Attivi da una decina d’anni, i Vanz hanno ottenuto nel tempo diverse gratificazioni, sia a livello di critica (Rockerilla ha dato loro un 8) che di pubblico (radio e canali musicali).
Ciò che colpisce sicuramente ad un primo ascolto è la capacità del disco di suonare come autenticamente americano; se è un pregio o un segno preoccupante decidetelo voi. Ciò che posso dire io è che la perizia tecnica di questi ragazzi è notevole: chitarre perfettamente calibrate tra ruggini e suoni puliti, voce un po’ adolescenziale alla Blink et similia, ritmi frizzanti. L’atmosfera è quella, manco a dirlo, dell’estate californiana. Queste canzoni sarebbero state perfette come sottofondo alle scene in cui Seth Cohen e Ryan passeggiavano sul pontile di Newport; ma forse sarebbero piaciute più a Luke. Dicevamo, ritmi incalzanti eccetera: la formula musicale dei Vanz non sembra discostarsi dal surf-punk-pop codificato; se non altro, le strutture sono ben farcite con variegati (per il genere) mini-assoli di chitarra, qualche passaggio un minimo abrasivo e un certo buongusto melodico che si concreta soprattutto nella capacità di assemblare linee vocali alternate in un unico pezzo. In questo senso “Party Crasher” la fa da padrone, con un interessante utilizzo di filtri vocali differenti; il pezzo si fa notare anche per la chitarra vivace. Subito dopo “Sandy” allenta il tiro e un po’ delude con la sua cantilena molle. Il singolo “Endless Summer” è un brano impeccabile, una bombetta di rock melodico assai piacevole (e con “Science of Dreamers” si fa il bis). “Bloody Bagus” è martellante e tirata (sempre relativamente al genere); “The War is Over” si focalizza invece su cadenze più lente, salvo poi intarsiarle con una chitarra roboante. “Remembering” è guizzante e solare. Malinconica ed evocatrice è invece la title track, posta a chiusura di un disco che scorre via piacevole e rinfrescante come un bel boccale di birra davanti ad un tramonto marino. Ovviamente non è un disco memorabile; non aggiunge nulla di nuovo al genere, non rappresenta una rivelazione. E’ un disco solido, ben scritto e suonato da una band che, come tante altre, meriterebbe più spazio anche sui canali preferenziali della musica italiana, ma deve scontrarsi con la muraglia putrescente del pop da classifica, che monopolizza il gusto diciamo “leggero” degli ascoltatori occasionali. Ci piacerebbe far scorrere le frequenze radio e sentire più spesso band come i Vanz, che pur nelle loro doti non strabilianti sanno fare canzoni orecchiabili ma anche accettabili alle orecchie di un critico. 61/100
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Paolo Castriconi: voce e chitarra Anno: 2012 Tracklist: |