Confesso subito che sono dovuto andare a verificare nei credits di questo secondo lavoro degli italianissimi Areknames intitolato, "Love Hate Round Trip" che il cantante si chiamasse effettivamente Michele Epifani e non Peter Hammil, ovviamente quella del verificare nei credits è una mia "esagerazione" che però non vuole assolutamente esserlo nel caso della grande bravura di Michele Epifani e nello stile vocale incredibilmente affine a quello del grande Hammil.
Ma tutta la musica degli Areknames in questo album trae gran parte della propria ispirazione, almeno per quanto riguarda la prima parte, dai Van Der Graaf Generator di Peter Hammil, un'affinità musicale veramente incredibile, ascoltare il brano di apertura "The Skeletal Landscape of the World"; a cui va aggiunta la grande cura personale del gruppo pescarese, il proprio apporto al suono, che rende le atmosfere di "Love Hate Round Trip" un emozionante ed affascinante viaggio attraverso un Progressive Rock dalle tinte drammatiche e oscure, decisamente Dark, che miscela con grande perizia trame Jazz con intensi momenti psichedelici, di chiara derivazione Floydiana e preziosi intarsi neo-classici intrecciati da un filo conduttore tenebroso e ossessivo, un filo conduttore dalle tinte fosche di chiara matrice doom ma un doom ancora acerbo, un doom molto ispirato da sonorità sabbathiane, il tutto in un rincorrersi di emozioni e atmosfere che scaturiscono da un songwriting che riporta immediatamente ad un Prog delle origini, un Prog vintage, un Prog figlio dell'epoca d'oro di questo genere, Mellotron, Moog e sonorità analogiche indubbiamente non fanno altro che costruire un solido ponte in grado di trasportarci in questo viaggio nel tempo, a questo punto basta ascoltare la stupenda "Ignis Fatuus" par avere chiare le idee di chi sono gli Areknames. Qualità ed indubbia maestria nella tecnica, una grande capaità compositiva, decisamente originale, figlia di Michele Epifani, che oltre ad essere il cantante è anche ottimo tastierista e compositore del gruppo ma ottimi anche gli altri componenti gli Areknames, le chitarre di Stefano Colombi, sempre precise e puntuali, acide nell'accompagnamento e nei riff e taglienti negli assoli, il basso pulsante ed ossessivo di Piero Ranalli che con la batteria velata spesso di sensazioni jazz di Simone Antonini garantisce una linea ritmica più che coinvolgente. Anche loro candidati per il ProgAwards 2006 nella categoria "Miglior Disco Italiano", meritatamente ovviamente, di sicuro una bellissima lotta tra titani perchè questo lavoro degli Areknames è senza ombra di dubbio uno dei migliori dischi italiani di quest'ultimo anno, un disco veramente emozionante, un disco che riporta gli amanti del Prog a sonorità primordiali, a sonorità incredibilmente originali; Van Der Graaf Generator, Pink Floyd, Genesis, ELP, King Crimson, Black Sabbath il tutto per un suono veramente acidamente progressivo, per un viaggio nel tempo epico, emozionante ed esaltante. A voler per forza trovare un difetto, forse il minutaggio eccessivo, 78 minuti e 12 brani effettivamente possono risultare un pochino troppi ma come ho detto è proprio voler essere eccessivamente pignoli. Oggettivamente, Bravi. |
Michele Epifani: Voce, tastiere Anno: 2006 Sul web: |