Home Recensioni Masterpiece Lucio Battisti - Amore E Non Amore

Lucio Battisti
Amore E Non Amore

Lucio Battisti, il cantautore più amato della musica pop(olare) italiana, nel 1971 chiuse i rapporti con l’etichetta Dischi Ricordi rilasciando sul mercato il suo terzo album in 2 anni (anche se per molti è considerato a ragione il suo primo vero lavoro di inediti), che nonostante si posizionò in vetta alle classifiche italiane dell’epoca, al contrario dei suoi predecessori non rilasciò pezzi rimasti nell’immaginario pubblico, fatta eccezione per l’opener “Dio mio no”, dal testo censurato dalla RAI ma che fu ugualmente molto passata alle radio, diventando ugualmente un grande successo. Tutto sommato per Battisti quello fu un periodo molto difficile dal punto di vista prettamente artistico, a posteriori il suo anno horribilis, : il disco usci’ con un anno di ritardo rispetto al volere del suo autore, i brani erano troppo lunghi per passare in radio e di conseguenza i già difficili rapporti con la sua etichetta si logorarono definitivamente; in più la copertina, che ritraeva una donna nuda dai lunghi capelli neri mostrata di spalle su un rigoglioso prato con Battisti seduto poco dietro con lo sguardo perso nel vuoto, rispecchiava troppo quello spirito flower power che in Italia non è mai stato digerito.

Venendo alle canzoni, il punto di forza di questo Amore e non amore sta nella globalità dell’opera e non nelle singole canzoni. Infatti, partendo anche dal presupposto che come detto sopra questo è il primo vero album di inediti di Battisti dopo che il primo omonimo ed Emozioni erano raccolte di singoli pubblicati dal 1966 al 1969, c’è da rimanere assai spiazzati nel sentire l’autore di pezzi come “Emozioni”, “Non E’ Francesca” e “Fiori Rosa, Fiori Di Pesco” in questa veste “sperimentale”. Ad aggiungere spessore a questa opera senza tempo ci sono anche dei personaggi che hanno accompagnato il musicista lombardo in questo LP, come Franz Di Cioccio, Franco Musica e Flavio Premoli, ai tempi I Quelli, ma che dopo dodici mesi si sarebbe trasformati in Premiata Forneria Marconi, semplicemente la formazione rock progressive italiana più famosa nel mondo. Se poi ci aggiungiamo gente come Alberto Radius e Giorgio Piazza si ha un’idea precisa di chi ha collaborato alla stesura di un disco con pochi precedenti nella musica leggera del nostro paese. Alcuni pezzi, come l’iniziale “Dio mio no” sono stati chiaramente registrati in presa diretta, infatti non sarà difficile sentire la voce di Battisti a fine pezzo incitare Dario Baldan Bembo (tastiere) apostrofandolo Baldan!Baldan!Baldan!.

Il primo dato rilevante sta nella durata del pezzo, quasi 8 minuti di un rock acustico con il cantato di Battisti aggressivo, supportato dal basso straripante di Piazza dove il tutto finisce in un delirio sonoro accattivante e stralunato. Che ci sia un qualcosa di speciale nei solchi di questa raccolta lo si evince anche dai titoli dei pezzi, a tratti assurdi come la strumentale “Seduto sotto un platano con una margherita in bocca guardando il fiume nero macchiato dalla schiuma bianca dei detersivi” (Battisti chiese al suo amico/paroliere Mogol di dare ai brani senza cantato dai titoli cosi lunghi a "sopperire"), che si regge su un tappeto di tastiere accompagnato da archi: un diversivo progressive assai affascinante che si lega alla già florida scuola britannica. Già più dentro gli standard dell’epoca “Una”, splendida ballata che vede il cantato crescere con lo scorrere di note: il tema del rapporto con una persona di sesso opposto qui si fa ricco di domande di vario tipo, con la controparte maschile che non riesce a capire come possa piacere una ragazza senza fiori sui capelli. Nient’altro che una splendida fotografia della generazione post-hippy. “7 Agosto di pomeriggio. Fra le lamiere roventi di un cimitero di automobili solo io, silenzioso eppure straordinariamente vivo” è la seconda traccia strumentale del disco, messa li quasi a riprendere il filo con quello accaduto solo pochissimi minuti prima, con due chitarre acustiche che emanano un flusso di note continuo ed arpeggiato, con solo pochi rintocchi di pianoforte ad arricchire la composizione, ai limiti del barocco sul finale, quando di sei corde ne resta una ma vi si aggiunge un violino, grande sintomo di sperimentazione sonora a 360% e di una libertà espressiva all’epoca non di certo caso raro, ma oggi verrebbero da fari molte domande su 4 minuti spesi cosi. “Se La Mia Pelle Vuoi” si tinge di blues nero, con un organo hammond incalzante e con la voce di Battisti che sta li’ ad omaggiare i grandi del soul (non a caso era un grande estimatore di Otis Redding e Wilson Pickett, con la qualè collaborò anche a Sanremo qualche anno prima), dalla coda finale carica che lo rende indubbiamente uno dei pezzi più rock’n’roll del suo repertorio.

