C’è poco da stare allegri….preparatevi agli oscurantismi dark-rock dei senesi Via Lattea che, con “Questa Terra” , giungono all’esordio con un disco-invettiva, bello e buono, sulle angherie e storture del mondo e dei suoi illustri e velati dittatori che muovono solo sporchi interessi, infischiandosene presto di tutto versando lacrime di coccodrillo giusto nei primi momenti di tragici accadimenti. Il sestetto interpreta al meglio l’umore che pregna nell’opera. Tanto per gradire, si presentano con “E’ arrivato l’inferno”: un limpido biglietto da visita sulle intenzioni proposte, dove vige un drumming drammatico ed il canto cavernoso e irritato di Giovanni Rafanelli, che ne fa senz’altro un marchio distinguibile. E se “Questa Terra” affonda le lame spettrali sull’ipocrisia con riff elettrici e refrain gagliardo, le tematiche su istantanee di guerra echeggiano con splendide chitarre riverberate e trillate in “Parole d’amore”. L’intento della band non è quello presuntuoso di elargire risposte concrete ma, semmai, di inchiodare le domande sulla memoria per non obliare tutto in quattro e quattr’otto. Magari ci vorrebbe “Un angelo” al fianco per preservarci da certi spunti egoistici e audaci di viaggi di sola andata, con la scellerata conseguenza che, chi resta, può solo sperare e auspicare il ritorno. E’ uno dei brani migliori dell’album, sostenuto da mari di chitarre intense e lacrimanti. E se Berlino è l’ultimo ricordo di un muro abbattuto del passato, nel presente le cose stanno angosciosamente all’opposto: di muri se ne costruiscono a dismisura tra gli uomini, quasi fosse un vanto, un vezzo sociale necessario , dove le linee vocali sono qui più contenute e rassegnate, ma gli accordi echeggiati su tappeto noise-rock di “L’età del muro”, lo rende marcatamente ipnotico e innovativo.
Ma per salvarsi dallo sfacelo totale? L’invito rabbioso dei Via Lattea in “Buonanima” è quello di alzare l’asticella su maggiori altezze intenzionali per evadere dai propri limiti, tentando di orbitare intorno a percorsi inesplorati con l’ausilio di una mnemonica linea-guida, interpretata con la doppia chiave di lettura: irata e morbida insieme. Tutto ciò per poter fronteggiare al meglio le inevitabili pietre d’inciampo del percorso di vita. L’epilogo di “Non mi sono mai sentito cosi vivo” riserva l’onirico dilemma dei sogni (e dove finiscono) se prevale sempre l’individualismo per progetti carri eristici e la band chiude onorevolmente col pezzo più fantasioso, arrangiato con velata umanità, conservando, si cupezza, ma le lunghe tratte strumentali di chitarre che s’inseguono, lo rendono vivissimo e liberatorio. Per esorcizzare un futuro incerto facciamo una promessa ai sei senesi: che “Questa Terra” ci accompagnerà nei nostri ascolti per almeno sei mesi, tanto è il tempo impiegato per immortalare lo Tsunami di luci della copertina e dimentichiamo apatia e, soprattutto, indifferenza, in quanto quest’album non la merita nemmeno di striscio.
Year: 2016
Label : Autoprodotto
Genere: Alt-Rock, noise
Tracklist:
1 – E’ arrivato l’inferno
2 – Questa terra
3 – Parole d’amore
4 – Marinaleda
5 – Un angelo
6 – L’età del muro
7 – Buonanima
8 – Non mi sono mai sentito cosi vivo
FORMAZIONE :
Giovanni Rafanelli
Savino Minerva
Andrea Pennatini
Cosimo Montefrancesco
Giulio Bracalente
Giovanni Coiro
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