Milano, 28 Novembre 2007 - Alkatraz
I fondatori del power metal così come oggi lo conosciamo, cioè i Maestri Helloween, tornano in Italia per promuovere il loro ultimo disco "Gambling with the Devil" e lo fanno in grande stile, visto che si portano dietro un gruppo tra i più amati nel settore, i loro concittadini Gamma Ray, forti di un ex di lusso come Kay Hansen, per un tour da co-headliner denominato "Hellish Rock" che si preannuncia favoloso, per via dello spessore mondiale delle due formazioni, ma anche e soprattutto per il lato emozionale, dato che, se non è una reunion effettiva, è pur sempre un concerto di grande rilevanza storica. Arrivati davanti all'Alcatraz di Milano, facilmente raggiungibile dalla Stazione Centrale anche a piedi, sentiamo già che c'è qualcosa di "magic in the air": la gente, disposta in una fila abbastanza numerosa, attende in modo ordinato l'apertura dei cancelli, tra i venditori di magliette, i bagarini ed il traffico cittadino, neppure tanto caotico, considerando che parliamo di una metropoli. Il locale, dal punto di vista della capienza, è praticamente un mezzo palasport, anche se le parti sopraelevate, che potrebbero fungere da spalti, sono molto limitate e vengono occupate dai primi arrivati. C'è abbastanza spazio per tutti, comunque, così decidiamo di raggiungere le prime file davanti al palco, preferendo avere davanti qualche testa di troppo che ostruisce ogni tanto la visuale ravvicinata, piuttosto che godere di una prospettiva senza ostacoli, ma simile a quella del terzo anello dello Stadio Meazza.
Intorno alle 19 sale sull'esteso palco il gruppo spalla, gli Axxis, anche loro tedeschi, che si danno molto da fare per riscaldare gli animi, con una sezione ritmica che supporta degnamente gli assoli. Se dal lato tecnico la band conosce il proprio mestiere, come è giusto che sia in ambito power, i brani non ci sembrano particolarmente interessanti, forse perchè il cantante è praticamente la copia vocale di Rob Halford o di Ralf Scheepers, forse perchè è veramente difficile trovare qualcosa di originale nella musica di oggi. Gli Axxis provano anche a variare, a dir la verità, tramite la tastiera e la doppia voce femminile, in prestito dai Magica, che interviene solo in alcune canzoni, ma non ci sembra brillare più di tanto. Sappiamo bene, comunque, che aprire un concerto non è assolutamente facile, specie sapendo chi suonerà dopo, quindi non condanniamo di certo il gruppo, che è stato ammirevole. Il cantante, in particolare, a parte l'estetica (a metà strada tra Freddie Mercury ed un muratore, per via della canottiera che indossa), tiene ottimamente la scena, un po' con discorsi in italiano preparati su un foglietto, un po' con dei balli scatenati, che a tratti diventano pure ridicoli, ma, se non altro, assistiamo ad uno spettacolo e non ad una fredda esibizione. Ci sembra corretto riportare, però, che alcuni - che vivono a Milano ed avevano già visto varie volte le due formazioni principali - erano qui soltanto per vedere gli Axxis, che di certo non hanno deluso le aspettative, visto che hanno suonato per circa mezz'ora, per una prestazione che, nel complesso, ha superato la sufficienza.
