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La seconda giornata del festival inizia di buon mattino, visto che molti si trovano sul luogo già dal giorno prima e, in attesa dell'apertura dei cancelli, passano tempo davanti alle bancarelle. Nella fila molto ordinata notiamo un maggior numero di persone rispetto a ieri e, nello specifico, un ricambio generazionale, visto che sono presenti molti giovanissimi, probabilmente intervenuti per vedere gli Slipknot. A giudicare dalla scaletta, comunque, sarà una giornata un po' più varia della prima, basata sull'equilibrio tra due dei "settori" dominanti di oggi, cioè prog e death metal.
Ad aprire sono gli americani The Black Dahlia Murder, che annichiliscono il pubblico con brani thrash-core come “Miasma” e “Funeral Thirst”; la mezz'ora a loro disposizione passa abbastanza monotona, visto che i pezzi sono troppo simili tra loro, nonostante qualche assolo che spezza il ritmo furioso. Un impatto eccezionale, è vero, ma non riusciamo a farcelo bastare.
Si continua con gli Static X, che si dimostrano veramente abrasivi, con il loro industrial metal molto compatto e tendente al death; parecchie canzoni sono arricchite da effetti dark e, grazie ad una tecnica discreta, il concerto, concluso dalla martellante “Push It”, risulta abbastanza vario. Un gruppo interessante, anche se non fenomenale, che certamente lascia un'impressione migliore rispetto al precedente.
A mezzogiorno tocca ai Cynic: la band di Paul Masvidal intreccia fin dall'inzio i suoi affascinanti effetti che nonostante l'ora ingrata riescono ad attirare un buon numero di spettatori interessati. La prima parte dello show è più tendente al prog, con vari cambi di tempo, mentre nel finale le canzoni sono un po' più pesanti, più vicine ai canoni death, con una continua alternanza tra voce pulita e growl: più prog che death, quindi, per una prova molto professionale, basata su quaranta minuti di composizioni elaborate e raffinati effetti. Da segnalare tra i brani più riusciti le ottime interpretazioni di due degli episodi più importanti dell'ultimo album "Traced in Air", ovvero "Integral Birth" ed "Evolutionary Sleeper".
E' noto che i Napalm Death non brillano per la varietà dei pezzi; non è la cerebralità, però, che la folla chiede loro, bensì una formidabile scarica elettrica. L'avvio è di stampo death metal, mentre il finale è all'insegna del puro grind, con velocissimi brani che durano meno di un minuto: in particolare, “Scum” e “Siege of Power” scatenano un pogo selvaggio, veramente incredibile se consideriamo che sono le 13.30 e che oggi non ci sono le nuvole a proteggere gli spettatori dal sole. Una prestazione veramente energica, con le voci come unica pecca; la colpa, però, non è del cantante, che alterna scream e growl a raffica, bensì del microfono, che non ci sembra regolato a dovere, visto che pure nelle numerose discussioni con il pubblico le parole non si distinguono correttamente.
Saltata l'esibizione dei Saxon, a causa di problemi al loro tour bus, dopo oltre un'ora di pausa forzata appaiono sul palco i Mastodon, esecutori di un prog metal aggressivo e di buona fattura. Peccato per alcuni problemi legati al suono ed alla strumentazione, problemi che a nostro avviso hanno fortemente condizionato la prova della band di Atlanta. Le canzoni sono molto varie, visto che si va dai pezzi violenti a quelli più ragionati; i Mastodon sfruttano spesso le doppie voci, anche di stampo death, ma a colpirci particolarmente è l'utilizzo di suoni celtici e di effetti psichedelici, sicuramente d'effetto, come d'altronde non poteva essere altrimenti, come ad esempio, nella lunga "The Czar" tratta dall'ultimo lavoro "Crack the Skye". Quaranta minuti molto interessanti, basati su potenza e varietà, anche se, a parità di genere, i Cynic ci sono sembrati superiori.
E' il momento di Tarja, ex cantante dei Nightwish, che si presenta con un ritmato sinfonico; segue un brano cadenzato, supportato da violoncello e tastiere. Si continua con pezzi veloci arricchiti da cori, anche di stampo epic, alternati a passaggi lenti basati su tastiere dominanti, in mezzo a vari cambi di tempo, tutti di ispirazione melodico-sinfonica. Tarja canta intensamente dei brani tratti dal proprio debutto solista, ma anche, ovviamente, alcuni lavori dei Nightwish; prima di concludere, però, è artefice della distruzione di “Poison” di Alice Cooper, visto che la versione proposta è troppo ammorbidita rispetto all'aggressività dell'originale risalente a vent'anni fa.
Alle 17 appaiono sul palco i Down, ovvero sua maestà Phil Anselmo. Le canzoni sono compatte, macinanti, alcune addirittura feroci: in particolare ricordiamo la veloce “New Orleans is a Dying Whore” e la potente “Losing All”. Il gruppo è veramente in gran forma, visto che dagli strumenti scaturisce un impatto deflagrante, ma anche qualche opportuno momento melodico o solistico; Phil Anselmo passa senza problemi dallo scream al growl e dialoga non solo con gli spettatori più vicini, ma anche con quelli che si trovano davanti all'altro palco, dando così prova di alta professionalità e capacità di tenere la scena in modo impressionante.
