Home Recensioni Live Black Midi - Sesto al Reghena, 31 luglio 2022

Black Midi
Sesto al Reghena, 31 luglio 2022


Entro nella splendida piazza Castello di Sesto al Reghena per l’ultimo evento della rassegna 2022 di Sexto ’Nplugged (realizzato in collaborazione con Veneto Jazz) e il mio più grosso timore per questa serata, è, per fortuna, subito fugato: le sedie che ancora il mese scorso occupavano tutta la piazza per l’esibizione di Cat Power (con evidente disagio dell’artista americana stessa, che a metà concerto ci invitava ad alzarci e venire sotto il palco a cantare e ballare) sono sparite. Questa sera si fa sul serio. In apertura si esibiscono i pordenonesi Pamaguite, un solo EP all’attivo, e una bella sorpresa. Oddio sorpresa: viste le premesse storiche di questa strana terra di confine tra Veneto e Friuli, dal Great Complotto degli anni ’70 ai Prozac Plus ai Tre Allegri Ragazzi Morti, non c’è molto da stupirsi se qui continuano a nascere gruppi interessanti e con una voce personale. Come si tramanda nella tradizione musicale anarco-punk della zona: “Pordenone può essere Londra, ma Londra non può essere Pordenone”.

E poi tocca a loro. I concerti del tour a promozione del nuovo album Hellfire si aprono con “Nessun Dorma” dalla Turandot. Come suggeriva però qualcuno la scorsa notte in un subreddit di fan dei black midi, l’arrivo dei nostri eroi che scendono dalla scalinata di un palazzo medievale in un borgo storico italiano mentre Pavarotti canta “Dilegua, o Notte! Tramontate stelle” è insieme potentemente scenografico e postmodernamente ipercodificato. Il che è perfettamente coerente con la cifra stilistica dei black midi, impresari di un musical supercolto che però può essere grandemente goduto anche da un fruitore che ne ignori o scelga di ignorarne il continuo gioco di rimandi, parodie e citazioni. I 14 brani del concerto si susseguono senza interruzioni, da “953” con la quasi mai eseguita dal vivo “Reggae” del loro disco d’esordio “Schlagenheim” al potente finale con “Slow” (dall’album Cavalcade). In mezzo gran parte dello sfavillante Hellfire con frequenti momenti di improvvisazione, come da stile della casa, così come da stile della casa è l’impatto sonoro a dir poco imponente, quasi eccessivo, e la sezione ritmica per la quale si sprecherebbero i superlativi (e pertanto ci limitiamo qui a convenire con chi l’ha definita la migliore e più completa oggi presente sulla scena).

Ogni tanto arrivano per fortuna in soccorso degli spettatori momenti più riflessivi, quelli ad esempio in cui il folletto Geordie Greep tira fuori le sue doti da crooner, in particolare questa sera con The Defence, canzone che racconta di bordelli e magnaccia: dopo averla finalmente sentita dal vivo, mi sento di poterla porre a pari merito con la strepitosa Marlene Dietrich da Cavalcade tra i “lenti” del repertorio blackmidiano. Ragguardevole pure “Still” cantata dal bassista (e qui chitarrista) Cameron Picton, voce particolare, simile a sidro, le cui qualità non avevo saputo apprezzare appieno su disco. Ma queste sono solo brevi pause tra un girone e l’altro dell'inferno. Velocità infernale, ritmo infernale, precisione dei musicisti infernale. Sugli scudi, e non poteva essere diversamente, Sugar/Tzu, grottesca storia pugilistica, e John L, vicenda di un papa del futuro costretto dalla completa decadenza della chiesa cattolica ad andare a raccattare proseliti facendo, credo, la pop-star in giro per il mondo. Sicuri che si parli di un remoto futuro? In questo ubriacante carosello di allucinazioni oniriche, parodie, metafore, citazioni e ispirazioni musicali (non a caso l’acclamato batterista Morgan Simpson è stato riconosciuto da Bill Bruford come uno di quelli che ne sta perpetrando lo “spirito” di ricerca ritmica), il dubbio avanzato da alcuni che stringi stringi i black midi sarebbero solo un sofisticato gioco di virtuosismi è superato dalla grandissima serietà dei nostri anche e soprattutto nell’applicarsi al gioco. Perché, come insegna uno dei principali riferimenti culturali di Geordie Greep, lo scrittore austriaco Thomas Bernhard, “Ogni cosa è ridicola, se paragonata alla morte”. Così questi 80 minuti di musica non sono quindi solo divertimento e vitalismo. C’è infatti ancora molto da impegnarsi per capire i black midi. Un buon punto di partenza può ad esempio essere parlarne, chessò, dico a caso, in una intera recensione, senza confrontarli una sola volta con i gruppi del passato.

 

 

 


Geordie Greep: chitarra, voce
Cameron Picton: basso, voce
Morgan Simpson: percussioni
Seth Evans: tastiere

 

Setlist:
953
Reggae
Welcome to Hell
Sugar/Tzu
Faster Amaranta
Lumps
Still
Eat man eat
27 questions
Chondromalacia Patella
John L
Speedway
The Defence
Slow

 

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