Nei giardini di Babilonia è il concept album, suddiviso in 7 capitoli per 13 brani totali, con il quale i toscani Quintessenza ritornano a far parlare di sé a distanza di qualche anno dal precedente “Cosmogenesi”.
E lo fanno appunto con un album a tema, un viaggio iniziatico, in cui il protagonista-uomo, accompagnato dalla sua anima e dal guardiano, attraverserà il Giardino, scoprendo il Bene ed il Male e conoscendo alla fine se stesso. Un lavoro intrigante, una vera e propria opera rock che potrà conquistare una larga fascia di appassionati. Dall’estimatore “metal” per i numerosi passaggi heavy e le ritmiche serrate, al fruitore prog più classico per la continua ricerca della melodia vincente e per qualche rimando musicale alla stagione migliore del progressive italiano, quella dei “famigerati”anni ’70 ovviamente. Le parti recitate, le ”porte”, conducono l’uomo attraverso i Giardini. La title track, che di fatto apre l’album, è un heavy progressive appena stemperato dalle note delicate del flauto. In primo piano la potente voce del leader Diego Rebecchini (anche autore dei testi), talvolta persino eccessiva e forzata nei numerosi acuti, ma nel complesso perfetta per la proposta musicale della band. “Viscere” è un altro brano “ipervitaminico” e piuttosto inquietante nel suo incedere tra vorticosi riff, anche se la band non disdegna mai l’aspetto melodico. Su registri completamente diversi si muove la splendida “Un volo d’argento”: l’ospite del progetto (nonché personaggio-anima) Elena Alice Fossi dona la sua voce ad un brano leggero, ma ricco di pathos. Anche Diego, tenute a bada le velleità “metalliche” sfodera una grande prestazione per un brano (ed un duetto vocale) perfetto. Con “Nuovi rami” la band torna a mostrare i muscoli: tra Dream Theather e Shadow Gallery con ritmiche nervose il brano però non convince appieno e stenta a decollare. Decisamente meglio “Riflesso” ottima fusione tra metal e sinfonico. Seguono poi “Quintessenza” e “La fine del viaggio”. Un classico heavy rock la prima, il compendio finale all’album con la ripresa parziale delle liriche della title track , la seconda. Un lavoro, questo I giardini di Babilonia, piuttosto complesso ed oscuro nelle liriche (in italiano) e di presa non immediata, talvolta forzato nel cantato, ma che saprà conquistarvi poco a poco. 80/100
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Gabriele Moretti: Chitarra Anno: 2010 |