Era molto tempo che volevo sentire questo album uscito nel 2000, e alla fine mi sono deciso ad acquistarlo. Mi interessava, infatti, comprendere verso quali lidi si spostava il suono di Dorfmeister, dopo aver apprezzato i remix minuziosi e creativi messi in atto insieme a Peter Kruder nel celebre The K&D Sessions.
Lo pseudonimo Tosca (anche se forse sarebbe meglio parlare di progetto) cela infatti l'identità del suddetto Richard Dorfmeister e del suo vecchio compagno di scuola Rupert Huber. Il risultato ottenuto con questo secondo album (il primo era Opera del 1997) è assolutamente sconvolgente. In Suzuki si fondono alla perfezione, infatti, sperimentalismo, suggestioni ipnotiche, ambient e funky, in un groove che forse è quanto di più vicino possa essere definito "musica del futuro". Lo spirito dell'album è già nel suo titolo. Suzuki, infatti, altro non è se non un tributo al maestro Zen Shunryu Suzuki. E il titolo non tradisce le aspettative. In questa collezione di tracce, infatti, sembra essere possibile intravedere il senso di controllo e di forza (intimamente correlati) peculiari della disciplina Zen... armonia, gusto, ritmo, in una parola (e in senso di estetismo) bellezza, colati nella grande fucina della musica. Si parte da un layout melodico minimale, che si espande in un big-bang di suoni, di colori dei suoni, (questo è uno dei lavori con i migliori suoni che io abbia mai sentito), tenuti insieme, anzi, accompagnati da ritmiche particolarmente felici, un downbeat che sembra prodursi in assenza di gravità. Si tratta, in fondo, di un nuovo pop, di una raffinatezza senza uguali e precedenti... lo stacco rispetto alla gran parte delle produzioni attuali è ravvisabile fin dalle prime tracce. E così si vola... fra il funky, il dub e il downbeat... si tratta di una consistenza ipnotica, un'alchimia assolutamente perfetta: ogni componente è perfettamente funzionale all'insieme e l'insieme sarebbe altro qualora venisse a mancare una sola delle componenti. Sembra di assistere alla rappresentazione sonora di un moderno affresco, in cui si fondono strati di colore, di elementi e di tecniche, per lasciare l'emergenza di un disorientante neonato, che ci fissa con sguardo ipnotico... evocativo. Di tutto quanto è stato prodotto dalla cosidetta Scena di Vienna (anche se K&D sono di Salisburgo, in realtà), questo è uno dei lavori che mi ha sorpreso di più: un'opera assolutamente innovativa, che si lascia ascoltare e riascoltare dall'inizio alla fine, con dei momenti letteralmente maestosi. |
Rupert Huber: Elettronica Anno: 2000 |