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Marco Notari
Io?

Che bella voce Marco Notari! Va bene, nell’ anno domini 2011 non sono più questi i parametri su cui giudicare un disco. Anzi, la critica musicale più oltranzista è arrivata al paradosso di giudicare positivamente solo ciò che è “nuovo”, eludendo l’imprescindibile (secondo il parere di chi scrive) giudizio basato sui canoni classici del gusto. Credo che il piacere dell’ascolto non debba mai essere sacrificato; la visione romantica del valore estetico è da lasciarsi alle spalle, assurdo apprezzare la Storia della musica pop - rock (così come qualsiasi altro genere musicale, ma anche qualsiasi arte) solo in quanto linea retta in continua evoluzione. Al contrario, è da valorizzare il suo essere linea curva, che va sì in avanti, ma ama anche rivisitare il proprio passato e riprendere stili e generi già ben codificati ed “esauriti”, ma capaci ancora di trasmettere emozioni e sensazioni al pubblico. Ci sono generi forti, che pur avendo esaurito la loro spinta evolutiva, continuano ad essere proposti. Il cantautorato ed il pop sono sicuramente tra questi, dai tempi di Leonard Cohen e Beatles in poi. Tutti gli artisti che ne hanno ripreso gli stilemi negli ultimi cinquant’anni vanno criticati a prescindere perché “derivativi”? O, quando è il caso, ne vanno apprezzate le qualità tecniche ed artistiche, la capacità di trasmettere messaggi, di intrattenere gradevolmente l’ascoltatore e di raccontare le loro esperienze di vita e riflessioni personali? La risposta è scontata.

Marco Notari rientra pienamente in questa categoria di artisti che, pur non innovando lo scenario musicale, propongono un’offerta artistica eccezionale. Non si può criticare un trentenne cantautore dotato di una simile grazia canora e melodica. Si tratta pur sempre di puro e semplice pop, ma cantato con una voce così dolce e levigata, secondo linee melodiche non troppo sofisticate ma bellissime proprio perché spontanee e sentite, come ripescate dalla spiritualità ancestrale che sta dentro ad ogni uomo, risulta pressoché irresistibile.
Una quarantina di minuti che scorrono felicemente attraverso le dieci tracce che compongono Io?, terzo lavoro del torinese Marco Notari, che si affida ancora una volta ai Madam per completare la scenografia musicale. Gli arrangiamenti sono ricchissimi, forti di chitarre, pianoforte, glockenspiel archi, ottoni, strumenti a fiato ed elettronica, ma non risultano mai eccessivi o ridondanti, anche grazie ad un missaggio sapiente ed equilibratissimo. Insomma musiche e melodie vocali si compenetrano nel migliore dei modi, le une supportano le altre, che a loro volta sanno placarsi quand’è giusto, per dare spazio alle raffinate cesellature elettroacustiche che addobbano meravigliosamente il disco.

Tra gli arrangiamenti migliori vanno annoverati sicuramente quelli di “Apollo 11”, un carillon delicatissimo che esplode in un lungo e caotico finale, e di “Io?”, iperframmentato patchwork di voci e rumori elettronici. “Hamsik” si staglia su un’architettura spigolosa di algida elettronica, bella anche la conclusiva “Io? - reprise”, sfavillante marcetta carnevalesca dai colori limpidissimi. Il resto dei brani si muove entro i classici orizzonti del pop rock più aggraziato, con delicate sfumature orchestrali, aggraziate partiture ritmiche e qualche campitura ambient qua e là a completare per bene lo scenario sonoro.

I testi ovviamente non possono essere ignorati, perché in ogni cantautore che si rispetti sono il vero cuore pulsante dell’elaborazione artistica e danno grande profondità ai brani. La varietà è garantita dalla presenza di due diversi filoni narrativi: uno improntato alla critica sociale e politica, condensata a volte in profezie negative sul destino dell’umanità; l’altro, più classico, si interpola sui temi dell’amore, dell’interiorità, della gioia e del dolore.
Proprio in apertura ci viene raccontato l’inizio della vita di Marco, abbozzata con poche frasi eleganti ed accompagnata ad una riflessione sulla caducità delle cose, “Noi due in un tramonto francese che sembra eterno / Anche se nulla lo è mai”. Con “Le stelle ci cambieranno pelle” i toni si fanno ancora più tragici, con la visione di un futuro nefasto, “Passeggeremo sui cadaveri / Dei nostri vecchi corpi assuefatti al peggio”, da cui è possibile fuggire solo tramite il recupero dei valori spontanei e puri della fanciullezza, “Perché noi siamo diversi / Bambini all’uscita di scuola sabato”. La tematica apocalittica prosegue in “La terra senza l'uomo”, in cui stride il contrasto tra ciò che l’uomo dice di voler fare, “L’uomo parla di evoluzione”, e quelli che sono i risultati concreti del suo agire, “Intrappolato in questo mare nero di petrolio / Galleggio tra i rifiuti ingoio mercurio e piombo”.

