La constatazione quotidiana dell’inesorabile deriva alla quale è destinata la nostra società, oltre a provocare in noi un violento moto di rabbia, accresciuto dall’impossibilità di cambiare questo nefasto stato di cose, ci spinge spesso a macinare chilometri per assistere a qualche concerto degno di tale nome. Inutile dire che, essendo a conoscenza dell’organizzazione di una serata “estrema”, non abbiamo certo esitato davanti ai falsi ostacoli di un’oretta di strada e dell’investimento di un po’ di benzina, anche se i signori del petrolio ed i loro amici che contano hanno da un bel pezzo deciso di dissanguarci.
Poco male, dato che la spesa (piccola, ma, al giorno d’oggi, pur sempre significativa) viene ampiamente compensata da una prestazione ricca di energia, anche se carente di pubblico. E’ vero che il locale dove si tiene l’evento, cioè la Birreria Maracanà di Spinetta Marengo, facilmente raggiungibile, a pochi chilometri da Alessandria, non è certo grande, né si può definire come un luogo nato per i concerti; in questi casi, comunque, sono l’attitudine ed il divertimento a creare la differenza.
Lack of Resort (Foto di repertorio)
Verso le 23 aprono i Lack of Resort, cinque ragazzi provenienti da Novi Ligure, esecutori di un misto di thrash e death metal piuttosto omogenei. Gli spettatori, a dire il vero, durante la prima esibizione sono più numerosi, infatti siamo costretti a stare un po’ defilati: ciò non ci impedisce di apprezzare l’energia con cui il cantante Antonio Calderone urla nel microfono tutta la sua rabbia, ben coadiuvato dalle due chitarre di Marco Lazzarini e Luca Fortunato, abili sia durante i pezzi propri, come il brano di apertura “Black Blood” ed il successivo “River of Souls”, che durante la cover dei Kreator “Phobia”. La dedica a Mille Petrozza non viene applaudita come meriterebbe, forse perché la band in questione non è tra le più amate, specialmente tra i più giovani, ma chi appartiene alla vecchia guardia, come noi, pensa che ci vorrebbero più spesso dei tributi a musicisti che hanno scritto grandi pagine di storia del thrash metal, come in questo caso.
Si torna ai pezzi personali con “Bloodshed”, “Utopia” e “Die”, travolgenti, grazie anche all’apporto della sezione ritmica, formata da Giancarlo Moccagatta al basso e Alessandro Levrero alla batteria, fino alla conclusione, affidata a due brani dei Children of Bodom, cioè “Sixpounder” e “Hate me!”. Il gruppo chiude dopo circa quarantacinque minuti, tra gli applausi, preceduti da un furioso headbanging, un’esibizione discreta, dove poco spazio è stato concesso all’immagine ed allo show e molto alla sostanza ed alla violenza musicale, tra un assolo al fulmicotone ed un assalto ritmico, un misto di thrash slayeriano e death più tecnico: non solo violenza fine a se stessa, quindi, ma anche dimostrazione di buona qualità musicale.
Svart Vold (Foto di repertorio)
Subito dopo appaiono gli Svart Vold da Alessandria, un po’ più navigati, almeno a nostra impressione, ma più sfortunati con i suoni e, comunque, penalizzati dall’acustica rispetto a chi li ha preceduti. Infatti, mentre il microfono del growler Peli from Hell lo pone abbastanza in evidenza, quello dello screamer e bassista Carto lo penalizza molto, visto che a volte non si distinguono bene neppure le parole di presentazione delle canzoni, figurarsi un cantato death! In ogni caso, anche qui è la potenza a compensare i deficit audio; dopo una breve intro, parte “Sick by the Society”, seguita da “Nameless”. La cover dei Tribalistas “Ja se ‘namorar” non è certo quello che si dice un brano adatto ai metallari, ma i musicisti la adattano alle loro caratteristiche in modo da renderla poco riconoscibile, ritornello a parte.
Si torna ai pezzi originali, alcuni dei quali sono contenuti nel demo “The Black Poison”. Uno di questi è “Born to Be Hated”, in cui ci accorgiamo, con colpevole ritardo, che un chitarrista, Mark, è lo stesso che aveva suonato precedentemente; non possiamo che complimentarci doppiamente, non per fare graduatorie tra gli strumentisti, ma perché si è sacrificato con professionalità in entrambi gli spettacoli. L’altra ascia è Angel of Death, che frequentemente si lancia in assoli abbastanza riusciti, a dimostrazione che suonare death non significa solo fare un po’ di baccano, come è convinzione dominante ai giorni nostri, purtroppo. Si continua “We Are Rebels” e “Svart Vold”, ben supportati dal batterista Fra, determinato nel colpire il proprio strumento in modo opportuno.
La chiusura è affidata a “Demons and Devils”, durante la quale Carto, ancora alle prese con un microfono davvero impietoso, ci invita a sederci e, al suo comando, alzarci e scatenare il pogo selvaggio; è così che, come spinti da un impulso interno di allontanamento dalla piattezza di alcuni giorni lavorativi, finiamo anche noi in mezzo alla devastazione, per nostra fortuna non troppo eccessiva, visto l’esiguo numero di presenti rimasti: divertimento, quindi, senza incidenti, come vorremmo accadesse sempre. Gli Svart Vold si congedano tra gli applausi degli affezionati, anche loro dopo circa quarantacinque minuti, dopo una prestazione in cui si è fatto discreto uso della tecnica, anche perché il genere proposto è un po’ più estremo di quello dei Lack of Resort, anche per via di frequenti incursioni nel grindcore.
Dopo le dovute presentazioni, i complimenti e lo scambio di chiacchiere costruttive (non potrebbe essere altrimenti, quando si incontra gente che sa il fatto suo, nonostante la giovane età), ci congediamo per tornare a casa, accompagnati da un graditissimo fischio nelle orecchie e da un pensiero rimbombante nel cervello: cosa succederà quando questi due gruppi matureranno, se già a quest’età possiedono una personalità così notevole? Il futuro ha radici antiche, come ben sanno questi ragazzi, che, senza abbandonarle, riescono ad introdurre sprazzi di modernità, che li rendono attuali ed adatti alla difficile competizione nel complicato mercato musicale europeo.
Data: 10/05/2008
Luogo: Spinetta Marengo (AL) - Birreria Maracanà
Genere: Thrash/Death Metal