“Davanti ad un distributore automatico di fiori dell'aeroporto di Bruxelles, anch'io chiuso in una bolla di vetro”, (altro titolo delirante) è la terza ed ultima strumentale del disco che apre le porte all’incalzante “Supermarket”. Una volta Federico Fellini disse che “un’artista è tale anche quando scrive la lista della spesa” - ecco, questo è un esempio lampante della lucida follia lirica di Mogol (autore anche in questo disco di tutti i testi), che sembrava aver trovato in Lucio Battisti il perfetto portavoce per la sua penna ispiratissima e poetica. Nella conclusiva “Una poltrona, un bicchiere di cognac, un televisore” sono invece una serie di turuturu onirici a sostituire il fiume di parole di chi l’ha preceduta, il tutto per risaltare uno splendido ed assai vario lavoro di Di Cioccio dietro le pelli (per certi versi, questo pezzo può essere interpretato come precursore delle scelte sonore della PFM) e di come la chitarra spoglia sia li a tessere note dolci e sussurrate, come a voler salutare con timidezza l’ascoltatore, arrivato alla fine di uno dei viaggi più intensi della storia musical\popolare italiana.

Superfluo aggiungere altre parole oppure aggettivi di sorta a questo Amore e non amore, forse la prima opera progressive rock della musica nostrana, esempio di come il giovane talento di Rieti volesse scrollarsi di dosso l’appellativo di “Re della canzonetta”. Il disco più coraggioso (almeno fino a quel momento) di uno dei personaggi del nostro immaginario comune più imbrigliato nei clichè culturali dell’italietta degli anni '60 e ’70, un uomo alla quale stava stretta l’era che stava vivendo, ma che se ne liberò sfornando un lavoro senza tempo, che 40 anni dopo la sua uscita dimostra ancora intatta tutta la sua naturale e istintiva bellezza.

Note a margine: Nella ristampa di questo disco uscita nel giugno del 2007 è presente una bonus track: “Elena No”, derivante dalle stesse session di registrazione ma rimasta fuori dalla tracklist definitiva dell’epoca. Un valore aggiunto.



Lucio Battisti: Voce, chitarra e pianoforte
Franz Di Cioccio: Batteria e percussioni
Giorgio Piazza: Basso
Flavio Premoli: Organo, pianoforte
Dario Baldan Bembo: Organo e pianoforte
Franco Mussida: Chitarra elettrica
Alberto Radius: Chitarre

Anno: 1971
Label: Dischi Ricordi
Genere: Progressive Rock/Cantautorato

Tracklist:
01. Dio mio no
02. Seduto sotto un platano con una margherita in bocca guardando il fiume nero macchiato dalla schiuma bianca dei detersivi
03. Una
04. 7 Agosto di pomeriggio. Fra le lamiere roventi di un cimitero di automobili solo io, silenzioso eppure straordinariamente vivo
05. Se la mia pelle vuoi
06. Davanti ad un distributore automatico di fiori dell'aeroporto di Bruxelles, anch'io chiuso in una bolla di vetro
07. Supermarket
08. Una poltrona, un bicchiere di cognac, un televisore
09. Elena no (bonus track ristampa 2007)

Sul web:
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