Terreno fertile quello che i "supergruppi" americani e inglesi hanno avuto nel music business negli ultimi anni. Basti pensare a Chickenfoot e Them Crooked Voltures, esempi di come il revival rock anni '70 e '80 funzioni ancora bene nelle sia charts internazionali che nelle rubriche giornalistiche.
In tal senso non fanno eccezione i Black Country Communion, progetto nato un paio d'anni fa per volere della "voce del rock" Glenn Hughes, che vicino ai 60 anni si è voluto rimettere in gioco con un vero e proprio gruppo, senza dimenticare l'ex Dream Theater Derek Sherinian alle tastiere, Joe Binamassa alla chitarra ed una sezione ritmica composta dal figlio d'arte Jason Bonham e appunto Hughes che oltre alla voce presta il suo roboante basso. Il risultato è Black Country, un lavoro composta da 12 ottime canzoni hard rock che stilisticamente faranno la felicità degli amanti del genere, per le atmosfere puramente '70s della raccolta. Un disco con pochi fronzoli e tanta sostanza, esplosivo e melodico allo stesso tempo (sentire la title track posta in apertura per farsi un'idea) e sopratutto suonato con grande passione e dedizione. A stupire tra il tanto talento diffuso nell'opera, è non solo il preciso e caldo working guitar di Bonamassa, ma sopratutto i brani da lui cantati, freschi ed ispirati ambedue. Ci riferiamo a "Song Of Yesterday", dettata da armonie chitarristiche eccellenti ed un tessuto di tastiera che ben si incastra e "The Revolution in Me", arricchita da un bel assolo delle sei corde ed un cantato dalle cadenze più blues. Nel mezzo un'eccellente rifacimento di "Medusa", brano originariamente inciso da Hughes quasi 40 anni fa con i Trapeze e l'elegante "No Time", che si snoda su ritmi più soft nonostante la voce di Hughes approcci al pezzo con una certa incisività alle strofe. "Sista Jane", forse il brano più bello dell'album, riconcilia con l'hard rock più classico, antemico e melodico, sopratutto nel bel ritornello venato di soul. Chiude, forse in maniera un pò prolissa "Too Late For Sun", una jam (dal retrogusto zeppeliniano che accentua le doti tecniche della band, ma forse un pò fine a se stessa, sopratutto in considerazione dei brani che l'han preceduta. In sostanza (e qui c'è ne da buttare) Black Country è un'omaggio tutt'altro che scolastico al classic rock, suonato con perizia e sorretto da un robusto songwriting. Un bel disco, come si facevano una volta, verrebbe da dire. 76/100
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Glenn Hughes: Voce e basso Anno: 2010 Sul web: |