Echi di suoni eterei, di un passato nemmeno così lontano, una “wooden ship” che attracca nel porto proibito degli anni, una dolce resa, un omaggio ad una giovinezza visionaria ed elegante. David Crosby, nessun segreto più da nascondere, solo un mondo di una profondità inaudita da mostrare, torna a concepire album di livello. Croz del 2014 ci aveva riaperto la porta di quel mondo fin troppo celato, incastrato fra la sua mente e il music business. Ora che il “mind garden” è stato nuovamente spalancato, riaffiorano quei sentori, quegli umori, quei viaggi introspettivi che veicolati dalla musica sono un viatico diretto e magico, perfettamente consequenziale, di “Fifth Dimension” e “If I Could Only Remember My Name”, album inarrivabili di colta psichedelia dell’animo. Per quanto i riferimenti musicali del nostro si rifacciano al jazz, ad un folk mistico e progressivo di matrice sessantiana, Crosby non crea mai inaccessibilità verso il suo concepito, ma con una fitta rete di trame vocali, un’ariosità leggermente e fantasticamente pop ci trascina in un vortice di sensazioni sconvolgenti, senza tempo. La totale assenza di percussioni non inibisce l’andamento dei brani dell’album e proprio in momenti come “Look In Their Eyes” l’aria si scalda leggermente, scandita dallo strumming muto di una chitarra acustica e da una chitarra elettrica tremulosa e sabbiosa presa in prestito dalla precedente “Drive Out To The Desert“. Come ormai molti cantautori del passato anche Crosby si affida ad un produttore giovane con il quale decide di concepire e realizzare in totale simbiosi questo album. Lui è Michael League, virtuoso bassista degli Snarky Puppy, rispettoso ed ossequioso nell’assecondare la concezione artistica di David, nonché abile chitarrista ed arrangiatore. E sarà proprio l’arrivo della prima luce dell’alba a scandire i toni intimi della splendida e finale “By The light Of Common Day”, la sabbia ancora nelle scarpe in un mattino che promette pioggia. E fra i leggeri spiragli di una luce bianca e costante l’ombra del faro, che osserva la vita, o quel che ne resta, come un timido gigante di antica memoria. |
Produced by: Michael League
|