È il maggio del 1974 e i Genesis hanno appena completato il tour di supporto a Selling England by the Pound: finalmente un disco di grande successo, sia di vendite che di critica, per il gruppo che ha in Peter Gabriel il suo frontman e che nei primi anni di attività aveva assai faticato a imporsi in patria e negli USA (l’Italia, come è noto, fu invece uno dei primi paesi ad innamorarsene).
I Genesis decidono di rimettersi subito al lavoro e affittano una ex fattoria infestata dai topi nell’Hampshire per sviluppare questa idea: il prossimo dovrà essere un doppio album in cui potranno raccontare una storia completa e articolata e dare ampio spazio alla loro ricchissima fantasia musicale. A dispetto di un proposito così chiaro e ottimistico lo sviluppo dell’album – che proseguirà in Galles e infine a Londra – si rivelerà complesso e difficoltoso, e meriterebbe tutto un racconto a parte. Basti qui ricordare che i rapporti tra gli amici Gabriel, Rutherford, Banks, Hackett e Collins furono messi a dura prova, e ognuno di loro ricorderà in seguito quel periodo come uno dei meno divertenti della loro carriera musicale, anche per il crescente straniamento di Peter Gabriel dal resto del gruppo. A dispetto di tutto ciò i Genesis riuscirono nel loro intento, andando senz’altro oltre le loro stesse attese: abbandonate la mitologia classica e quelle delle isole britanniche, si volsero su impulso di Peter Gabriel ad una favola moderna ambientata a New York che raccogliesse e sviluppasse i temi contemporanei (e veri “miti d’oggi”) dello Sdoppiamento della Personalità, la Rivoluzione Sessuale e l’Identità Sessuale, l’Onirico e il suo rapporto col Reale, il Consumismo, l’Io e l’Alterità (It). Assai sorprendentemente questo sommarsi di temi non ebbe come esito una congerie musicale e narrativa slabbrata e irrisolta, ma, al contrario, confluì in un doppio coerente in ogni suo elemento eppure ricco, ricchissimo, di varietà musicale. Ultima sorpresa (in primo luogo per i Genesis stessi): la critica specializzata invece che massacrarli, come si aspettavano, celebrò la novità di questo ambiziosissimo doppio album, che infine, in seguito alla sua pubblicazione il 18 novembre del 1974, si rivelò presto il loro maggior successo di vendita (fino ad allora). Ma oramai il destino dei “primi” Genesis era segnato: Gabriel aveva già comunicato agli altri membri che alla fine del tour di supporto avrebbe lasciato la band per intraprendere la sua carriera solistica, e il tour stesso soffrì numerosi inconvenienti e pure la cancellazione di un paio di date a causa di scarsa vendite dei biglietti. Eppure il culto di The Lamb Lies Down On Broadway era solo agli inizi, e negli anni a venire non avrebbe fatto altro che crescere. Facciamo ora un salto di trent’anni in avanti. È il 2004 e oramai da oltre un decennio c’è questo gruppo di giovani canadesi, i The Musical Box, che si è fatto una fama crescente tra le numerose tribute band dei Genesis: loro non si limitano infatti a suonare “grossomodo” come i Genesis storici, ma puntano anche a riprodurre dal vivo con esattezza filologica gli elaborati show dell’era Gabriel utilizzando strumenti musicali d’epoca e ricostruendo le stesse scenografie. Il 2004 è appunto un anno decisivo perché ottengono dai Genesis la licenza per riproporre dal vivo l’intero The Lamb Lies Down On Broadway così come era stato proposto dalla band originale nel non fortunatissimo tour del 1974-1975, encore inclusi. I canadesi guidati da Sébastien Lamothe (che impersona Mike Rutherford) possono inoltre avvalersi della collaborazione e dei consigli di Tony Banks e dagli altri membri ed ex membri del gruppo, accedendo inoltre a registrazioni originali mai pubblicate, su cui lavoreranno a lungo fino a padroneggiare ogni passaggio musicale dello show, e ottenendo l’uso delle oltre mille diapositive che durante il concerto vengono proiettate sui tre pannelli che dominano il palco (e che nei loro concerti scorrono sempre senza incidenti, cosa che non era quasi mai avvenuta durante il tour originale di 30 anni prima…). Da allora i The Musical Box hanno portato nei teatri – principalmente delle Americhe ed europei – i vari show dei Genesis, tra i quali il mitico Black Show con il quale gli statunitensi avevano potuto vedere eseguito dal vivo Selling England by the Pound, conseguendo un grande successo e una fama consolidata di interpreti eccellenti (“più veri del vero”) dei dischi che vanno da Trespass fino ai post-gabrieliani A Trick of the Tail e Wind and Wuthering. E in questo 2023 hanno deciso di riportare in Europa una volta di più – e per l’ultima volta nella loro carriera – l’allestimento di The Lamb Lies Down on Broadway. Qui alla CMP Arena di Bassano del Grappa c’è una buona presenza di pubblico per la seconda data italiana: oltre a molti cinquanta-sessantenni, si notano qui e là coppiette di ventenni, e pure alcuni adolescenti (forse accompagnatori dei genitori, o magari accompagnati). In mezzo ci siamo noi, quelli che sono nati dopo The Lamb ma parecchio prima che il “prog storico” tornasse ad essere appetibile per i palazzetti, come è ora. Quando le luci si spengono e appare la silhouette di Denis Gagné-Peter Gabriel nei panni del Watcher of the Skies (una breve anticipazione del travolgente encore finale) il pubblico va in visibilio e comincia ad applaudire. Da lì in poi gli applausi si susseguiranno dopo ogni esecuzione. Vediamo quindi qui di venire al punto fondamentale: ci sono indubbiamente modi diversi di rispettare The Lamb Lies Down On Broadway e i suoi autori. Uno, ad esempio, è quello invero un po’ feticistico di rinchiudere la storia del teppistello Rael in bacheca confinandolo nella storia del rock degli anni ’70. Un altro, e più proficuo, è quello di continuare ad eseguirla, generazione dopo generazione, con la cura e la dedizione richiesta da quella che è probabilmente la più riuscita tra le Opere Rock. Noi siamo sostenitori convinti di questo secondo modo. In questo turbinare di avventure che portano Rael e noi spettatori sottoterra e nel sogno, tra le avvenenti lamia e i mostruosi slippermen, che ci fanno fare esperienze sessuali disturbanti, castrazione compresa, e che ci parlano in modo elusivo di un fratello – il tuo alter ego? - da recuperare e poi perdere di nuovo e, poi, chissà, forse ritrovare nell’unità di It, comprendi forse per la prima volta davvero la potenza sublime di quest’opera, compreso quel lato C che nessuno, ascoltandolo a casa, può in piena coscienza affermare di non aver qualche volta riprodotto a pezzi saltandone le complesse parti strumentali, e che qui, ora, ti si svelano compiutamente nella loro coerenza con l’intera narrazione di cui sono parte. Dal punto di vista della riuscita musicale non c’è molto da aggiungere a quello che sappiamo già: prendendo come reference il concerto dei Genesis allo Shrine di Los Angeles del 1974 nella sua edizione (fortemente post-prodotta) pubblicata nel cofanetto “Archive Vol.1 (1967-1975)”, i The Musical Box sono impeccabili e, nella realtà dei fatti, pure avvantaggiati dalla conoscenza perfetta delle parti che consente loro un’esecuzione fluidissima di tutto il materiale. Dal punto di vista dello spettatore, più o meno innocente, più o meno introdotto al mondo dei Genesis, è opinione di chi scrive che uno spettacolo di questa qualità sia il modo più giusto per vivere The Lamb e coglierne vari passaggi altrimenti non perspicui al solo ascolto. In quello che è forse il capolavoro compositivo di Tony Banks (autore principale, ancorché tutti e cinque i Genesis siano accreditati) risaltano così anche i momenti in cui, ad esempio, la sempre efficace ritmica di Collins prende spazio e quasi domina l’insieme, oppure quelli – non moltissimi per la verità – in cui la chitarra di Hackett ha più gioco (non è un segreto che il grande chitarrista inglese soffrì non poco lo sviluppo di The Lamb e si sentì – sono sue parole – sottoutilizzato rispetto agli altri membri della band). Completato tra gli applausi scroscianti The Lamb con una It che è forse un po’ meno piena e roboante rispetto al concerto dello Shrine, i The Musical Box concludono la serata con il doppio, trascinante encore dell’eponima Musical Box da Nursery Crime, e con una straordinaria Watcher of the Skies da Foxtrot. Al termine di questa avventura ci sarebbe da essere tristi al pensiero che probabilmente non rivedremo più The Lamb dal vivo, ma ci consoliamo apprendendo durante il concerto che nel 2024 i The Musical Box torneranno in Europa per il tour Selling England by the Pound, che è proprio da dove eravamo partiti per questo racconto.
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Denis Gagné - lead vocals, flute, occasional percussion tracklist: Teatro CMP Arena
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