Ci risiamo: David Crosby non sbaglia un colpo. Quattro album in quattro anni, con l'ultimo, quello qui recensito, che più si avvicina al suo meraviglioso esordio del 1971, quel "If I Could Only Remember My Name" ineguagliabile manifesto del movimento hippie al suo tramonto. Se qui è assente l'innocenza e la purezza che caratterizzarono la corrente culturale di quel disco, il misticismo e il rarefatto intimismo di allora paiono oggi ancor più valorizzati, con una magnificenza malinconica così impalpabile e avvolgente, da assumere i tratti tipici di un segno distintivo dagli effetti ineluttabili. In primo piano, sempre la voce del californiano, ancora incredibilmente vivida, cristallina, intensa, sublimata dagli intrecci vocali dei suoi tre attuali partner (Michael League, Becca Stevens, Michelle Willis), per niente secondi, in quanto a sinergia, a quelli magici generati con l'ex partner Graham Nash fin dai tardi '60. Come allora, anche oggi Crosby mette a segno i suoi obiettivi intimistici, traducendo in musica l'ennesima visione onirica. Peccato soltanto che la copertina, criminalmente algida, non renda giustizia a questo capolavoro: si fosse usato un minimo di buon senso, si sarebbe sfiorato il capolavoro anche sul piano estetico. |
David Crosby: voce, chitarra acustica Anno: 2018 |