Dopo una breve attesa, dovuta al cambio delle apparecchiature, appaiono gli attesissimi Gamma Ray: dapprima gli strumentisti, infine Kay Hansen, in splendida forma atletica e sorridente, come chi sa di essere aspettato al varco, ma è sicuro del fatto suo. Il pubblico comincia a cantare parola per parola "Heaven Can Wait", stritolato tra il basso feroce di Dirk Schlächter e le due chitarre assassine di Henjo Richter e dello stesso Hansen, mentre alla batteria Daniel Zimmermann fila veloce come un treno ed Alessio Gori è il valido tastierista aggiunto; "Land of the Free" suscita sempre grandi emozioni, come pure "Real World". Tra gli altri brani, ricordiamo "Heavy Metal Universe", dove Kay fa da intrattenitore, indicando quando cantare il ritornello, prima solo alle donne, poi soltanto agli uomini, per un pezzo di notevoli intensità e partecipazione. Se anche i Gamma Ray, band osannata da molti come la migliore attualmente in ambito power, quindi non certo un gruppo da pensionamento (anche perchè per le pensioni è un momento un po' difficile, nostro malgrado, in tutta Europa), introducono ancora nella scaletta un brano inneggiante all'heavy metal nella sua integrità - anzichè limitarsi al ristretto ambito power, pur essendone fieri rappresentanti - perchè mai alcuni modernisti si ostinano a dire che questa attitudine è superata? La verità, secondo noi, è che purtroppo il falso metal è ancora vivo, sebbene riciclato sotto altre vesti, ma i Gamma Ray fanno tutto il possibile per spazzarlo via e ci riescono alla grande, grazie ad un'immagine tradizionale (dove gli indumenti di pelle nera la fanno da padroni) e ad un suono scintillante, anche se ogni tanto qualche strumento sovrasta un po' gli altri. Ma è questione di un attimo, dato che l'acustica torna presto ottimale: tra eccellenti passaggi in slap e tapping, si giunge alla grande conclusione con "Ride The Sky", "Valley Of The Kings" e "Send Me A Sign". Molto più coinvolgenti degli Axxis, anche perchè più conosciuti, i Gamma Ray hanno offerto ai circa 2500 presenti una discreta prestazione; non possiamo dire che il timbro di Hansen sia strepitoso, com'è noto, ma lo preferiamo alle tipiche vocine che hanno ormai saturato il mercato. Spiace constatare che anche durante questa esibizione notiamo qualcosa di "già sentito"; non bramiamo per essere lapidati dai seguaci più sfegatati dei Gamma Ray, in quanto colpevoli di lesa maestà, ma riteniamo che non ci voglia molto ad infiammare l'auditorio utilizzando spezzoni somiglianti a canzoni leggendarie come "Paranoid" o "Child in Time". Non vogliamo parlare di plagio o di scopiazzatura, ma è inevitabile notare qualche assonanza qua e là, rielaborata, comunque, in modo interessante ed aggiornato ed eseguita in modo impeccabile.
Ancora un'attesa, stavolta più lunga della precedente, per smontare l'armamentario: degni di applauso i tecnici di palco, gente umile che resta sempre nell'ombra, ma senza i quali non sarebbe possibile alcun tipo di spettacolo. Dopo una breve intro avvolta nell'oscurità, si accendono i riflettori e ci appare la sorpresa che non ci saremmo mai aspettati: un'immensa scenografia, precisamente una voluminosa ruota che gira dietro la batteria ed un pupazzo gigante, che troneggiano anche sulla copertina del CD; la batteria stessa è enorme, ma non grossolana, bensì molto raffinata, dato che Dani Löble è ben visibile, pronto ai comandi del proprio strumento. Ai suoi lati gli altri, mentre, anche nel caso degli Helloween, il cantante entra per ultimo; inutile dire che, quando l'apertura è la storica "Halloween", l'entusiasmo cresce senza bisogno di stimolarlo particolarmente. Andi Deris si presenta con un giubbotto decoratissimo, invidiato da molti dei presenti. Si continua con "Sole Survivor" e con l'epica "March of Time", per una continua alternanza tra brani nuovi ed altri dell'era Kiske. Seguono "As Long as I Fall", orecchiabile ed interessante, e "Eagle Fly Free", applauditissima. Tra gli altri brani, c'è spazio per un momento di tenerezza con "A Tale that Wasn't Right", attimi da sogno, da favola, spezzati dall'aggressività di "We Burn" e "Doctor Stein", mentre il caldo, già da tempo, comincia a farsi davvero opprimente. C'è spazio per un siparietto teatrale, degno di Alice Cooper, in cui i musicisti provano a dissacrare la celebre "Smoke on the Water", cantandola con la voce di Paperino, ma arriva presto la punizione finale, dato che i colpevoli vengono "fucilati" con suoni di chitarra effettati. E' puro delirio, ma deve ancora benire il bello: un medley di una decina di minuti, con l'esecuzione di "Perfect Gentleman Pt. 1", "I Can", "Where The Rain Grows", "If I Could Fly", "Perfect Gentleman Pt. 2", "Power" e "Keeper Of The Seven Keys". Un medley possiede il pregio di accontentare tutti, eseguendo