Forlì, 1 Aprile 2011 - Naima Club
Servizio fotografico a cura di Dario Bonazza, Gianluca Colagrossi Stick Men 2.0 è una versione, spiritosamente aggiornata nella denominazione, del trio costituito da Tony Levin, Michael Bernier e Pat Mastelotto. Infatti, nel tour che ha preso il via contestualmente alla pubblicazione del recentissimo EP, intitolato Absalom, al posto del citato Bernier figura l'austriaco Markus Reuter, ottimo sviluppatore della touch guitar resa nota con la denominazione di warr guitar dall'ex componente dei King Crimson Trey Gunn. In soldoni, la touch è il frutto della fusione tra il celebre Chapman Stick, strumento con una estensione sonora di oltre cinque ottave e mezzo suonato attraverso il ricorso alla nota tecnica percussiva del tapping la cui specialità risiede nel fatto che ciascuna mano ha la possibilità di svariare sulla tastiera in totale autonomia nel quadro di due sezioni distinte di alti e bassi, ed una tradizionale chitarra. Reuter è un musicista estremamente tecnico e versatile, cardine dei notevoli progetti Centrozoon (assieme a Bernhard Wosteinrich) e Tuner (con lo stesso Pat Mastelotto dei King Crimson, tra i più qualificati e intelligenti batteristi, curioso ed instancabile sperimentatore). Di Tony Levin non c'è molto altro da dire che non sia già ben noto, bassista e virtuoso del già menzionato Chapman Stick, è artista che ha lavorato con mezzo mondo (Peter Gabriel, John Lennon, Yes per dirne un pugno) anche se il suo nome evoca indelebilmente l'impegno per oltre un ventennio con i King Crimson. Presso la location del Naima Club di Forlì, senza band di supporto, hanno proposto un repertorio estremamente nutrito, sapiente miscela della produzione cremisi e di composizioni del trio (proposto quasi per intero il nuovo disco). E così, l'apertura proposta da uno spigliato Levin, piuttosto a suo agio con la lingua del bel Paese, è stata affidata ad Indiscipline tradotta per l'occasione proprio in italiano e interpretata sapientemente da Mastelotto nella forma dei labirintici tempi accavallati, retaggio dell'esperienza del double trio nei King Crimson quando intrecciava le sue linee ritmiche con quelle della batteria di Bill Bruford. A ruota, due brani, uno estrapolato dal recente cd solista di Levin (Stick Man): Speedbump, e Smudge dal nuovo EP; bene Levin, l'approccio allo strumento, la pulizia del tocco, l'uso della mano sinistra che impiega la parte dei bassi nel definire gli accordi, sono ottimi. Poi è la volta di un altro pezzo proposto in Stickmen, Slow Glide, versante armonico e melodico combinati con abilità, supportati da una tecnica pazzesca di Markus Reuter e Hands inno alla paternità, ci spiega Levin non senza un briciolo di commozione. 'More crimson' annuncia ancora al microfono Levin e ci scaraventano addosso una splendida e apocalittica versione di Industry tratta da Three of a Perfect Pair, gestione maestrale dell'elettronica da parte di Mastelotto e pregevoli escursioni nei soundscapes di Reuter. Ancora linee sghembe con Vroom Vroom (Thrak, 1995), e l'acclamata ed indimenticabile Red. Reuter e Levin si scambiano continuamente i ruoli, solista e ritmico, con l'austriaco davvero concentratissimo e bravo nel riempire i suoni che furono di Belew e Fripp all'elettrica. Breve digressione per proporre il singolo (nonchè title track) dell'EP, Absalom, evidente la rodata comunicazione tra i tre, groove ritmico, dialogo continuo, siamo al cospetto di musicisti che suonano ad altissimi livelli e da anni insieme. Spiazzante l'interpretazione dell'Uccello di fuoco di Stravinskij, costeggiando Korsakov, e la bitonalità di Petrushka, approdando fino alla dissonanza polifonica e selvaggia. Sul palco i tre si trovano a meraviglia, alternano momenti roventi, altri più sperimentali e di atmosfera. L'uppercut più devastante, tuttavia, i tre lo assestano in chiusura, proponendo il binomio Relentless, da Soup del 2010, ma soprattutto l'inattesa e stupenda Breathless, il lato oscuro e brutale, presente nell'album solista di Robert Fripp del 1979, Exposure; il brano viene proposto dai tre in una complessità impressionante, con ritmi e accenti che cambiano continuamente e con Reuter a fare la parte del gigante nel fornire profondità al suono. Pubblico tramortito, c'è spazio solo per il bis e per tirare il fiato: Soup, vivace e rappata, ma anche caratterizzata da soluzioni strumentali godibili e grintose. Improvvisazione e composizione dopo una esibizione del genere svaniscono una dentro l’altra. Applausi lunghissimi e meritati per tutti e tre i protagonisti. |
Tony Levin: Chapman Stick Data: 01/04/2011
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