Una chitarra in odor di flamenco, impasti vocali degni dei migliori The Byrds e una sezione fiati mariachi che inaspettatamente ruba la scena agli altri strumenti, il tutto condito da archi e arrangiamenti sopraffini: questa è “Alone Again Or”, opener e biglietto da visita di “Forever Changes”, uno degli album più riusciti degli anni ’60 e zenit dell’arte dei Love.
Il geniale Arthur Lee, dopo due album di acida psichedelia dominata da tre chitarre, dei quali il secondo (“Da Capo”) è imperdibile, decide di allentare la tensione elettrica e inserire elementi folk, chitarre jingle-jangle, archi e melodie malinconiche: quello che ne scaturisce è una raccolta epocale di canzoni di incredibile fascino.
Considerato dalla critica un album di rock psichedelico, in realtà “Forever Changes” è lontano da album coevi di colleghi più noti quali Jefferson Airplane, Grateful Dead e The 13th Floor Elevators: qui la melodia detta legge e gli strumenti aggiunti (viole, violini, violoncelli, trombe e tromboni) non creano paesaggi onirici o derive lisergiche, ma arricchiscono ulteriormente una proposta musicale già di per sé eccellente.
Una ballata di ipnotica bellezza come “Andmoreagain” vale, da sola, il prezzo dell’album, per non parlare delle melodie dalle tinte pastello di “The Red Telephone” e “The Good Humor Man He Sees Everything Like This”, nelle quali il menestrello Lee dà il meglio di sé.
L’elettricità dei primi album rimane solo nell’urgente “A House Is Not Motel”, screziata da un assolo hendrixiano che sfuma con il brano stesso.
Se Lee è il deus ex machina della band californiana, non meno importante è la presenza del chitarrista Brian MacLean, più legato al folk e qui autore (e voce solista) di due pezzi da novanta quali la già citata “Alone Again Or” e la dolcissima e struggente “Old Man”: proprio il contrasto tra due chitarristi così diversi ha originato una lega musicale tanto variopinta quanto durevole nel tempo.
La ristampa in cd del 2001 ad opera della Rhino contiene alcune interessanti bonus track, tra le quali la solare “Wonder People (I Do Wonder)”, brano che non ha nulla da invidiare a quelli della versione ufficiale.
Album da avere assolutamente, senza “ma” e senza “se”.
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Arthur Lee: chitarra e voce
John Echols: chitarra
Brian MacLean: chitarra e voce
Ken Forssi: basso
Michael Stuart: batteria Anno: 1967
Alone Again Or A House Is Not Motel Andmoreagain The Daily Planet Old Man The Red Telephone Maybe The People Would Be The Times Or Between Clark And Hilldale Live And Let Live The Good Humor Man He Sees Everything Like This Bummer In The Summer You Set The Scene
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