sprazzi di più canzoni nello stesso tempo in cui se ne potrebbero suonare due, ma ha anche l'enorme difetto di limitare un pezzo praticamente al solo ritornello o poco più. E' normale che non si possa pretendere l'intera esecuzione della suite "Keeper of the Seven Keys", però la mutilazione di "If I Could Fly" o "I Can" lascia un po' di amaro in bocca. Richiamati a fuor di popolo dal coro "Happy, happy Helloween...", i protagonisti tornano sul palco per i bis, insieme ai Gamma Ray, per due canzoni leggendarie come "Future World" e "I Want Out". Il gran finale vede così Hansen tornare per una volta con i vecchi compagni, anche se solo per lo spazio di due brani, durante i quali si scatena il delirio, tra pogo sfrenato e disperati tentativi di fotografare l'evento in mezzo alla calca, mentre le due band si lanciano in un festival del solismo e del puro divertimento. Duettano anche i vocalist: è il padrone di casa, in questo caso Andi, a lasciare spesso il posto al titolare, visto che anche Kay diede un nutrito contributo alla composizione. Magari non c'è perfezione, per una volta, ma... Che intensità! Che poesia! Solo chi ha una certa età o chi ha ascoltato i due Keeper fino a consumarli può capire ciò che provavamo in quel momento e ciò che porteremo a lungo con noi, negli occhi e nel cuore. E' innegabile che l'ugola divina di Michael Kiske rimane insuperabile, ma Andi Deris si cimenta nell'arduo compito (dimostrando che solo quando il gioco si fa duro i veri duri iniziano a giocare), a volte abbassando leggermente la tonalità, a volte facendo cantare il pubblico, a volte accorciando l'acuto. Non ci sentiamo di dire, come hanno fatto in tanti, che Deris ha ucciso i capolavori tratti dall'era Kiske; piuttosto invitiamo i denigratori a capire che Kiske non canta più con gli Helloween da oltre dieci anni! Occorrerebbe iniziare a rassegnarsi ed a smetterla con paragoni improponibili, poichè Andi ha dato tutto sul palco, cercando di non sfigurare ed il risultato è stato discreto (se proprio non riusciamo a scacciare il fantasma dell'illustre predecessore) o addirittura buono (se evitiamo paragoni e consideriamo la prestazione senza alcun metro di riferimento). Ricordiamo anche gli altri, naturalmente: le due chitarre al fulmicotone del membro storico Michael Weikath e del giovane Sascha Gerstner, eleganti anche nel vestiario; l'altro elemento storico, il sorridente bassista, Markus Großkopf, preparato e decisivo nei suoi pochi interventi; infine, un batterista che ha avuto a disposizione più spazio rispetto ai compagni, ma che, in quell'assolo, ha dimostrato di non essere da meno del collega dei Gamma Ray, anche grazie all'effetto scenico dei fuochi d'artificio, sparati da una batteria che, effettivamente, ci era sembrata particolare fin dall'inizio. Un'esibizione, a nostro parere, di poco superiore a quella dei Gamma Ray, sia per gusto personale, sia per constatazione di ciò che avveniva tra la folla, come pure per l'uso di una scenografia accattivante.
Lasciamo ordinatamente l'Alcatraz, in mezzo alla gente in estasi ed alle magliette dal prezzo dimezzato rispetto all'inizio. Non è neppure mezzanotte ed avremmo voluto davvero che la nottata non finisse mai, ma non siamo tipi da aspettare miracoli, quindi ci rassegnamo e torniamo lentamente verso la stazione. C'è stato chi si è lamentato del fatto che il concerto non è stato proprio da co-headliner come preannunciato, visto che gli Helloween hanno usufruito di qualcosa in più in termini di tempo, ma ci sembra normale che chi ha più storia alle spalle suoni più a lungo; c'è stato anche chi ha avuto da ridire sui troppi brani tratti dai Keeper, a scapito degli album recenti, ma, evidentemente, scegliendo questa scaletta, anche gli Helloween stessi riconoscono che, dopo quelle due pietre miliari, hanno sfornato album certamente discreti, ma non paragonabili a quelle vette artistiche: non capiamo, pertanto, per quale oscuro motivo dovrebbero rinnegare il passato per far maggiore posto ad un presente che, obiettivamente, non è il massimo. Noi riteniamo che, al di là delle visioni personali e degli oltranzismi tipici degli appassionati di un gruppo o di un altro, sia preferibile pensare di avere assistito ad un evento storico, perchè come tale va considerato questo spettacolo: una serata che ricorderemo a lungo, anche perchè ha insegnato ad alcuni scriteriati amanti delle fazioni che l'unità metallica è possibile, come hanno dimostrato gli Helloween e Kai Hansen, ritrovatisi dopo anni di polemiche, divisioni e divergenze, con un affiatamento commovente, come se il tempo non fosse trascorso.
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Data: 28/11/2007 Luogo: Milano - Alkatraz Genere: Power/Heavy Metal
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