Doppia recensione per A Place In A Queue, l'ultimo album dei Tangent.
Terzo album per il progetto The Tangent, e subito una grande novità da segnalare: nei credits non figura più Roine Stolt (Flower Kings), chitarrista/cantante e membro fondatore della band. Stolt è infatti uscito dal gruppo insieme al batterista Zoltan Csorsz (anche lui proveniente dai Flower Kings) e al loro posto sono entrati il chitarrista Kristen Jonsson (Karmakanic) e il batterista Jaime Salazar (ex, indovinate un po’, dei Flower Kings). Booom.
Il tastierista e ideatore del progetto Andy Tillison descrive con molta onestà e un pizzico d’ironia l’impatto che questa piccola rivoluzione ha avuto sulla proposta musicale della band: “Ora che il gatto non c’è più i topi ballano. Con l’uscita di Roine abbiamo guadagnato tutti una maggiore libertà di movimento, e ovviamente nessuno si è fatto pregare…”. Il risultato, con Stolt fuori gioco, è un album ancora gradevole, che però segna inevitabilmente un ritorno agli standard consolidati dai tempi dei Parallel of 90°: un prog fresco, melodico, che vola sulla leggerezza di una nuvola privilegiando l’acquerello ai colori a olio. In particolare, come spiega lo stesso Tillison, A Place in the Queue paga dichiaratamente un tributo alla scena di Canterbury, di cui riprende palesemente soluzioni armoniche e atmosfere. In questo rinnovato contesto ha ovviamente buon gioco l’ottimo Theo Travis, che con i suoi fiati appare finalmente a sua agio e libero di esprimersi all’interno del tessuto musicale, ascoltare il crescendo da brividi al minuto 6’08’’ della title track per credere. La svolta è ben rappresentata da brani come Lost in London e GPS Colture, intrisi fino al midollo di citazioni e umori Caravaniani, mentre anche le tastiere vintage di Tillison appaiono rigenerate dall’assenza dell’alter ego Stolt.
Quello che lascia un po’perplessi è la durata del disco, che con i suoi settantanove minuti (di cui quarantacinque coperti solo dal primo e dall’ultimo brano, le immancabili suite a cui pare proprio che i gruppi prog non riescano a rinunciare) tiene fede a quanto scritto sulla cover: “Un doppio album su un unico CD”. Se si pensa che la versione speciale di A Place in the Queue propone un bonus cd con altri sei pezzi rimasti fuori dal master finale, è lecito augurarsi per il prossimo capitolo una maggiore capacità di sintesi.
di Paolo Carnelli Wondrous Stories
Nuovo lavoro per il progetto di Andy Tilsson chiamato The Tangent un nuovo lavoro questo "A Place In The Queue" che vede la band rivoluzionata rispetto al precedente "The World That We Drive Through", non ci sono più infatti Roine Stolt alla chitarre e Zoltan Csorsz alla batteria, sostituiti rispettivamente da Krister Jonsonn e Jaime Salazar.
Il risultato è un disco ambizioso ed oggettivamente ben riuscito, che tenta, a mio avviso con discreto successo di fondere gli elementi jazz e psichedelici tipici della scuola di Canterbury, leggi Soft Machine, con un Prog più tradizionale e sinfonico sul genere degli Yes o di ELP, non disdegnando puntatine verso territori più più new-prog ma in tutta onestà un disco che pur piacevole e riuscito non introduce nulla di nuovo sulla scena Prog.
Due grandi suite ad aprire e chiudere il disco, rispettivamente "In Earnest" in apertura e la title track "A Place in Queue" a chiudere, due grandi suite, oltre i 20 minuti di puro Prog in cui si rincorrono le influenze acide del jazz e momenti decisamente più neo-classici, Soft Machine, Van Der Graf Generator, Yes, King Crimson, ELP gli echi che maggiormente si riscontrano all'ascolto di questi pezzi, sublimi, indubbiamente bellissimi, straordinariamente Progressive ma inevitabilmente già sentiti.
Con momenti decisamente più new-prog è invece Lost in London in cui spicca anche la presenza del flauto a ricordare molto i Jetrho Tull. Breve passaggio dagli echi jazz è Diy Surgery. GPS Culture è forse il pezzo più easy, insieme a "The Sun in my Eyes" di questo "A Place in the Queue", un pezzo in cui atmosfere più solari e aperte segnano i ritmi ed i tempi della canzone. Sulla falsa riga di "Lost in London" con qualche movimento maggiormente psichedelico si presenta anche questa quinta traccia "Follow the Leaders. Altro momento di passaggio, decisamente easy ed orecchiabile, con tinte talvolta quasi disco-funky è "The Sun in my Eyes", un pezzo che esce dagli schemi del resto di "A Palce in the Queue".
Come ho detto un album ambizioso, articolato e complesso, 80 minuti suonati con indubbia maestria tecnica dai Tangent, da rimarcare l'eccellente prova di Theo Travis, un disco che alterna momenti di Prog incredibilmente bello a momenti talvolta forse un pochino troppo prolissi e pretenziosi, e che offre indubbiamente un tributo ai grandi del passato ma senza effettivamente alcuna evoluzione o rivisitazione del sound, il paradosso di un bellissimo "vecchio" disco, di sicuro destinato ad un pubblico già conoscitore ed amante del Prog più impegnativo.
75/100
di Salvatore Siragusa
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Andy Tillison: Organo, piano, moog, chitarra, voce Sam Baine: Piano, tastiere, voce Jonas Reingold: Basso Guy Manning: Chitarra acustica, mandolino, voce Theo Travis: Sassofono, flauto, clarinetto, voce Jaime Salazar: Batteria Krister Jonsonn: Chitarra
Anno: 2006 Label: Audioglobe/Inside Out Genere: Progressive Rock
Tracklist: 01. In Earnest 02. Lost in London 03. Diy Surgery 04. GPS Culture 05. Follow your Leaders 06. The Sun in my Eyes 07. A Place in the Queue
Sito web: The Tangent
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