Per analizzare l'opera discografica dei giapponesi Vow Wow, dobbiamo necessariamente parlare dei Bow Wow, gruppo attivo dal 1976 al 1983, forte di una fama piuttosto consistente nel paese del Sol Levante, al punto di arrivare ad aprire per Aerosmith e Kiss nelle loro date giapponesi del 1977, ed esibirsi nel 1982 al Reading Festival in Inghilterra e al Montreux Jazz Festival in Svizzera. Quando, l'anno successivo, uno dei due chitarristi fondatori lascia la band, i tre membri restanti decidono di apportare lievi modifiche all'organico, assoldando il dotato cantante Genki Hitomi al fine di permettere a Kyoji Yamamoto, fino ad allora anche vocalist, di dedicarsi soltanto alla chitarra, di cui è un vero virtuoso. Il gruppo è spinto a modificare il nome in Vow Wow con l'aggiunta di un tastierista che modifica un tantino le coordinate musicali, ora vicine a sonorità leggermente più melodiche, efficace connubio tra la proposta barocca dei Rainbow e quelle della scena hard pomp statunitense (formula che, di lì a poco, avrebbe caratterizzato, tra gli altri, anche Alcatrazz e Malmsteen). Dopo tre anni di attività, il quintetto decide che è giunto il momento di pubblicare il ritualistico album dal vivo che, scrollandosi di dosso il passato, pur consistente, dei Bow Wow, vive di forza autonoma attingendo soltanto dai tre album fino ad allora pubblicati sotto la nuova egida ("Beat Of Metal Motion", "Cyclone" e "III"). La formula ivi proposta è totalmente personalizzata: una sezione ritmica piuttosto tirata e importanti innesti tastieristici di tipo sinfonico supportano in maniera esemplare una graffiante e virtuosistica chitarra dai chiari retaggi heavy alla quale si unisce una teatralità vocale molto influenzata dalla tradizione del paese di origine. La perfetta contestualizzazione di tutti questi elementi, partorisce un archetipo assolutamente inedito nel panorama hard rock mondiale. Mentre i Loudness raggiungono il successo riuscendo a penetrare perfettamente gli stilemi del sound statunitense, i Vow Wow prendono elementi hard & heavy occidentali, segnatamente anglosassoni, e li modellano a loro piacimento, piegandoli alle loro esigenze stilistiche. Questo live, peraltro, precede una seconda fase non meno interessante della prima. Quando, nel 1987, il combo decide di fare il grande passo, trasferendosi in Inghilterra, unico Paese a stampare i propri dischi al di fuori del Giappone, il bassista originario si chiama fuori e gli altri quattro reclutano nientemeno che Neil Murray, all'epoca già collaboratore, tra gli altri, di Gary Moore, Colosseum II e Whitesnake. Questa collaborazione - per niente occasionale, talchè durerà per tre anni, fino allo scioglimento - e la innegabile abilità loro riconosciuta, permette ai Vow Wow di entrare nel gotha della scena britannica: il chitarrista Kyoji Yamamoto viene coinvolto nel progetto "Phenomena", assieme, tra gli altri, a Mel Galley, Glenn Hughes, Brian May, Scott Gorham, John Wetton, mentre Genki Hitomi appare in "K2 (Tales Of Triumph & Tragedy)", primo album solista di Don Airey (in cui compaiono artisti non meno blasonati quali Cozy Powell, Gary Moore, Chris Thompson), notevolmente impreziosendo il brano "Deathzone/Whiteout" che, grazie alla sua drammatica ed evocativa interpretazione vocale, diventa il miglior episodio dell'intera fatica discografica. Va doverosamente segnalata, infine, anche la personalissima interpretazione di "Helter Skelter" dei Beatles, tratta dall'album omonimo del 1989, cui fece seguito l'ottimo "Mountain" del 1990, con cui la band chiude definitivamente i battenti (riunendosi, nella formazione originale, soltanto per un tour celebrativo nel biennio 2009-2010). |
Anno: 1986 |