All'improvviso sbuca Fratello Metallo, che non era contemplato in scaletta e Phil lo saluta cordialmente, per poi riprendere il concerto: siparietto assolutamente evitabile, purtroppo applaudito, per fortuna non in modo uniforme, visto che volano anche i fischi. Speriamo che i Down abbiano preso il tutto come una presa in giro, anche se purtroppo non lo è, visto che il frate è ormai onnipresente e non solo al Gods of Metal.
Si chiude con una spettacolare “Bury Me in Smoke”, ancora più intensa per via della partecipazione di ospiti di lusso come i Mastodon; non ancora stanco, Anselmo accenna i ritornelli zeppeliniani di “Whole Lotta Love” e “Stairway to Heaven” per congedarsi dall'auditorio, concludendo in bellezza un'ora di suoni terremotanti, sicuramente una delle performance migliori fin qui viste in questa seconda giornata di Gods.
Non contento di quanto avvenuto poco prima, Fratello Metallo intacca nuovamente la laicità dello Stato e, con essa, anche quella del Gods of Metal; purtroppo ci siamo ormai abituati, visto che personaggi molto più influenti di lui invadono quotidianamente i palinsesti televisivi. Il frate, approfittando della pausa, si impossessa del microfono, fortunatamente per meno di tre minuti, giusto il tempo di rivelare un nuovo “mistero della fede”: Fratello Metallo non è lui come uomo, bensì il metallo stesso! Il tutto viene proferito con enfasi e solennità tali che non riusciamo a capire se siamo davanti ad un caso di presunta saggezza dell'età avanzata oppure se si tratti di un peggioramento del livello di banalità, comunque quello che è certo è che nessuno sentiva il bisogno di questa “rivelazione”. Il prete lascia il palco tra il solito misto di applausi, fischi ed insulti.
Tocca ai Blind Guardian reintegrare la nostra profanata laicità, con una prova veramente esaltante. L'intro recitata “War of Wrath” è seguita dal mid-tempo epic “Time Stands Still (at the Iron Hill)” e dal possente power metal “This Will Never End”. Una “Nightfall” cantata su una tonalità più bassa rispetto al disco fa comunque registrare un forte applauso, data la grande partecipazione dei fan durante l'esecuzione dei cori. Dopo un altro rapidissimo power, si arriva al veloce power-epic “Turn the Page”, che poggia sui cori e su un valido assolo; segue un brano piuttosto complesso, dotato di parecchi cambi di tempo e di un paio di assoli.
Dopo il power “Goodbye My Friend” ed una canzone dal ritmo oscillante tra la dolcezza ed il mid-tempo, si susseguono, purtroppo troppo in fretta, il potente power “Valhalla”, risalente alla preistoria del gruppo e la sempre esaltante “Imaginations from the Other Side”, nuovamente all'insegna dei cori e di un possente power-epic. La conclusione è affidata all'acustica “The Bard's Song”, molto apprezzata dal pubblico, ma soprattutto all'esplosiva “Mirror Mirror”, al termine della quale si solleva un'autentica ovazione. Un'ora ed un quarto di pura arte, di tecnica sopraffina e di emozioni, dettate non solo dalla prestazione del cantante, bensì da quella di tutti i musicisti, che lo hanno ben sorretto nei cori, visto che le tonalità acute esibite negli album sono difficilmente raggiungibili dal vivo.
Si giunge così all'esibizione dei Carcass; il death metal proposto è quello primordiale, sia feroce che tecnico, a seconda dell'occorrenza. I pezzi si susseguono per circa un'ora ed un quarto, spaziando da potenti cavalcate a devastanti accelerazioni, da assoli al fulmicotone a rallentamenti doom: ricordiamo in particolare “Reek of Putrefaction” e “Symphonies of Sickness”.
C'è anche spazio per una discussione sulla non esistenza di Dio, riferimento all'ordine di ingresso della sera precedente ed applaudita da quanti l'hanno compresa, mentre dietro il palco un tramonto rosso sangue porta un tocco d'atmosfera al concerto ormai in chiusura. I Carcass hanno offerto una dignitosa prestazione, sia come impatto che come solismo; probabilmente sono stati un po' difficili da digerire, posti tra i Blind Guardian ed i Dream Theater che stanno per arrivare, ma è proprio grazie a questa posizione in scaletta che si è variato intelligentemente un po' il ritmo, accontentando giustamente anche gli appassionati del death metal tradizionale.
Dopo una lunga giornata all'insegna del buon Metal siamo giunti ad uno dei momenti più attesi di tutta questa edizione del Gods, sicuramente il più atteso almeno per la metà dei presenti: l'esibizione dei Dream Theater.
