpretazione vocale di Steve Katsikas. Un "muro" di synth apre "On and on" per dare immediatamente il cambio ad un ritmo più beatlesiano per tornare ad un prog più robusto guidato da un ottimo giro di basso e tastiera nello stile di Discipline o Three of a perfect pair di crimsoniana memoria. Peculiare il brano di chiusura "Mirror of life" grazie alla parte di violino del guest Bill Ayasse. Un ottimo disco, in cui spicca la grande interpretazione vocale di Steve Katsikas, unita alle ottime capacità tecniche dei Little Atlas, un disco il cui ascolto scivola via con estremo piacere, senza la necessità di un eccessivo impegno o di particolare attenzione nel cogliere i vari momenti musicali; propedeutico per chi si vuole avvicinare alle sensazioni ed alle sonorità prog. 75/100
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Steve Katsikas: Voce, tastiere, chitarra, sassofono Anno: 2005 Little Atlas Little Atlas @MySpace
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