Roma, 12 Novembre 2016 - Auditorium della Conciliazione Tredici anni, tanta l’attesa del pubblico italiano dall’ultima tappa dei King Crimson, datata ormai giugno 2003, anno del mio personale pentimento per non essere andato di corsa, causa pigrizia adolescenziale, a quella che sarebbe stata l’ultima occasione per vedere la formazione con Adrian Belew e Trey Gunn (che di lì a poco avrebbe lasciato, con il conseguente ritorno di Tony Levin). Le due date all’Auditorium della Conciliazione, ormai sold out da tempo, dimostrano il sempre vivo interesse del pubblico romano e più in generale di quello italiano, omaggiato finalmente con ben otto date. E’ stato in questo senso davvero sorprendente, visto che nel tour europeo dello scorso anno, Fripp non si degnò minimamente d'inserire una tappa nel Belpaese, complici anche precedenti non felicissimi, legati ad un pubblico non sempre rispettoso dei voleri del deus ex machina dei KC, di non filmare o applaudire a sproposito. Bene, quest’anno i fan si sono dimostrati davvero recettivi e disciplinatissimi, anche per quanto riguarda gli stacchi tra un pezzo e l’altro (tranne per l'ingannevole pausa di "The Letters"). La serata trascorsa ne è stata un esempio davvero piacevole e soddisfacente. Se ci fossero stati forti dubbi sull’eccessività di una formazione a tre batterie, questi sono stati dissolti fin dalle battute di "Hell Hounds Of Krim" prima, e poi nelle successive dinamiche ritmiche di "Pictures of a City". Al talento cristallino e impetuoso di Gavin Harrison, portatore principale della struttura ritmica si affiancano i drumming di Pat Mastelotto e Jeremy Stacey, quest’ultimo nel duplice ruolo di batterista e tastierista in sostituzione di Bill Rieflin che ha deciso di prendersi una pausa di un anno. Nel drumming i tre riescono ad avere una sincronia perfetta, costruendo incastri ritmici poderosi ma allo stesso tempo chirurgici, passandosi più volte la mano con un equilibrio e naturalezza pazzesca (Vedi "Radical Action" e "The Talking Drum"). C'è chi parla (con sacrosanta ragione) di interlocking non solo tra le chitarre ma anche tra i flussi ritmici dei tre batteristi. Mastelotto, in particolare, dimostra di aver avuto negli ultimi anni una crescita vertiginosa, frutto di continuo studio e collaborazioni. Non a caso, Fripp ripone sempre moltissima fiducia nel suo lavoro, non solo meramente ritmico ma anche dal punto di vista delle scelte sonore. Il live si struttura in due set da un'ora e mezza ciascuno, un bel regalo corposo al pubblico di questo tour che sta restituendo grandi soddisfazioni. Le novità storiche, rispetto al precedente tour sono sicuramente gli innesti di "Cirkus", "Dawn Song" (estratta da Lizard) e finalmente un piccolo regalo dagli anni '80, fino ad adesso tagliati praticamente fuori, con "Indiscipline". Rispetto alla sera precedente "Larks Tongues in Aspic pt. 1" non viene purtroppo riproposta, ma fa capolino, come già detto, una delle novità di questo tour, "Indiscipline", qui riarrangiata opportuamente, per via dell’ovvia e ingombrante assenza di Belew. Le sfuriate della Parker sono sopperite dall’ottima sezione di Mel Collins, in grande spolvero ed il parlato psicotico sostituito da un cantato più melodico di Jakko, un buon risultato senza dubbio. Dei brani nuovi convincono particolarmente l’incedere nervoso e ciclico di "Radical Action to Unseat the Hold of Monkey Mind", ripreso poi con un tema più lento e sinuoso dopo la fedele versione di "Easy Money" . "Vrooom" è invece quella che personalmente risulta meno digeribile, in quanto riarrangiata con una vena leggermente funk ma che perde quasi completamente quella che era la sua caratteristica acida che la contraddistingueva. Il cruccio maggiore è di non aver potuto ascoltare dal vivo anche "The Construkction of Light", personalmente uno dei brani più geniali dei King Crimson, dal punto di vista della progressione ritmica che del dialogo tra le due chitarre, però va bene così. Due paradisi non si possono avere. Levin è sempre impeccabile e pulito sia con i brani appartenenti alla sua storia crimsoniana che con quelli più datati (un esempio su tutti "Starless"). Fripp rispetto al passato sembra avere un piglio maggiormente improntato alla direzione dei musicisti, osservando sempre con attenzione gli ingranaggi di questa macchina sonora, che ha raggiunto un livello di feeling altissimo ed indicando tempi e modì degli attacchi, pur lasciando un certo grado di libertà (gli interventi di Mel Collins su tutti). Spiccano sicuramente, nella parte conclusiva, le ottime "Starless", interpretata magnificamente da Jakko ed un'esplosiva "21st Century Schizoid Man" che si dilata centralmente in una sezione improvvisativa di ampio respiro, lasciando spazio ad un poderoso assolo di Harrison, che sfoggia tutte le sue migliori qualità. La serata ha visibilmente soddisfatto sia i fan più legati alle sonorità progressive ( e che mal digeriscono le deviazioni degli anni 90/00 di Fripp e Belew) sia quelli amanti totalmente della multiforme esperienza del Re Cremisi. Questa incarnazione è decisamente promossa. Senza dubbio Fripp ha in qualche modo deciso di fermarsi per dedicarsi a celebrare la formibabile carriera del Re, ma sempre introducendo elementi originali e mai banali. La nuova incarnazione è davvero una potente macchina da guerra, convincente e forse anche maggiormente capace di esprimere il proprio potenziale rispetto a quel double trio, che in passato, purtroppo, non riuscì a svilupparsi appieno. Onore alla Bestia dalle sette teste e grazie infinite per un concerto che rimarrà indelebilmente scolpito nella mente e nel cuore. |
Robert Fripp: chitarra, tastiere Data: 12/11/2016 Setlist:
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