Bisogna fare un po' di ordine, parlando di album live dei Tears For Fears. Prima di tutto non è vero ciò che ha recentemente dichiarato Roland Orzabal, in occasione dell'uscita di questo disco, cioò che il duo non ha mai mai pubblicato un disco dal vivo ufficiale. Il cantante sembra aver ignorato "Secret World – Live in Paris", pubblicato nel 2006 dalla misconosciuta label francese XIII BIS Records, registrato allo stadio Parc des Princes di Parigi durante il loro tour mondiale del 2005 (e contenente, tra l'altro, anche 3 tracce in studio: l'inedita "Floating Down the River", una versione radiofonica di "Secret World" e "What Are We Fighting For?", canzone originariamente attribuita ai Mayfield, band formata da Curt Smith subito dopo aver abbandonato i Tears For Fears). 5 anni dopo veniva poi dato alle stampe "Live At Massey Hall Toronto, Canada", pubblicato dalla Mercury nel 2021 ma riportante la registrazione del concerto tenuto nella località indicata in rubricazione in data 30 maggio 1985. Commercializzato soltanto in vinile in 3500 copie, in occasione del Record Store Day di tre anni fa, è un titolo oggi reperibile soltanto sul mercato del collezionismo, peraltro ad un prezzo consistente. Precisato questo, va detto che, al momento, circolano diversi live della band: il doppio vinile "The Big Black Smoke" (pubblicato dalla olandese Gimme Recordings nell'anno corrente) riporta una interessante Broadcast registrata all'Hammersmith Odeon di Londra il 10 giugno 1985. Si tratta di un disco non pirata, ma certamente non ufficiale, divulgato senza alcuna autorizzazione della band da una label che, tuttavia, ne detiene legalmente i diritti di pubblicazione. I titoli "Familiar Faces" e "Hammersmith Odeon London 1983", analogamente in commercio di questi tempi, sono attinti dalla stessa fonte, presentando tuttavia un mero estratto del concerto, spalmato infatti su un solo vinile in entrambi i casi: i brani "Mothers Talk", "Broken/Head Over Heels", "Mad World", "Everybody Wants To Rule The World", "The Hurting", "Shout" sono in comune tra i due titoli, mentre "The Prisoner", "Pale Shelter" e "Change" sono presenti soltanto nel primo, "Memories Fade" e "Suffer The Children" nel secondo (che presenta in copertina un anno errato: non il 1983, ovviamente, bensì il 1985). Da notare che, anche sommandole tra loro, le due tracklist sono deficitarie di diversi brani, presenti invece nel citato "The Big Black Smoke" che, quindi, risulta il più completo dei tre. Infine, e finalmente, c'è questo "Songs For A Nervous Planet": va segnalata la interessante copertina, pur inusuale per un album dei Tears For Fears, che pare riflettere le visioni più inquietanti e trasversali dei connazionali Porcupine Tree, peraltro sottolineate anche nel titolo. L'opera si compone di 4 inediti e 18 esecuzioni live. Partendo da questi ultimi, nulla da eccepire: la band è coesa e le versioni appaiono interessantissime, eseguite con vigore e coraggioso spirito re-interpretativo (la rivisitazione di "Change" e "Shout" è da manuale: entrambi i pezzi riescono a rimanere ancorati agli anni '80 senza risultare datati, grazie ad un restyling stilistico assai efficace che aggiunge rispettivamente drammaticità e magniloquenza). E se da un lato appaiono purtroppo trascurati gli anni della rottura, comunque validi, con un solo brano pescato da "Elemental" ("Break It Down Again") e nessuno da "Raoul And The Kings Of Spain", fa piacere riscontrare la presenza di ben 6 brani dell'ultimo, apprezzato album in studio ("No Small Thing", "The Tipping Point", "Long, Long, Long Time", "Break The Man", "My Demons", "Rivers Of Mercy"). Con riguardo ai brani in studio, invece, vanno espresse alcune riserve: la iniziale "Say Goodbye To Mum And Dad" perde colpi nel ritornello, molto prevedibile e pop, con l'aggravante che verso la fine viene addirittura banalmente fischiettato; analoga stigmatizzazione può essere mossa nei confronti della beatlesiana "Emily Said", ma con riferimento alle voci bianche, che profondono cori prevedibili e stucchevoli. L'asticella si alza con la raffinata "The Girl That I Call Home", pur considerando l'incipit iniziale, apparentemente preso pari pari da "San Jacinto" di Peter Gabriel, ed "Emily Said", il brano certamente migliore, archetipo sonoro di riflessioni notturne spese ad osservare lo skyline di una qualsiasi metropoli o rientrando in auto, a fine serata, tra le vie deserte di un paesaggio urbano monocromatico. |
Curt Smith - Bass, Vocals tracklist studio tracks Say Goodbye To Mum And Dad The Girl That I Call Home Emily Said Astronaut live tracks No Small Thing The Tipping Point Everybody Wants To Rule The World Secret World Sowing The Seeds Of Love Long, Long, Long Time Break The Man My Demons Rivers Of Mercy Mad World Suffer The Children Woman In Chains Badman's Song Pale Shelter Break It Down Again Head Over Heels Change Shout |
The PrisonerWritten-By – Roland Orzabal | 2:45 | ||
B1 | The HurtingWritten-By – Roland Orzabal | 3:59 | |
B2 | ShoutWritten-By – Roland Orzabal | 7:14 | |
B3 | Pale ShelterWritten-By – Curt Smith, Roland Orzabal | 6:36 | |
B4 | Change |