Sono trascorsi circa sette anni dalla pubblicazione di Blast primo lavoro dei Centrozoon e, non senza stupore, il touch guitarist Markus Reuter ed il tastierista e percussionista Bernhard Wöstheinrich hanno percorso parecchia strada da quell'esperienza.
Spaziando tra i finimenti colmi di post-rock dei No Man del vocalist Tim Bowness, in quel gran lavoro che è stato Never Trust The Way You Are del 2005, ed i voli a notevoli altezze dell'ultima produzione ad opera di Bill Munyon, Angel Liquor, l'affiatato duo prosegue in un caratteristico percorso attraverso un campo che appare spesso sovraffollato e privo di vero smalto. L'inquietudine appare la matrice dominante di questo Lovefield come dimostra anche la meticolosa indagine sonora delle tonalità minori, delle armonie ibride e il setacciamento dell'oro musicale da parte di due veri pionieri del suono. Il vero nocciolo dell'album si sviluppa nei primi tre lunghi brani, ponendo in piena luce costellazioni di suoni che sembrano ispirati a certa libera improvvisazione della scena musicale anni settanta più nei termini della sua organizzazione che con riferimento alla produzione tradizionale di musica elettronica. Piuttosto che esaurirsi in un puro esercizio cerebrale appare evidente come dietro la musica dei Centrozoon ci sia programmazione e vero sentimento; l'impiego da parte di Markus Reuter di linee nitide della sua chitarra fornisce chiarezza e pragmatismo ad un genere che non infrequentemente incorre nel vizio dell'astrazione e dell'ambiguità cosmica. Non è un caso che Markus Reuter stia vivendo un periodo di grande luminosità artistica in virtù delle interessanti (e multiformi) collaborazioni con il percussionista dei King Crimson, Pat Mastelotto nel progetto Tuner e della realizzazione di un notevole lavoro (Eleven Questions, 2007) accanto all'innovatore della ambient music, Robert Rich. L'esperienza insegna che l'improvvisazione è sempre un rischio, e se non tutto appare perfettamente combaciante in Lovefield: gli ultimi due brani danno la sensazione di essere un pò fuori dal fuoco dell'album, alla distanza l'ascoltatore si sente condotto lungo un curioso percorso. Forse la più grande differenza fra questo album e il loro esordio risiede nell'approccio più disinvolto con il quale i due artisti hanno atteso alla composizione dell'album, lasciando da canto una lieve rigidità. La stessa scelta di dedicare Lovefield al nume tutelare Mike Oldfield appare un interessante tentativo di proporre una cesura con la musica elettronica del passato. 80/100
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Markus Reuter: Chitarra Anno: 2007 Sul web: |