Roma, 25 Luglio 2022 - Casa del Jazz
E’ arrivata a Roma l’acclamatissima macchina afro-futurista di Shabaka Hutchings, Sons of Kemet. Con alle spalle quattro ottimi lavori in studio che hanno trovato l’unanime plauso della critica in cui confluiscono influenze diverse: musica africana, antillese-caraibica, Nyabinghi, hip-hop, funk, rock e qualche spruzzata di jazz.
foto di Mara Nanni
Sons of Kemet giungono a un capitolo cruciale della loro carriera annunciando questo tour come l’ultimo, vedremo quali progetti metterà in campo Shabaka Hutchings, impegnato, da sempre, su più progetti.
Sons of Kemet travolgono il pubblico de La Casa del Jazz di Roma con il loro groove massiccio, portato dal mix di due batteristi, Edward Wakili-Hick e la sostituta di Tom Skinner impegnato con il progetto di Thom Yorke e Jonny Greenwood, The Smile, l'ottima Jay Kayser. Ma è proprio nei batteristi l’epicentro delle strutture dei brani del gruppo, il poderoso drumming in continua improvvisazione rifugge gli stilemi del jazz e del rock ma sembra impiegare le forme poliritmiche delle percussioni africane o dei grooves di rullante delle bande itineranti nei carnevali di strada antillesi. Questo strato ritmico continuativo è l’energia propulsiva travolgente dei Sons of Kemet sulla quale si poggiano i due fiatisti. Il terzo elemento chiave è nell’impiego del basso tuba affidato al poliedrico Theon Cross, uno strumento tornato in auge nel jazz contemporaneo anche grazie ai sistemi di microfonazione e amplificazione in grado di evidenziarne la pasta sonora. Il basso tuba assolve la funzione di coprire un range importante di frequenze dando una spinta fondamentale alla tessitura ritmica delle batterie.
Su queste basi pulsanti di tensioni poliritmiche africane si pone il sassofono di Shabaka Hutchings con un lavoro che, più che evocare i tipici interventi solistici consolidati del jazz, si concentra su frasi ritmiche e frammenti melodici circolari che nella ripetizione introducono continue variazioni non troppo distanti dall’approccio ritmico del grande Fela Kuti. Il sassofono, quasi sempre effettato con delay o reverberi, già a partire dalla pasta sonora tende a proporsi più come un sostituto ritmico-melodico della voce o delle frasi essenziali e loopate del rap.
foto di Mara Nanni
La miscela di queste componenti dà luogo a un concentrato di influenze in cui sono assimilati i linguaggi della comunità pan-africana presente nella diaspora europea, in particolare nel laboratorio multietnico della metropoli londinese, con un chiaro riferimento all’immaginario culturale afro-futurista di cui fanno parte anche alcune figure chiave della storia del jazz come John Coltrane, Sun Ra e Pharoah Sanders. Ma definire jazz il suono dei Sons of Kemet è probabilmente una forzatura, si tratta, invece, di una sorta di afro-beat contemporaneo con un impianto strumentale originale.
Rispetto alle produzioni in studio il concerto del quartetto è stato inaspettatamente dirompente, l’impatto della sezione ritmica nel live risulta travolgente, e non a caso Sons of Kemet è ritenuto il progetto dance di Shabaka come ha dimostrato la reazione entusiastica del pubblico romano. Shabaka Hutchings non smette di sorprendere, le testimoniane audio-visive dei suoi lavori con i vari progetti a cui si dedica (The Comet is Coming, Shabaka & the Ancestors) offrono una panoramica significativa sulle nuove tendenze della musica di contaminazione, siamo impazienti di vedere il prossimo futuro di questo artista.
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Shabaka Hutchings: aassofono, flauto Edward Wakili-Hick: batteria Theon Cross: basso tuba Jay Kayser: batteria
Data: 02/07/2022 Luogo: Roma - Casa del Jazz Genere: afrobeat, afro-futurism, afro-jazz
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