Maggiormente legata all’attualità è “Hamsik”, asciutta ed affilatissima invettiva socio-politica, che con pochi calibrati versi rileva tutte le aspre contraddizioni del nostro paese, “Il plasma dei televisori è il nuovo crocifisso / Le piazze sono vuote la gente è in ricevitoria / A grattare in agonia. / Il parlamento è in ferie per guardare la partita / Col gioco aperitivo vinci una nomina a vita / Il presidente sa quello che fa”. Splendida anche “L'invasione degli ultracorpi”, che sviluppa il tema dell’incontro/scontro tra le diverse culture ed etnie dell’umanità, seguendo un vasto reticolo di rimandi: vite diverse eppure uguali a Torino ed a Baghdad, i potenti che succhiano l’anima delle popolazioni e impostano le loro politiche sulla menzogna, in Occidente come in Oriente; ed ancora, le crociate e le guerre per il petrolio. Lungo i secoli l’uomo non è cambiato, ha continuato ad uccidere il proprio fratello per il suo tornaconto economico.

Come già anticipato, nel disco si parla anche d’altro. Storie d’amore non ordinario: “Apollo 11” racconta la relazione difficile di una donna con un’astronauta partito in missione spaziale, “Il modulo lunare aspetta / Dicono “forse non ripartirà” / Ci siamo amati, odiati e fatti male / Tu sei la sola cosa per cui vorrei tornare”. “Canzone d'amore e d'anarchia” è un inno alla forza dell’amore, in grado di dare speranza anche in scenari di violenza e guerra. Racconti di vita vissuta come “Dina”, che si sofferma per lunghi tratti sul semplice ritornello - dedica, ma nelle brevi strofe traccia con poche dense parole un’intera parabola esistenziale, coi suoi drammi e le sue gioie. O ancora, momenti di introspezione come “Io, il mio corpo e l'inconscio”, uno di quei brani così personali che sembrano pagine di diario strappate all’intimità dell’autore, “Io, il mio corpo e l’inconscio / Siamo la mia trinità / Ci rincorriamo ogni giorno / Chi vincerà?”

Cos’altro aggiungere? Marco Notari ha fatto tutto ciò che si richiede ad un cantautore di razza: ha scritto canzoni bellissime, sia nei testi che nelle musiche, si è circondato di musicisti abili, ha unito liricità ed invettiva, ha mescolato sonorità diverse mantenendo immutata la grazia e la compostezza classicheggiante degli arrangiamenti. Insomma, ha creato un capolavoro.

80/100


Marco Notari: Voce, cori, glockenspiel, chitarra acustica, pianoforte, chitarra elettrica, moog e scatole di cartone

Andrea Bergesio: Programmazioni, fender rhodes, sintetizzatori, musical box, pianoforte, hammond, plucked piano, cori, jupiter 8, percussioni e novacord
Pax Caterisano: Batteria, percussioni, glockenspiel, scatole di cartone, piatti e grancassa
Luca Cognetti: Chitarra acustica, chitarra elettrica, percussioni, programmazioni, sintetizzatori, wurlitzer, pianoforte e moog
Roberto Sburlati: Basso e percussioni

Guests:
Giorgio Boffa: Contrabbasso nelle tracce 01 - 04 e 10
Tommaso Cerasuolo: Voce nella traccia 02
Dario Brunori: Voce nella traccia 07
Taketo Gohara: Piatti nella traccia 03 e maracas nella traccia 07
Andrea Bergesio: Orchestrazioni per archi e fiati

Anno: 2011
Label: Libellula Music
Genere: Indie Rock/Pop

01. Io?
02. Le stelle ci cambieranno pelle (feat. Tommaso Cerasuolo)
03. La terra senza l'uomo
04. Dina
05. Hamsik
06. Io, il mio corpo e l'inconscio
07. L'invasione degli ultracorpi
08. Apollo 11
09. Canzone d'amore e anarchia
10. Io? – reprise

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