Notiamo che non c'è alcuna scenografia e che l'unica nota rilevante è la tastiera posta su una pedana in grado di ruotare, soluzione peraltro già nota ed usata da Jordan Rudess. Si inizia con un'intro elaborata, poi il brano si solleva in un prog intenso e ricco di assoli; non c'è solo la melodia, naturalmente, visto che si cambia tempo continuamente, con salti improvvisi da passaggi veloci e martellanti a pause atmosferiche ed addirittura psichedeliche, dall'uso delle doppie voci ad assoli di chitarra capaci di simulare momenti pinkfloydiani.
Tra i pezzi citiamo “Erotomania”, prog melodico interamente strumentale, l'imponente e veloce “Pull Me Under”, ma soprattutto la conclusiva “Metropolis Pt. 1”, che dopo un avvio cadenzato cresce in velocità, grazie agli assoli di tutti gli strumenti: dapprima il basso, poi le tastiere, protagoniste di effetti spaziali, quindi chitarra e batteria, infine tutti insieme all'unisono, per dar vita ad una versione lunghissima ed emozionante. Dopo un'ora e mezza di tecnica ed aggressività dosate in modo perfetto, scatta la meritatissima ovazione finale, per una formazione che si conferma sempre professionale e precisa, oltre che in serata particolarmente riuscita, specialmente per quel che riguarda proprio James LaBrie, spesso criticato per quel che riguarda le performance live.
A chiudere il festival sono gli Slipknot, attesissimi dal pubblico più giovane, mentre una notevole quantità di folla comincia a defluire verso i cancelli, visto che, dopo aver visto all'opera i Dream Theater, difficilmente si potrà assistere a qualcosa di tecnicamente più elevato.
Si diffonde un'intro soffusa, seguita da effetti digitali martellanti; gli effetti sono anche visivi, dato che il percussionista viene fatto ruotare, salire e scendere tramite una pedana speciale. Tra le canzoni ricordiamo la veloce “Wait and Bleed”, “Before I Forget” ed una massacrante “People = Shit”. Seguono due bis: il primo propone un bombardamento elettronico degno degli Hawkwind, fatte le dovute differenze di stile e di epoca; segue “Spit It Out”, violento rap industriale, durante il quale la batteria girevole si solleva e si piega nella nostra direzione, facendo esplodere il delirio dei presenti rimasti, manifestato tramite uno sfrenato headbanging.
La band fa della pesantezza e della velocità le proprie bandiere, ma riesce ad alleggerirsi grazie all'uso frequente di effetti e clean vocals commercialmente radiofonici. Da un punto di vista tecnico, però, gli assoli sono troppo brevi: per rendere l'idea, non arriviamo neppure ad appuntare su un taccuino la parola “solismo”, visto che, nel frattempo, il solismo stesso è già terminato! Registriamo, quindi, una prova molto intensa, strutturata principalmente sulla violenza sonora; ammettiamo che la band dell'Iowa non rientra appieno in quelli che sono i nostri gusti musicali, ma la compattezza, la cura dei dettagli e nel complesso la spettacolarità dello show proposto ci fanno comprendere il motivo di tanto entusiasmo attorno a loro.
Dal punto di vista musicale è stato un Gods of Metal molto qualitativo, che non ha lasciato dietro di sé grandi lamentele. Certo si poteva dare un pò di spazio anche ad altri generi, come il Black Metal ad esempio, ma è risaputo che è impossibile accontentare tutti; secondo noi, comunque, al di là degli stili, andrebbe rivolto magari un pizzico maggiore di attenzione ai gruppi italiani, visto che alcuni dei nostri sono certamente superiori a certe formazioni che si sono esibite nei due giorni. Si è rivelata vincente la scelta dei due palchi, che ha permesso di evitare sia gli affanni per gli addetti ai lavori, sia ritardi eccessivi in scaletta, sempre piuttosto noiosi; bene anche la presenza di numerose zone d'ombra, di fontanelle per potersi rinfrescare e la presenza di molti servizi igienici.
L'organizzazione nel complesso, pur dimostrandosi sufficientemente all'altezza, ha ancora, ma è naturale che sia così, ampi margini di miglioramento. Sono certamente superabili, infatti, la difficoltà per uscire e rientrare, come pure la paurosa attesa in fila per un panino è cosa che si può, in futuro, cercare di evitare: è opportuno, a nostro avviso, dotare tutti di braccialetto fin dall'ingresso o aumentare le postazioni per la distribuzione di vivande. Riteniamo, infine, che la presenza di un maxischermo avrebbe permesso ai più lontani dal palco di assistere in modo migliore alle prestazioni degli artisti, molte delle quali sono state di qualità eccellente e, pertanto, rimarranno scolpite nella memoria di ognuno di noi. Ma sicuramente, in definitiva possiamo parlare di un Gods of Metal riuscito, sicuramente uno dei migliori degli ultimi anni, sia come contenuto qualitativo che per organizzazione.
Data: 28/06/2009
Luogo: Monza - Stadio Brianteo
Genere: Metal