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Muse
The Resistance

Nel bene o nel male i Muse sono una delle band che più hanno fatto discutere nell’ultimo decennio. Pochi altri gruppi han diviso come loro; c’è chi li ritiene degli innovatori, dei geni, ma c’è anche chi li considerata semplicemente dei mestieranti buoni a sfornare qualche singolo e poco altro. La verità di fondo è che il trio inglese non si è ritagliato ancora uno spazio preciso nella scena musicale d’oggi, i lavori prodotti sono a tal punto sfaccettati da attirare (e allontanare) fan dai gusti più diversificati. Le melodie dolci piacciono al pubblico più sentimentale, la chitarra distorta a quello più rockeggiante, gli spunti progressivi e classicheggianti possono intrigare la fetta più intellettuale degli ascoltatori e le influenze Synth Pop spesso ruffiane verso l’elettronica d’oggi strizzano l’occhio al grande mercato. Insomma c’è un problema di fondo che riguarda il ricevente. La musica dei Muse è ibrida, unisce generi totalmente diversi e quindi fatica a trovare un pubblico stabile. Questo fatto si è accentuato infatti da Absolution in poi, quando la band ha iniziato a puntare forte su questa eterogeneità totale. Purtroppo però le ambizioni degli ultimi due dischi non avevano trovato un riscontro egualmente valido nella scrittura dei pezzi. L’ultimo Black Holes and Revelations presentava un mix piuttosto elegante di elettronica e Rock, ma le linee melodiche di Bellamy erano eccessivamente ruffiane e banali, a tal punto da mettere in ombra le notevoli trame musicali del disco. I primi due lavori, meno ambiziosi dei successivi, risultano invece molto più gradevoli grazie alla superiore freschezza dell’impianto melodico.

Arrivati al quinto album, sembra che i tre abbiano finalmente aggiustato il tiro: la ridondanza ha lasciato posto ad una scrittura più matura, molto orecchiabile ma non così sciatta e ruffiana. La qualità superiore delle composizioni si sposa piuttosto bene con la tipica varietà delle parti musicali, in questo episodio particolarmente vivaci e multiformi. Non mancano momenti di intrattenimento quasi commerciale, come "Undisclosed Desires”, un singolo perfetto per MTV, ma emerge sempre una certa maturità nella scrittura. È uno dei dischi più ricchi di influenze degli ultimi anni. La suite “United States of Eurasa / Collateral Damage” ne è l’emblema: archi delicati ad aprire, arabeschi orientali qua e là, cori da opera in stile Queen, un marasma strumentale di grande impatto e per finire Chopin. I Muse si avvicinano con grande originalità al Prog. L’accostamento di generi tanto lontani potrebbe sembrare stridente, ma il risultato è invece ottimo.
Certo, non tutte le canzoni sono così articolate: l’iniziale “Uprising” è un singolo coi fiocchi, ma nonostante ciò presenta una ritmica marziale di stampo New Wave e una serie di riff psichedelici niente male. Quantomeno originale come pezzo per pubblicizzare il lavoro. “Resistance” è semplice Pop Rock, ma ha classe da vendere, così come l’intensa “Guiding Light” in cui Bellamy mostra il suo stato di grazia. “Unnatural Selection” e “MK Ultra” ripescano un po’ dallo stile tirato e potente di Origin Of Symmetry. La prima alterna scariche adrenaliniche a stasi magmatiche, la seconda ha un bel gioco di chitarre granitiche e synth ipnotici, supportato da una ritmica incalzante. La retrò “I Belong to You (Mon Cœur S'ouvre à ta Voix)” con la sua raffinatezza jazzata segna il confine tra la prima parte del disco e la sinfonia finale in tre movimenti. La band esce allo scoperto, mostra le sue ambizioni progressive in modo palese: “Exogenesis”, una suite classicheggiante di buonissima fattura. La prima parte “Overture” si caratterizza per gli archi che disegnano paesaggi tenebrosi, sui quali si staglia una melodia eterea. La seconda parte “Cross-Pollination” è il cuore pulsante dell’opera, con un crescendo emozionante ed improvviso, racchiuso tra dolci note di pianoforte. La chiusura è lasciata al pianoforte celestiale di “Redemption”.

La prova è ampiamente superata, “Exogenesis” è sicuramente la parte migliore di The Resistance e dà un valore aggiunto ad un lavoro di per sé già rispettabile; la band mostra finalmente le sue tanto decantate potenzialità. Certo, ci piacerebbe vedere i Muse sempre impegnati in opere ambiziose come questa o la stessa “Eurasia” e non a perder tempo con ruffianate tipo “Undisclosed Desires” o per tornare indietro con gli anni, “Starlight”. Un disco che non risolve le problematiche legate al pubblico; i Muse restano una band ibrida, che può piacere a chiunque come può fare schifo a chiunque. Difficile stabilire se questa sia una qualità o un difetto, sta di fatto che le canzoni dei tre incorporano una quantità notevole di generi diversi. Questo album è forse l’apice di questo processo di assorbimento totalizzante. Certo, siamo ben lontani dalla perfezione, ma sono stati fatti numerosi passi avanti.

70/100


Matthew Bellamy: Chitarra elettrica, tastiere, sintetizzatore e voce
Dominic Howard: Batteria, drum machine e percussioni
Christopher Wolstenholme: Basso, coro e produzione

Anno: Anno
Label: Helium 3/Warner
Genere: Alternative/Progressive Rock

Tracklist:
01. Uprising
02. Resistance
03. Undisclosed Desires
04. United States of Eurasia / Collateral Damage
05. Guiding Light
06. Unnatural Selection
07. MK Ultra
08. I Belong to You / Mon Cœur S'ouvre à ta Voix
09. Exogenesis Symphony Part I (Overture)
10. Exogenesis Symphony Part II (Cross-Pollination)
11. Exogenesis Symphony Part III (Redemption)

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