Ultima serata della seconda edizione di Roma Unplugged Festival, presso la suggestiva location del Parco Archeologico dell’Appia Antica, che, dopo aver ospitato artisti del calibro di Noa, Mogol, l'organico San Salvador e il duo composto da Simone Cristicchi e Amara, vede infine impegnato l'organico Aires Tango capitanato da Javier Girotto ed impreziosito dalla blasonata presenza di Ralph Towner. Celebrati i vent'anni di vita, gestito ottimamente un cambio di organico (subentra, alla batteria, Francesco de Rubeis in luogo di Michele Rabbia), Aires Tango torna ad esibirsi dal vivo proponendo la stessa metodologia stilistica palesata nell'opera discografica "Duende", pubblicata nel 2015, accreditata a Javier Girotto Aires Tango with Ralph Towner, cioè metà brani eseguita dal solo quartetto italo-argentino, l'altra metà sublimata dalla presenza del virtuoso americano (nel cd, dei dodici brani presenti, quelli dispari vedevano la presenza di Towner, interessato anche quale autore), al quale, peraltro, viene ad un certo punto lasciato l'intero palco per una performance in solitaria. L'anima degli Oregon rivive in questo straordinario connubio: c'è la medesima vocazione intima del noto gruppo multietnico, nella citata collaborazione, quell'incredibile effetto di eterea attitudine che ispira sospensione ma che poggia su un granitico substrato jazz ed interdisciplinare. Ad essere franchi, la performance del chitarrista non ha appagato totalmente gli astanti: egli è infatti apparso innervosito durante il primo brano (a sua discolpa, va detto che ha patito un problema tecnico, pur facilmente risolto), poi addirittura distratto, apparentemente perso in una sua dimensione, talvolta scollegato rispetto agli altri musicisti. E' stata la innegabile capacità di questi ultimi a reggere l'intera serata, con l'attendibile esecuzione di brani attinti anche dal repertorio passato, sublimata dal virtuosismo trascinante del fiatista, impegnato anche quale ironico presentatore, e dalla presenza di un nuovo batterista, il citato de Rubeis, capacissimo di evocare perfettamente lo stile ritmico profuso nei dischi del Pat Metheny Group. La sua tecnica, infatti, si colloca in bilico tra la sublimazione etera dei piatti tipica di Paul Wertico, generalmente manifestata accompagnando il repertorio a firma di Towner, e la decisa autorevolezza di Antonio Sánchez, più votata alla percussione dei tamburi, che connota invece i pezzi a firma dell'argentino. Sullo sfondo, la rassicurante efficacia di Alessandro Gwis al piano e Marco Siniscalco al basso, che hanno entrambi il pregio di passare indistintamente, e con invidiabile disinvoltura, dalla ritmica solida ed incrollabile, al virtuosismo solistico di grande fascino espressivo. |
Parco Archeologico dell'Appia Antica
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