Sonorità, dunque, dal vago sapore di “già sentito” (niente a che vedere con l’originalità dei connazionali Alters, tanto per capirci), ma sicuramente più intriganti, fresche, frizzanti del classico (e magari stancante) album new-prog. Lo stesso Gil, mi pare musicalmente molto maturato e anche se una certa qual vena rotheriana di fondo rimane, la sua personalità artistica si presenta ora più delineata e definita. Le tastiere, dell’altro ospite Adam Milosz, lungi dall’essere invadenti e soverchianti, fungono molto bene da raccordo sonoro fra la ritmica (Przemas Zawadzki al basso e Vlodi Tafel alla batteria) e l’elettrica di Gil. Tutti i brani sono sufficientemente elaborati, con una buona ricerca melodica: ora più intimisti ora più rock e pure il cantante Tomek Rozycki ha modo di ritagliarsi i propri spazi: mai sopra le righe, ma sempre presente anche con una certa dose di versatilità. Ottimo esempio del sound della band è “What they want”, che con i suoi 8 minuti è anche il brano più lungo presente nell’album: inizio con chitarra acustica e violino, incedere ipnotico che può ricordare i Porcupine Tree, bel solo di chitarra elettrica e ritorno alle atmosfere acustiche con piano, flauto e ancora violino. Un album piacevole, quindi, certamente non un capolavoro, ma ben suonato, ben prodotto e in definitiva un altro centro della sempre più intraprendente Metal Mind. 80/100
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Mirek Gil: Chitarre Anno: 2008 Sul web: |