Che questo disco debba considerarsi un masterpiece è fuori di dubbio. Meno certo, invece, che ciò sia dovuto alla presenza di Jimmy Page, qui relegato a mera comparsa, semplice gregario al servizio di altri. La paternità dell'album, quindi, dovuta semplicemente alla notorietà mondiale acquisita dal chitarrista in tempi successivi, è puramente pretestuosa, sfruttata biecamente da una misconosciuta label discografica per la quale un titolo così ridondante rappresentava certamente una ghiotta occasione di sfruttamento dei luccicanti riflessi Zeppeliniani. Ed infatti, l'album usciva nel 1972, cioè nel corso di uno dei momenti di massimo splendore del gruppo inglese. Ma partiamo dall'inizio: l'opera raccoglie una session in studio (interamente registrata dal vivo), organizzata attorno al noto armonicista e cantante blues Sonny Boy Williamson da Giorgio Gomelsky, manager degli Yardbirds. Il tutto ebbe luogo presso gli IBC Studios di Londra il 28 gennaio 1965 e coinvolse una formazione comprendente, oltre a Jimmy Page, Brian Auger alle tastiere, Ricky Brown al basso, Joe Harriot e Alan Skidmore al sax, Mickey Waller alla batteria. Quest'ultimo così ricorda quell'esperienza: "Abbiamo iniziato alle ore 10.00 e concluso all'una di notte. È stato fatto tutto completamente dal vivo, non c'erano sovraincisioni: ci siamo seduti in cerchio e abbiamo suonato. Sonny Boy si ubriacò e i suoi tempi irregolari ci diedero qualche problema". Per la cronaca, non era la prima volta che il bluesman suonava con musicisti inglesi: aveva infatti effettuato un tour in Europa nei primi anni '60 con gli Animals e aveva inciso un disco con gli Yardbirds, prima che vi entrasse Page, quando era ancora della partita Eric Clapton che parlò dell'americano descrivendolo "un personaggio". "La parte più difficile di quella collaborazione", disse successivamente, "fu che non ero per niente un suo grande fan. Ed infatti non andammo per niente d'accordo: pensava che non suonavamo bene mentre per me lui era un tipo stravagante e gratuitamente cocciuto". Dal canto suo, quando gli venne chiesto cosa pensasse degli Yardbirds, Sonny Boy rispose sarcastico: "quei ragazzi britannici vogliono suonare il blues veramente male e ci riescono perfettamente" (l'album che segnava l'incontro tra i due si intitolava "Sonny Boy Williamson and The Yardbirds" e fu pubblicato nel dicembre 1965). Tornando al titolo qui recensito, convocati i musicisti di cui sopra, "Sonny Boy entrò nello studio" - si legge nel libro "Hammer Of The Gods" - “si aprì una bottiglia di scotch spezzandone il collo, fece una cenno agli sbalorditi giovani musicisti, provò i pezzi una volta e li incise senza ulteriori esitazioni. A Page furono affidati gli assoli di “I See A Man Downstairs” e “Little Girl, How Old Are You?” ma per il resto Sonny Boy lo seppellì con la sua armonica amplificata. Le sedute si svolsero nel caos totale: Williamson continuò a confondere i musicisti con lunghe pause e arcane strutture blues che sembrava inventate lì per lì". Il testo dice il vero: Jimmy Page è inesistente in almeno sei degli otto pezzi che compongono la tracklist, mentre è appena percepibile nei due brani appena citati, peraltro in uno stile che non può neanche essere considerato prodromico di quello che poi lo caratterizzò negli Zeppelin. Questo, ovviamente, non vale soltanto per il chitarrista, ma anche per Brian Auger: sebbene più presente del collega chitarrista, egli appare quale mero gregario, come tutti gli altri musicisti, del resto. L'ascolto suggerisce un'evidenza cristallina: a tirare le fila, in studio, c'era il bluesman americano, unico vero protagonista del disco. In questo senso, l'opera può senz'altro essere considerata un genuino esempio di viscerale blues americano, poco rilevando che fosse suonato in Inghilterra da musicisti prevalentemente bianchi autoctoni e che il leader della formazione li considerasse poco abili nella interpretazione della musica nera (cosa, peraltro, assolutamente lontana dalla verità). |
Sonny Boy Williamson: vocals, harmonica Anno: 1972 Tracklist: |