Bologna, 27 Aprile 2016 - Bravo Caffè
Photo courtesy: Simona Capalbo
Ci sono pro e contro per ogni spettacolo, ma la possibilità di assistere ad un concerto di Robert Glasper in un locale come il Bravo Caffè ha reso sicuramente molto più intimo l'evento agevolando anche la voglia del leader di interagire con la folla e mostrare il suo senso dell'umorismo anche durante qualche intoppo tecnico (tastiere in down un paio di volte). Burniss Travis II al basso, Mark Colenburg alla batteria e Casey Benjamin ai sax, keytar e vocoder hanno suonato per quasi due ore con una prestazione di grande eleganza, brio ed intensità. La miscelazione del suono è risultata ideale ed i musicisti apparivano evidentemente felici di liberarsi dalla disciplina e dagli schemi dello studio; la riconfigurazione di molti dei brani estrapolati prevalentemente da Black Radio e Black Radio II, ingannevolmente orecchiabili, si è articolata in improvvisazioni fiume scaturite dagli ostinati e dai temi ed in grado di esaltare l'uso raffinato da parte di Glasper di accordi minori e la capacità di muoversi con destrezza tra acustico e Rhodes. Talvolta gli appare necessario ricamare con accenti di synth (nel drum and bass di "Let It Ride") o spingere con assoli svettanti. "Big Body Girl" mette in piena luce il contralto di Casey Benjamin: il suo splendido innesto rivela l'empatia con alcuni dei grandi quali Coleman, Rollins ed Ayler. Grande musicalità allo strumento quella di Casey un po' emarginata rispetto all'impiego del vocoder apparso a tratti debordante. La soluzione ha funzionato bene su "Lovely Day", notevole anche per un assolo di basso di grande personalità e quasi chitarristico splendidamente costruito da Burniss Travis II sfruttando gli armonici. Il drumming di Colenburg era perfettamente sincronizzato nei ritmi mutevoli e nei cambi di tempo coniugando l'elasticità del jazz e lo staccato dell'hip-hop. C'è spazio anche per una "Smells Like Teen Spirit" stravolta e per nulla stucchevole nel suo soul-lounge-jazz e adorata dal pubblico coinvolto più volte in infiniti sing along e sfumata in una brillante coda downtempo e per un brevissimo lampo in cui fa capolino un ossequioso ricordo del recentemente scomparso Prince sotto le sembianze di un accenno a "Purple Rain". Tributo anche per il compianto Phife Dawg dei Tribe Called Quest in "Find a Way": è l'hip hop contaminato, sofisticato e cosciente della migliore negritudine. E ancora "Calls" dove la musica black trasfigura intrecciando jazz e nu soul entrambi figli della stessa storia e identità, il cui vero fuoco rimane, nella lezione di Glasper, il primigenio sincretismo di culture e sonorità.
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Robert Glasper: Piano Data: 27/04/2016
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