Raggiunto oramai quasi il ventennio di carriera, i Primal Fear ritornano sul mercato con questo nuovo lavoro che prosegue il percorso di maturazione intrapreso da alcuni anni a questa parte e che li ha visti protagonisti della scena metal mondiale, in particolar modo con il precedente album Delivering The Black, grazie al quale sono riusciti anche a fare capolino nelle classifiche europee e soprattutto in quella del loro paese d’origine. La crescita professionale è percepibile soprattutto a seguito del cambiamento di etichetta a favore della partenopea Frontiers Records che, con piacere, si sta contraddistinguendo per l’oculata e notevole scelta dei musicisti al proprio attivo, ponendosi tra le maggiori case di produzione discografiche a livello mondiale. Rulebreaker si pone, così, e a pieno titolo, tra i migliori album di power metal degli ultimi mesi e probabilmente di quelli a venire. Le sonorità sono potenti e massiccie, così come i ritmi e le strutture dei brani che riescono a piacere sin dal primo impatto. Analogamente deve dirsi per il cantato, perfettamente allineato all’energia sprigionata dalla musica, senza perdersi in tonalità troppo elevate, a mio avviso spesso superfluamente ricercate da altri gruppi similari. A differenza dei primi album, dove i Primal hanno dedicato più frequentemente le proprie attenzioni anche ad armonie che li hanno avvicinati allo Speed Metal, in questo caso, come per i lavori più recenti, Ralf Scheepers e Mat Sinner hanno privilegiato tempi più cadenzati e strutturati su schemi, per così dire, meno frenetici. Ciò nonostante, ce n’è per tutti i gusti: si passa dai ritmi più sostenuti di “In metal we trust”, a quelli modulati ma non meno accattivanti di “Bullet & tears” o della traccia che dà il titolo all’album “Rulebreaker”, fino ad arrivare alla ballata dal taglio più radiofonico “The Sky Is Burning-1”. Come negli ultimi album, è stata inserita anche una traccia di considerevole durata, intitolata “We Walk Without Fear”, che strizza l’occhio al Prog-Metal, articolata su variazioni ritmiche ed assoli di pregevole fattura. I riff e gli incipit dei brani non fanno rimpiangere quelli che finora hanno fatto apprezzare la band, seppur a volte sembrino già sentiti, anche da altri gruppi (forse gli amanti degli Iron Maiden non faticheranno a riconoscere qualche somiglianza in alcuni passaggi). Onore al merito va comunque riconosciuto agli arrangiamenti che a mio avviso fanno di Rulebreaker quanto di più appagante sia attualmente presente sul mercato nel settore del power metal puro. Molto convincente, quindi, questo disco che, a mio personale parere, è forse il migliore della loro produzione, pur senza far gridare al capolavoro. |
Ralf Scheepers: voce Anno: 2016 |